Può essere riassunta così la ricetta del direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano, Stefano Berni, per superare le difficoltà del mercato interno e proseguire le performance positive. Berni ne ha parlato con AgroNotizie.
Direttore, come sta andando il consorzio del Grana Padano?
“I dati dell’export del primo trimestre 2013 risentono soprattutto di un calo delle importazioni negli Stati Uniti, di oltre il 20 per cento, per Grana Padano e Parmigiano Reggiano, mentre verso gli altri mercati si registra una sostanziale tenuta rispetto ad un 2012 comunque da record, che il Grana Padano ha chiuso con un + 7% e oltre 1.400.000 forme esportate, il quadruplo rispetto a 15 anni fa”.
Come fronteggiate la flessione dei consumi agroalimentari sul mercato interno?
“Ci aspettavamo una crisi dei consumi, quantificata in Italia in circa un -5% e pari a circa 160mila forme, che un altro exploit all’estero con ulteriori 90mila forme vendute comunque non coprirebbe. Ecco perché il Consiglio d’amministrazione, avvalendosi di una facoltà concessa dall’ultima assemblea, ha stabilito il contenimento del 2,5% delle produzioni di Grana Padano e contestualmente un aumento di 2,5 milioni di euro del budget promozionale e pubblicitario, risorse destinate soprattutto all’estero. L’export del Grana Padano nel primo trimestre, ricordo, ha raggiunto il +2,6 per cento. Un numero che si desume aggiungendo ai dati Istat Grana Padano + Parmigiano Reggiano anche il grattugiato che è purtroppo inserito nel codice generico dei grattugiati, ma che noi desumiamo direttamente dai grattugiatori”.
Quali sono i principali Paesi di destinazione del Grana Padano e quali sono i Paesi sui quali il Consorzio sta lavorando?
“Tutta l’area Ue continua ad essere il mercato di riferimento, in particolare con la Germania, primo Paese importatore da sempre, la Francia e i Paesi del Benelux, cresciuti in percentuali significative”.
Avete progetti di collaborazione con altri prodotti Dop, per un approccio integrato?
“Condividiamo progetti con il Consorzio San Daniele, nostro partner da anni, e con lui e sotto la regia di Agea abbiamo svolto attività anche con Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma e Montasio negli Usa.
Vorrei però ricordare l’attività integrata tra il consorzio e le aziende esportatrici su mercati per loro significativi, grazie alla quale stiamo lavorando su nuovi mercati in Estremo Oriente e in Russia”.
Che riflessi ha lo spostamento degli acquisti alimentari dalla Grande distribuzione ordinaria ai discount? Quali strategie avete adottato, in proposito?
“Il Consorzio promuove la qualità del prodotto e il sostegno del prezzo per i produttori, anche regolando la produzione grazie alle norme comunitarie in vigore dallo scorso anno. Le strategie verso la Grande distribuzione restano comunque nella competenza dei singoli consorziati, che quindi possono scegliere se sposare il private label, la risposta più usata nella Gdo come nei discount per offrire al consumatore prodotti a prezzi più bassi, oppure sostenere propri marchi. Ci siamo comunque dati una parola d’ordine condivisa nell’ultima assemblea: flessibilità nelle scelte e negli impegni a sostegno della remunerazione del prezzo alla produzione in base all’andamento dei consumi. Il Cda di pochi giorni fa ha dimostrato questa capacità d’azione e non si fermerà neppure in estate con iniziative volte a combattere il vero e grande pericolo per il Grana Padano: la crescita incontrollata dei simil-grana e in molti mercati dei prodotti contraffatti”.
Cosa vi aspettate dalla riforma della Pac?
“La Pac è rivolta soprattutto agli agricoltori e per il settore latte la bozza in discussione prevede solo 3 mesi di sostegni dopo la cessazione del regime delle quote per gli allevatori che ridurranno la produzione del 5% rispetto all’anno precedente. Quindi, nell’ambito dell’innovazione vorremmo un sostegno agli imprenditori che, partendo dalle stalle, siano determinati a cambiare il loro modo di produrre soprattutto in rapporto al mercato e alle sue reali evoluzioni”.
De Castro ha annunciato a settembre un “Pacchetto Latte 2”: quali sono le vostre richieste? Come avete declinato il Pacchetto Latte già entrato in vigore? È sufficiente o servono aggiustamenti?
“A metà del decennio scorso siamo stati i precursori del Pacchetto latte con i piani produttivi e la contribuzione differenziata. Quindi, lo abbiamo applicato mettendo a frutto quell’esperienza e usando tutti gli strumenti disponibili. Vedremo a fine anno con quali risultati.
Chiaro da tempo è quanto ci attendiamo con il nuovo Pacchetto latte o con altre normative comunitarie: porre fine allo scandalo dei simil-grana, i formaggi prodotti all’estero e con latte estero, ma spacciati per italiani non solo per il nome, ma soprattutto grazie ad una norma che consente di citare sul packaging solo il luogo di confezionamento, che guarda caso è sempre in Italia.
L’Unione europea si è sempre rifiutata di imporre un’etichettatura chiara che indichi con precisione dove il prodotto nasce e quindi la provenienza della materia prima. Ora diciamo basta, anche a tutela dei consumatori che devono scegliere con tutte le informazioni dovute il prodotto e non con la convinzione di aver acquistato la qualità di una Dop”.
Agropirateria: quanto investe il Consorzio ogni anno per contrastarla? E soprattutto, riesce a trattare un identikit dei contraffattori?
“L’agropirateria figlia del “Parmesan” e del “Grana Pardano” non è più il solo nemico, forte soprattutto in mercati esteri. In casa nostra il danno più grave è prodotto dai similari, come ho già ricordato. Comunque, solo per il Grana Padano, vale 1 miliardo di euro, 700 milioni all’estero e 300 milioni in Italia.
Una situazione ancora più paradossale a fronte degli oltre 14.000 interventi di vigilanza e controlli, per un investimento che supera gli 8 milioni di euro, effettuati dal Consorzio Grana Padano ogni anno per garantire l’eccellenza del prodotto ed evitare le contraffazioni vere e proprie. Su questa strada, dopo una attenta sperimentazione, abbiamo abbandonato la strada dell’ologramma, puntando su analisi sempre più rigorose e attività d’intelligence.
Quindi, a confondere i consumatori, sono prodotti che arrivano dall’estero, ma che sulle confezioni parlano la nostra lingua”.
Al terzo Dairy Forum di Clal sono stati presentati i futures del settore lattiero caseario. Pensa possano essere introdotti anche in Italia?
“Preliminare alla sua domanda è un altro quesito: quale sarà nei prossimi anni il prezzo del latte alla stalla italiana con il nuovo regime di cessazione delle quote latte europee nel 2015? Io credo che il prezzo del Grana Padano, come lo è da sempre, resterà il principale driver del prezzo del latte alla produzione in Italia, anche di quello non destinato alla trasformazione in un formaggio, perché da solo raccoglie circa un quarto della produzione italiana.
Ritengo quindi che sino a quella scadenza il sistema delle Dop, i risultati qualitativi raggiunti, la dislocazione territoriale ci consentiranno di meritare per il latte italiano un prezzo alla stalla superiore a quello francese e tedesco, ma il differenziale sarà più contenuto e si attesterà poco al di sopra dei costi di trasporto da quelle zone di produzione alle nostre. L’urgenza quindi è orientare in altra direzione le nostre intelligenze, fantasie e intuizioni e concentrarci sui costi di produzione. I futures potranno essere una interessante opportunità in più”.