Dice così Andrea Cristini, presidente di Anas, alla vigilia della 52ª Rassegna suinicola internazionale di Reggio Emilia, in programma questa settimana, da giovedì a sabato. Un appuntamento imperdibile per gli addetti ai lavori, che avranno l’occasione per scoprire le ultime novità del settore e provare ad individuare una strategia per uscire da una profonda crisi.
Presidente Cristini, qual è la situazione dell’allevamento suinicolo?
“Siamo in grave pericolo. I costi di produzione sono aumentati del 30% in pochi anni, ma i guadagni sono inesistenti. Con l’aggravante che se cinque anni fa le perdite erano circostanziate agli allevatori, oggi soffrono pesantemente anche i macelli e in parte anche i trasformatori”.
I listini sono preoccupanti.
“Anche nell’ultima quotazione la tendenza è stata al ribasso e abbiamo toccato 1,300 euro al chilogrammo per i suini da macello del circuito tutelato. Questo significa produrre sottocosto, ma anche avere delle quotazioni più basse rispetto alla Spagna, che a Lleida ha quotato i suini 1,377 euro al chilogrammo, e alla Francia, che è arrivata a 1,428 euro al chilogrammo. Ma l’Italia, con suini pesanti e costi superiori di allevamento, non può avere quotazioni più basse rispetto a Francia e Spagna”.
C’è un problema con la Commissione unica nazionale?
“Riteniamo che la Cun abbia perso l’imparzialità che aveva”.
Mi pare un’accusa molto grave.
“Ultimamente riscontriamo che il prezzo è dato da una media dei prezzi di riferimento degli intermediari della suinicoltura. Sarebbe preferibile che la centralità nelle contrattazione la ritrovassero gli allevatori e i macellatori, che rappresentano venditori e acquirenti. Di questo passo si rischia di mandare a gambe all’aria il comparto”.
Oltre al prezzo insufficiente, quali altri segnali denuncia?
“I grandi gruppi integrati stanno dismettendo i suini. E’ noto che alcune realtà hanno deciso di ridurre il numero di capi del 70%, altri cercano di diversificare, così in Veneto e Friuli Venezia Giulia partirà un progetto di valorizzazione del suino intermedio, nell’area lombarda importanti allevatori hanno deciso di tagliare di quasi il 30% il parco scrofe”.
Il numero di scrofe di quanto sta calando?
“E’ già diminuito del 30% e ora subirà un altro rallentamento sensibile. Eppure il prezzo, nonostante il numero di suini stia scendendo, non aumenta. Anzi, cala ancora, mentre le materie prime, secondo le stime elaborate dagli analisti, non diminuiranno, perché in altre parti del mondo c’è chi le compra cash”.
La soccida rimane una valida alternativa?
“Non più. Se fino a un mese fa poteva essere un’alternativa, per quanto sofferta, oggi con i gruppi principali che hanno scelto di alleggerire il numero di animali è decisamente più complicato e per nulla scontato. Se pensiamo che l’avvento dell’articolo 62 impedisce agli allevatori di pagare il mangime a fine ciclo, ci sono le premesse per condannare a morte i prosciutti Dop italiani”.
Quali progetti ha in mente Anas?
“Difficile ipotizzare un piano, quando la suinicoltura ha l’acqua alla gola. Anche Sqn e una classificazione condivisa delle carcasse costituiscono un passo in avanti, ma sembrano medicine omeopatiche, quando la malattia è molto più grave. Entrambe non danno il colpo d’ala per riprendere quota. Ecco, forse si dovrebbe partire dal prodotto finito, sia esso prosciutto Dop piuttosto che la carne fresca: bisogna trovare una differenziazione e restituire la redditività, partendo magari dalla genetica. Invece abbiamo abituato negli anni la grande distribuzione ad acquistare carne di qualità a poco prezzo e ora con la crisi non riusciamo a trovare una via d’uscita”.
Il guaio, come ha detto in precedenza, è che anche altri anelli della filiera sono in crisi.
“Sì. Ed è un peccato, perché i macellatori, con cinque anni di suini quotati intorno a 1 euro, non hanno saputo capitalizzare i vantaggi”.
Presidente Cristini, a fine anno le scade il primo mandato alla guida di Anas. Si ricandiderà?
“La decisione sul mio futuro in Anas sarà collegiale. Abbiamo ancora parecchi mesi davanti. Prima c’è la Rassegna suinicola di Reggio Emilia”.
Matteo Bernardelli
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Fonte: Agronotizie