Il pomodoro da industria è una coltura cruciale per il made in Italy agroalimentare. Si tratta tuttavia di una coltivazione tecnica, che richiede un approccio professionale soprattutto sul fronte della difesa. Solanum lycopersicum è infatti una specie che può essere attaccata da un gran numero di funghi patogeni, circa una quarantina, alcuni dei quali possono compromettere la produttività del campo se le condizioni ambientali sono favorevoli.

 

La peronospora è, insieme all'alternaria, sicuramente la malattia fungina chiave di questa coltura. L'agente causale della peronospora è il fungo Phytophthora infestans, lo stesso che attacca anche la patata e che nell'Ottocento ha causato la famosa carestia in Irlanda.

 

In condizioni favorevoli, e cioè elevata umidità, bagnatura fogliare prolungata e temperature intorno ai 20°C, il fungo è in grado di colonizzare tutti i tessuti verdi della pianta, come foglie, fusti, fiori e frutti, causando disseccamenti generalizzati e pesanti perdite di produzione.

 

In questo articolo affronteremo brevemente la biologia del fungo, ci concentreremo poi sulle buone pratiche agronomiche necessarie al suo contenimento ed infine analizzeremo le strategie di difesa, basate principalmente sui prodotti di chimica di sintesi.

 

 

Il ciclo biologico di Phytophthora infestans

Il patogeno sopravvive sia come oospora nel terreno, sia come micelio nei tessuti vegetali rimasti in campo dalla precedente coltivazione, nonché nelle piante spontanee suscettibili presenti nelle vicinanze dei campi (ad esempio Solanum nigrum).

 

Le oospore rimangono vitali nel terreno tre, quattro anni e non risentono del freddo invernale. Quando le condizioni ambientali sono favorevoli l'oospora germina con la produzione dello sporangio, al cui interno sono contenute le zoospore. Fattori ambientali, come il vento o gli schizzi di pioggia, portano tali spore sui tessuti vegetali del pomodoro, quali fusti e foglie basali.

 

Con temperature intorno ai 20°C, bagnatura fogliare prolungata e umidità relativa dell'aria elevata (oltre il 90%), le zoospore germinano e penetrando dagli stomi della pianta infettano il tessuto vegetale. Grazie alla presenza di austori il micelio entra attivamente nelle cellule nutrendosi del contenuto.

 

All'infezione primaria si susseguono poi le infezioni secondarie, causate dagli sporangi che fuoriescono dal tessuto fogliare, liberando nuove zoospore. Se non controllate, queste infezioni si susseguono ciclicamente e in condizioni ambientali favorevoli sono in grado di portare velocemente alla morte delle piante.

 

La temperatura ottimale di infezione è di 20-23°C, con umidità relativa superiore a 75%. Ma Phytophthora infestans è in grado di infettare i tessuti anche con temperature più basse, minimo 10°C, o più alte, massimo 30°C. 

 

I danni della peronospora sul pomodoro

Dopo un breve periodo di incubazione, sulle piante di pomodoro è possibile rinvenire i sintomi dell'infezione da P. infestans. Sulle foglie si formano macchie irregolari traslucide, simili a quelle che il fungo causa sulla vite o la patata, che poi imbruniscono e necrotizzano velocemente.

 

Sintomi di peronospora su pomodoro

Sintomi di peronospora su pomodoro

(Fonte foto: Riccardo Bugiani, Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna)

 

Sui fusti è possibile vedere annerimenti allungati, che possono interessare tutta la circonferenza della pianta e portano alla rapida morte dell'ospite. I frutti sono particolarmente suscettibili prima dell'invaiatura. In questa fase il fungo penetra attraverso gli stomi e si sviluppa all'interno della polpa, che dissecca e assume una consistenza fibroso spugnosa. Sulla superficie appaiono macchie irregolari, depresse, di colore bruno.

 

Se le condizioni ambientali sono favorevoli, sui tessuti vegetali colpiti appare una leggera muffa biancastra, formata dagli organi di riproduzione del fungo, attraverso i quali vengono rilasciate in ambiente nuove spore che perpetuano l'infezione.

 

Le buone pratiche agronomiche

Perché si verifichi una infezione da Phytophthora infestans devono sussistere tre condizioni: presenza di piante suscettibili, condizioni ambientali favorevoli e presenza di inoculo. Le buone pratiche agronomiche devono dunque agire su questi tre fattori, in modo da scongiurare, o per quanto possibile limitare, la pressione del micete sulla coltura.

