Sommario:
Il pomodoro (Solanum lycopersicum) è una pianta di origini tropicali e necessita di tecniche di coltivazione ad hoc e condizioni pedoclimatiche adatte. La buona riuscita di un impianto è legata ad un corretto avvio della coltivazione per assicurare al produttore un ciclo colturale completo e una corretta maturazione dei frutti.
Le giovani piantine, prodotte in vivai specializzati, sono pronte per la messa a dimora in campo già allo stadio di 4-5 foglie ad un’altezza di 10-15 centimetri.
Scegliendo questa tecnica l’agricoltore ha diversi vantaggi, fra cui un ciclo colturale più corto che si completa in 100-120 giorni (rispetto alla semina) e una maggiore uniformità di maturazione facilitando la raccolta meccanizzata.
Trapianto: chi ben comincia...
Visto che il trapianto è la metodologia più utilizzata dagli agricoltori vediamo quali sono i fattori climatici da considerare e le tecniche agronomiche da applicare per ottenere un impianto performante e frutti di alta qualità.
Temperatura e periodo di messa a dimora
Il primo consiglio è studiare bene le esigenze termiche della coltura in relazione al sito di coltivazione: l'agricoltore deve cioè conoscere le temperature minime e massime della zona per scegliere il giusto periodo di trapianto.
Come citato all'inizio il pomodoro è una pianta di origini tropicali. Ne consegue che per il suo corretto sviluppo necessiti di temperature miti per non incorrere in squilibri fisiologici durante le fasi fenologiche più delicate, che sono la fioritura e la maturazione.
Durante la fase di fioritura la temperatura ideale è di 18-20 gradi, mentre nella fase di maturazione la temperatura ideale è di 23-24 gradi. Condizioni termiche di 0-2 gradi sono letali per la pianta, invece condizioni superiori ai 32-35 gradi vanno ad influire negativamente sulla produzione di licopene, e quindi sulla colorazione finale dei frutti.
Quindi quand'è il periodo migliore per il trapianto?
Generalmente in Italia nelle zone del Nord viene effettuato in maggio - giugno (per evitare eventuali gelate tardive), nelle zone del Centro da fine aprile a inizio giugno e nelle zone del Sud aprile - maggio.
Suolo
È buona norma, prima di mettere giù l'impianto, svolgere delle accurate analisi chimico fisiche del terreno per stabilire se si tratta di un terreno adatto.
Queste analisi forniranno anche degli elementi utili per decidere il tipo di concimazione post impianto. A svolgere le analisi sono dei laboratori specializzati che si possono trovare online o rivolgendosi alle associazioni agricole locali.
Ma che caratteristiche deve avere un suolo per un corretto trapianto?
Il pomodoro da industria si adatta bene a diversi tipi di suoli ma è nei terreni di medio impasto argillosi che si guadagna in qualità organolettica dei frutti. Preferisce pH neutri o leggermente acidi (6,5 - 7,5) e ha una discreta resistenza alla salinità del suolo.
Lavorazioni del terreno
La preparazione del terreno è fondamentale per il buon attecchimento delle giovani piante. Soprattutto la zona più superficiale che non deve presentare abbassamenti che favoriscano il ristagno idrico e/o il ruscellamento.
Le lavorazioni estive sono da prediligere in modo da far riposare il suolo fino alla primavera successiva quando si dovranno mettere giù le piantine.
Le lavorazioni del terreno sono fondamentali per permettere un idoneo attecchimento delle piante (Foto di archivio)
(Fonte foto: AgroNotizie)
Per questa coltura si consiglia di applicare la lavorazione a doppio strato, cioè una lavorazione più profonda seguita da una più superficiale. In questo modo si combinano gli effetti positivi di entrambe le tecniche: eliminazione delle erbe infestanti, rottura della zolla di lavorazione, esposizione del terreno alle precipitazioni e interramento della sostanza organica.
Le lavorazioni, infine, si concludono con un paio di sarchiature e/o fresature per la preparazione del letto di semina o di trapianto per aiutare l'attecchimento delle piantine.
Rotazioni
Fondamentali sono anche le rotazioni con altre colture e una buona pratica agronomica da seguire è quella di non introdurre subito dopo in rotazione altro pomodoro o altre Solanaceae.
Per esempio, una buona rotazione del terreno prevede: pomodoro, frumento, medicaio triennale, frumento, pomodoro. Oppure pomodoro, frumento, girasole, frumento, medicaio triennale, orzo, pomodoro.
