Non è bastato l'aumento del prezzo del latte di 4 centesimi al litro e nemmeno i 600 milioni di euro a sostegno delle attività zootecniche promessi dal ministro francese all'Agricoltura, Stéphan Le Foll. Le proteste degli allevatori francesi culminate nei blocchi stradali del 23 luglio sono così continuate nei giorni seguenti e ancora qua e là i trattori hanno minacciato nuovi blocchi della circolazione. A scatenare l'ira degli allevatori non c'è solo il basso prezzo del latte, ma anche le quotazioni della carne che nel caso di quella bovina si fermano poco sopra i 3 euro al chilo, per poi schizzare anche oltre i 14 euro quando la stessa carne è sui banchi frigoriferi della grande distribuzione. E' quest'ultima la grande imputata della debacle degli allevamenti francesi, forte della sua posizione sul mercato che le consente di imporre contratti capestro e prezzi da fame per i produttori. Una situazione, questa della Francia, che poi non è dissimile da tante altre, Italia compresa.

Prezzi bassi anche in Italia
Ma mentre di là dalle Alpi è sceso in campo lo stesso presidente della Repubblica François Hollande, qui in Italia si finisce con l'accettare senza troppo agitarsi prezzi che per la carne bovina sono persino più bassi (le rilevazioni Ismea per i vitelloni parlano di medie appena superiori ai 2 euro al chilo) mentre per il latte si attende da oltre un anno il miraggio di un accordo sul prezzo fra allevatori e industrie. Latte che nel frattempo viene pagato in Italia sempre meno, in molti casi sotto i 35 centesimi al litro. Unica, positiva eccezione quella giunta nei giorni scorsi dal gruppo Granarolo, big cooperativo del settore lattiero, che ha deciso di portare a 37 centesimi il corrispettivo da versare ai propri soci produttori. Intanto la protesta francese è giunta sino a Bruxelles, dove si è convocato d'urgenza un consiglio straordinario dei ministri agricoli. Un'urgenza che si è dovuta arrendere di fronte alle imminenti vacanze estive e se ne parlerà soltanto il 7 settembre, al ritorno dei vertici della politica europea dal meritato riposo. Gli allevatori, evidentemente, possono aspettare, anche se loro in vacanza non possono andarci. E non solo perché hanno il portafoglio vuoto, ma soprattutto perché le vacche vanno munte almeno due volte al giorno, tutti i giorni. E peccato se quel latte vale talmente poco che mungerlo rappresenta una perdita e non un guadagno.

Verso un accordo?
In Italia, nel frattempo, attendiamo con pazienza gli effetti del “pacchettino latte” previsto dal decreto Martina, diventato legge nei giorni scorsi. Fra i punti chiave il sostegno alle organizzazioni di prodotto e qualche punto fermo sulle “formule” da applicare negli accordi di filiera. Tutte cose già previste dal “pacchetto latte”, quello deciso a Bruxelles molto prima della fine delle quote latte. Per i dettagli rimandiamo a quanto già pubblicato da Agronotizie e aspettiamo con ansia gli esiti del prossimo incontro sul prezzo del latte, fissato per il 28 luglio, fra allevatori e industrie del settore, incontro al quale dovrebbe partecipare questa volta anche Assolatte. Vedremo quali saranno gli esiti, anche se è difficile immaginare che già in questa occasione si riesca a raggiungere un accordo.

Attenti alle conseguenze
Ma non c'è solo il latte nell'agenda delle preoccupazioni italiane. Come in Francia, anche in Italia per la carne si registrano pesanti difficoltà in ogni comparto, da quello bovino a quello suino. Solo il mondo avicolo, dove siamo autosufficienti, riesce ad emergere da questa sfavorevole, lunga congiuntura. E allora il 7 settembre, quando anche l'Italia sarà chiamata a sedersi al tavolo dei ministri agricoli, si dovrà tener conto delle conseguenze che le misure adottate in Francia potranno avere sui nostri mercati. Perché aiuti e incentivi agli allevatori d'Oltralpe, per quanto giustificabili, aumenteranno la competitività delle produzioni francesi con due possibili effetti per noi. Una flessione delle quotazioni in Italia, che dalla Francia importiamo quantitativi importanti di carni e di animali e una minore attrattività della nostra zootecnia, a vantaggio di quella francese, sui mercati dell'area mediterranea ed asiatica. E' soprattutto quest'ultimo aspetto che preoccupa l'Uniceb, l'associazione dei commercianti di carni e bestiame, che invoca un rafforzamento per la zootecnia delle misure accoppiate per il 2016 previste dalla Pac. Un appello che andrebbe condiviso da quanti hanno responsabilità di rappresentanza per il settore agricolo. Forse solo un'utopia, purtroppo.