 

In particolare occorre:

  • Eliminare i residui vegetali infetti ed effettuare ampie rotazioni colturali, ameno ogni tre anni. In biologico si consiglia di trapiantare il pomodoro sei, sette anni dopo l'ultimo ciclo. In questo modo si abbatte l'inoculo in campo. Si deve evitare ovviamente di far seguire il pomodoro alla patata, altro ospite di P. infestans.
  • Acquistare piantine certificate e controllare che non vi siano già segni visibili di infezione.
  • Evitare l'irrigazione a pioggia, ma prediligere quella in manichetta, evitando in questo modo di bagnare la parte aerea della coltura.
  • Calibrare correttamente la concimazione, evitando eccessi in quella azotata. Una vegetazione troppo lussureggiante causa infatti un ristagno di umidità all'interno del fogliame che facilita lo sviluppo della peronospora (come di altri funghi e insetti).
  • Utilizzare piante geneticamente resistenti. Ad oggi non esistono varietà completamente resistenti alle differenti razze di peronospora, ma è possibile scegliere quelle maggiormente tolleranti.
  • In biologico si consiglia di ridurre la densità di trapianto, ad esempio a 2,35 piante/m2, in modo da facilitare il passaggio di aria.

 

Sintomi su foglia

Sintomi su foglia

(Fonte foto: Università del Massachusetts)

 

La difesa fungicida del pomodoro dalla peronospora

Nonostante l'adozione di buone pratiche agronomiche sia importante, l'impiego di prodotti fungicidi rimane indispensabile per offrire una difesa efficace del pomodoro da industria e quindi una produzione di frutti soddisfacente sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo.

 

Per l'applicazione dei prodotti di difesa è bene ricordare che occorre sempre adottare strategie di tipo preventivo, trattando la coltura prima che si riscontrino sintomi sulle piante, intervenendo quando i fattori ambientali sono predisponenti l'infezione. Su questo fronte possono essere di aiuto i bollettini diramati territorialmente o i Sistemi di Supporto alle Decisioni (Dss), in grado di dare una idea piuttosto precisa del livello di rischio presente in campo.

 

Controllando i Disciplinari di Produzione Integrata di Emilia Romagna e Puglia, le due regioni nelle quali si concentra la produzione di pomodoro da industria, è possibile individuare le seguenti sostanze attive ammesse: olio essenziale di arancio dolce, fluazinam, fosetil-alluminio, metalaxyl-M, cimoxanil, dimetomorf, mandipropamide, ametoctradina, metiram, propamocarb, azoxystrobin, pyraclostrobin, zoxamide, oxathiapiprolin, cyazofamide, amisulbrom.

 

Di fondamentale importanza è ovviamente il timing di applicazione, anche in relazione allo stadio fenologico della pianta e dall'andamento climatico. In post trapianto di solito si consiglia l'uso di prodotti rameici (utili anche contro le batteriosi) e di fungicidi ad azione citotropica, in quanto la pressione del fungo non è di solito elevata e la bagnatura fogliare dell'irrorazione risulta essere ottimale.

 

Il fungo è in grado di colonizzare tutti i tessuti verdi della pianta, come foglie, fusti, fiori e frutti, causando disseccamenti generalizzati e pesanti perdite di produzione

Il fungo è in grado di colonizzare tutti i tessuti verdi della pianta, come foglie, fusti, fiori e frutti, causando disseccamenti generalizzati e pesanti perdite di produzione

(Fonte foto: © aratm - Adobe Stock)

 

Quando le piante iniziano a chiudere le file si procede invece con prodotti sistemici, che proteggono più efficacemente l'intero vegetale, foglie e frutti compresi. Nella fase invece di invaiatura e maturazione le condizioni ambientali sono meno favorevoli per il fungo e quindi è possibile intervenire con meno frequenza.

 

Sotto raccolta la peronospora causa meno danni e specialmente se la raccolta avviene nei mesi estivi non è necessario trattare. Nel caso di trapianti tardivi, che invece portano la raccolta a settembre, le condizioni meteo possono essere più pericolose e quindi si prediligono i prodotti di difesa con tempi di carenza brevi.

 

Discorso a parte va fatto per il biologico, dove le buone pratiche agronomiche rivestono un ruolo fondamentale per tenere basso l'inoculo in campo e scongiurare il rischio di infezioni. In questi casi si può ricorrere ai prodotti rameici, nonché all'olio di arancio dolce.

 

Va infine ricordato che è importante ruotare i meccanismi d'azione dei prodotti, in modo da scongiurare la selezione di popolazioni resistenti. Inoltre occorre effettuare una bagnatura fogliare corretta, che coinvolga tutte le foglie, anche quelle più interne alla vegetazione.