Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, semilavorati e polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori.
E' quanto ha denunciato il presidente della Coldiretti Sergio Marini al valico del Brennero, scelto per la mobilitazione a difesa del latte e dei formaggi veramente italiani con la partecipazione di migliaia di allevatori provenienti da tutte le regioni italiane, dove si sono verificati blitz in numerosi punti strategici.
Le migliaia di allevatori giunti da Veneto, Friuli, Lombardia, Piemonte, Emilia, Toscana, Umbria, Marche, Puglia e Campania, ma sono attesi anche da Ragusa in Sicilia, sono impegnati nel presidio in frontiera con l'obiettivo di sapere 'cosa arriva e dove va a finire'.
Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta, denunciano gli allevatori della Coldiretti che hanno scoperto numerosi carichi di prodotti agricoli, dalla carne al latte, pronti per essere 'nazionalizzati'.
In Italia secondo i dati snocciolati dal presidente della Coldiretti Sergio Marini alla frontiera 'in un anno sono arrivati ben 1,3 miliardi di litri di latte sterile, 86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte di cui circa 15 milioni di chili di caseina utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori'.
A rischio, sostiene la Coldiretti, ci sono 43 mila stalle, quasi 200 mila occupati e oltre 22 miliardi di euro di valore generato dalla filiera nel settore lattiero caseario che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano.
La situazione è destinata ad aggravarsi poiché dal primo gennaio 2009, denuncia la Coldiretti, puo' essere incorporato fino al 10% di caseina e caseinati nel formaggio, al posto del latte, secondo quanto previsto dal  regolamento (CE) n. 760/2008   del 31 luglio 2008.
'Il formaggio si fa con il latte e non con le polveri', gridano gli allevatori. Una situazione che, secondo la Coldiretti, danneggia allevatori e consumatori e contribuisce alla mancanza di trasparenza all'interno della filiera dove si lascia spazio alle speculazioni. La situazione di crisi delle stalle è comune in molti Paesi Europei ma l'Italia, sostiene la Coldiretti, tra i grandi Paesi produttori (Germania, Francia e Spagna) è l'unico dove la Commissione europea ha rilevato un aumento dei prezzi al consumo per latte e formaggi, secondo i dati a febbraio 2009.
Nel nostro Paese, precisa Marini, il latte viene pagato in media agli allevatori italiani 0,31 euro al litro mentre sugli scaffali arriva a 1,35 con un ricarico del 350% dalla stalla allo scaffale.
Oggi il latte agli allevatori italiani viene pagato meno di venti anni fa.
'Noi', sostiene Marini, 'non chiediamo risorse aggiuntive allo Stato ma semplici regole di buon senso per dare la possibilità ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e agli allevatori di distinguere il vero prodotto Made in Italy dal falso'.
Tra gli obiettivi della mobilitazione presentati dal presidente della Coldiretti Sergio Marini al ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia che è intervenuto alla manifestazione, ci sono:
- Rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta dell’origine territoriale del latte a lunga conservazione e di quello impiegato per le produzioni casearie;
- Rendere obbligatoria l’indicazione nell’etichetta dei formaggi, come le mozzarelle e i latticini, delle sostanze diverse dal latte quali le cagliate prelavorate utilizzate come ingredienti nonché la loro origine territoriale;
- Vietare l’uso di caseine, caseinati e proteine concentrate del latte nella fabbricazione dei formaggi;
- Rendere pubblici i dati relativi alle ditte di destinazione delle importazioni di latte dall’estero attraverso internet;
- Creare le condizioni affinché si utilizzino prodotti locali da parte delle mense scolastiche, degli ospedali e, in generale, della ristorazione collettiva pubblica;
- Distinguere sugli scaffali della grande distribuzione i prodotti veramente italiani da quelli ottenuti da materie prime importate.