Questo perché il pomodoro è una tipica pianta da rinnovo, ovvero che per la sua messa a dimora servono lavorazioni profonde che "rinnovano" il suolo. E il suo avvicendamento deve essere eseguito in modo tale da evitare gli attacchi di parassiti tellurici come i nematodi galligeni.
Impianto e densità
A questo punto l'agricoltore può scegliere se fare un impianto a fila singola o a fila binata.
Quali sono le distanze ideali per queste due tipologie di fila?
Per la fila singola si consiglia una distanza di 100-130 centimetri tra le file e 30-40 centimetri all'interno della fila.
Per la fila binata invece si devono preferire distanze maggiori di 160-180 centimetri tra le bine e 30-50 centimetri tra le file della bina e le piante sulla fila per permettere un'efficiente raccolta meccanizzata.
La densità di impianto non è standardizzata ma dipende dal tipo di cultivar che si vuole coltivare.
La densità di impianto dipende dal tipo di cultivar che l'agricoltore vuole coltivare (Foto di archivio)
(Fonte foto: © Brekke - Adobe Stock)
Per esempio, per il pomodoro con il frutto a tipologia allungata la densità di impianto che si consiglia è di 27mila-30mila piante per ettaro. Per questa tipologia se si coltivano varietà con vegetazione compatta si consiglia anche 35mila-38mila piante per ettaro. Mentre per il pomodoro con il frutto a tipologia tondo e ciliegino la densità di impianto consigliata è di 30mila-35mila piante per ettaro.
Irrigazione
Di fondamentale importanza è una corretta gestione dell'acqua al momento del trapianto, in quanto le piantine passano da un ambiente protetto a una situazione di pieno campo, e una corretta irrigazione facilita l'attecchimento al suolo.
Il sistema di irrigazione viene solitamente disposto durante la creazione dell'impianto. In questa fase di dispongono anche i teli pacciamanti, che servono al doppio scopo di prevenire gli sbalzi termici e contrastare le erbe infestanti.
L'impianto di irrigazione da preferire è quello a goccia, perché permette un rifornimento idrico costante e continuo alla pianta con anche un notevole risparmio.
Ma non solo, il sistema a goccia permette all'agricoltore di irrigare e concimare allo stesso tempo (fertirrigazione) con diversi vantaggi. Infatti la fertirrigazione permette un migliore assorbimento dei nutrienti perché è localizzata, un risparmio di concime azotato e può essere svolta anche in situazioni climatiche sfavorevoli (esempio forte ventosità).
Le esigenze idriche sono diverse in base alla varietà e alla tipologia.
Per esempio, la tipologia allungata richiede quantitativi idrici elevati di circa 5.000 - 7.000 metri cubi per ettaro, invece ne richiede molto meno la tipologia ciliegino con circa 1.500 - 2.000 metri cubi a ettaro.
Oltre alla quantità irrigua di quanti interventi necessita questa coltura?
Il numero di interventi irrigui durante il ciclo colturale dipende da molteplici fattori quali le condizioni climatiche, le condizioni del terreno e la durata dei turni di irrigazione.
L'irrigazione è fondamentale anche in altre fasi critiche del ciclo colturale che sono la fase di espansione della vegetazione, la formazione dei fiori, l'allegagione e l'invaiatura.
Nutrizione
Un buon piano di concimazione è imprescindibile per la riuscita del trapianto e per la buona crescita delle piante. Visto che in Italia i suoli non sono tutti uguali, è doveroso effettuare un'analisi almeno ogni 5 anni per calibrare l'apporto di elementi nutritivi.
Le quantità massime di fertilizzante da apportare per ettaro non devono superare queste soglie: 200 chilogrammi per ettaro di azoto, 250 chilogrammi per ettaro di fosforo e 150 chilogrammi per ettaro di potassio.
Si consiglia di distribuire questi tre macro-elementi nelle seguenti percentuali e periodi.
Azoto
Il 30% della dose totale è bene distribuirlo nelle fasi di attecchimento delle piantine e la restante parte durante tutto il ciclo colturale, fermarsi con le concimazioni 30 giorni prima della raccolta.
I concimi azotati vanno somministrati in maniera ridotta, a favore di quelli fosfatici, nella fase precedente la fioritura. In modo da non incorrere in un eccessivo vigore vegetativo e bassa presenza di fiori.
Fosforo
I concimi fosfatici sono da utilizzare prima delle lavorazioni principali (aratura) mentre il restante 50% va distribuito durante tutto il ciclo colturale. Particolarmente importante, come citato sopra, integrare questo minerale prima della fioritura.
