E' questa la posizione di Antonio Tavares, presidente del Pig meat group del Copa-Cogeca.
Tavares, portoghese, produce 12mila suini (non castrati) all’anno, venduti direttamente al macello al peso medio della carcassa di 80 chilogrammi.
Presente alla missione di alto livello che l’Unione europea ha organizzato in Cina e Giappone per promuovere l’agroalimentare made in Europe, Tavares traccia un bilancio del comparto.
“Siamo in mezzo a una crisi gravissima, partita nel settembre 2014" dichiara Tavares alla tappa di Tokyo. "Tutto il 2015 è stato un anno difficile per i suinicoltori”.
La fase più acuta della crisi potrebbe essere alle spalle. "Quest’anno non è iniziato male - precisa - e attualmente le previsioni in Europa evidenziano una lieve diminuzione delle produzioni di suini nella seconda metà del 2016. Allo stesso tempo, abbiamo registrato un buon incremento dell’export in Cina lo scorso gennaio”.
La soluzione per imboccare la risalita è figlia appunto di una coesistenza di un quadro di equilibrio fra diminuzione delle produzioni e incremento dell’export. “In questo modo potremmo migliorare - assicura - nonostante la chiusura del canale commerciale verso la Russia, che ha creato non pochi problemi in Europa. Se non ci fosse il blocco russo andrebbe molto meglio. Ad ogni modo, ipotizziamo di migliorare la situazione di mercato dopo l’estate".
Oggi si intravedono timidi segnali di ripresa. “L’Italia, con la vocazione a produrre un suino pesante, è un mercato differente - riconosce Tavares - ma credo che proprio la specializzazione renda il vostro Paese una realtà tutto sommato positiva. Certo, avete avuto anche voi la crisi, ma oggi un prezzo di 1,5 euro/kg ritengo sia giusto per il vostro prodotto. Anche Spagna e Portogallo, nella misura in cui sono riusciti a specializzare la filiera, hanno ottenuto prezzi soddisfacenti”.
Negli anni ’80 oltre l’80% del budget europeo era destinato all’agricoltura, oggi siamo sotto al 40%.
“Ogni anno perdiamo posizioni in termini di aiuti" analizza Tavares. "Credo che l’unica scelta sia quella di cambiare totalmente il modello attuale della Pac, per convergere su un modello americano, che sostiene solamente gli agricoltori che producono. Tuttavia, ad oggi non mi pare ci siano segnali che vadano in questa direzione, per cui temo che anche dopo il 2020 avremo un’altra Pac simile a quella attuale, ma con meno soldi”.
Da allevatore di suini, Tavares elogia il modello americano di sostegno al prezzo, anche con riferimento al mercato dei cereali, caratterizzato da una volatilità marcata. "In Europa quando i prezzi dei cereali sono bassi i cerealicoltori smettono di coltivare, per far risalire i prezzi" sostiene.
"Negli Usa è diverso: con il modello delle assicurazioni si cerca di tenere più contenuta la volatilità, in modo che i cerealicoltori continuino a produrre. Certo, magari passeranno dal mais alla soia o dalla soia al frumento, ma non si registrano, rispetto a quanto avviene da noi, l’abbandono dei terreni per un anno”.