Potassio
L'utilizzo di concimi potassici viene consigliato in caso di terreni carenti di questo minerale. In tal caso è bene somministrare potassio dalla fase di pre-trapianto fino alla fase di invaiatura.
Per la sostanza organica si consiglia di apportarla anche con sovesci e in forma organo minerale, non solo per implementare la percentuale di elementi nutritivi, ma anche per migliorare la struttura del suolo e rallentare i fenomeni di stanchezza del suolo.
Biostimolanti
Oltre a fornire un buon piano di nutrizione è bene anche che l'agricoltore aumenti nel pomodoro la tolleranza verso gli stress abiotici (innalzamento delle temperature, salinità del suolo, siccità) con l'utilizzo di prodotti biostimolanti.
Leggi anche: L'uso dei biostimolanti nelle colture orticole
L'applicazione dei biostimolanti, per via fogliare o per fertirrigazione, nelle prime fasi di crescita delle piantine consente di superare velocemente lo stress da trapianto, una miglior crescita dell'apparato radicale, un migliore sviluppo della vegetazione e una maggiore tolleranza a superare gli stress ambientali come gli sbalzi termici.
Inoltre, il loro utilizzo consente di ottenere altri vantaggi: l'incremento della fioritura, un numero maggiore di frutti per pianta, una maggior pezzatura, una migliore qualità nutrizionale dei frutti e rese sicure ed elevate anche in zone caratterizzate da forte salinità.
Controllo delle infestanti
Per il controllo delle infestanti principali l'agricoltore può intervenire con una difesa integrata, ovvero con misure che prevedono l'utilizzo di prodotti chimici affiancate a pratiche colturali. Il tutto è finalizzato ad aumentare la competitività della coltura nelle prime fasi di attecchimento rispetto alle malerbe.
La Portulaca oleracea è una tipica pianta infestante presente nelle zone dove si coltiva il pomodoro (Foto di archivio)
(Fonte foto: AgroNotizie)
Nella fase di pre trapianto del pomodoro si utilizzano generalmente miscele di erbicidi ad azione residuale, ovvero prodotti in grado di colpire l'infestante nel momento della germinazione o allo stadio di plantula. Non si consiglia di usarli su infestanti già sviluppate perché tendono ad essere meno efficaci.
È buona norma che il produttore conosca bene le caratteristiche dell'erbicida che andrà ad utilizzare, in particolare la loro volatilità e fotolabilità, cioè prodotti che si degradano se esposti alla luce. Conoscere tali caratteristiche permette di decidere se distribuirli in superficie oppure con interramento.
Questi erbicidi hanno un ampio spettro di azione su graminacee e dicotiledoni per lunghi periodi (fino a 6 mesi).
Pacciamatura
Anche se usata molto meno rispetto ad altre orticole, l’agricoltore può scegliere di applicare per il pomodoro la tecnica della pacciamatura prima della messa a dimora delle piantine.
L'utilizzo della pacciamatura permette un buon controllo delle erbe infestanti in prossimità delle radici, evitando così la competizione per l'acqua e i nutrienti, si limitano le perdite di acqua per traspirazione e si limita l'escursione termica tra il giorno e la notte.
Si possono usare materiali biodegradabili (paglia, truciolo, corteccia, erba falciata) oppure film plastici (polietilene o cloruro di polivinile), anche di diverse colorazioni per incentivare alcuni processi fisiologici come la colorazione dei frutti o aumentare la precocità di raccolta.
Per l'applicazione del telo in campo vengono usate apposite macchine che lo stendono e contemporaneamente lo forano. Successivamente, dentro i buchi, vengono trapiantate le piante ad una distanza ben precisa all'interno della fila.
Semina o trapianto?
Attualmente il 90% degli investimenti utilizzano il trapianto come tecnica principale di impianto. L’agricoltore però può scegliere anche di usare la semina tradizionale oppure la semina di precisione.
Con la semina tradizionale, senza utilizzare seminatrici di precisione, si prevede un utilizzo di circa 2 kg per ettaro di seme. Un quantitativo di cinque volte superiore a quello richiesto che difatti viene corretto, in post emergenza, con un diradamento delle giovani piante.
Il diradamento viene effettuato per evitare la competizione per acqua, luce e nutrienti che inciderebbe sulla resa finale.
Con la semina di precisione invece si posizionano i semi a una distanza ben precisa sulla fila, rendendo perciò non necessario il diradamento post emergenza delle piantine.
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