Le motivazioni sanitarie e ambientali sono utilizzate da anni come false flag per attaccare la chimica agraria, nonostante questa sia ormai da trent'anni orientata fisiologicamente alla messa a punto di tecniche e molecole sempre più virtuose, rendendo di fatto i profili ambientali e sanitari sempre migliori e sempre più accettabili.
Non esiste infatti alcuna "emergenza pesticidi", né per quanto riguarda i residui sui cibi, in perenne miglioramento, né per la presenza nelle acque, in costante calo quanto a concentrazioni, né per le statistiche sanitarie delle popolazioni di aree a forte indirizzo agricolo, sempre ottime all'analisi dei dati ufficiali.
Tali attacchi, quindi, odorano essenzialmente di lobbismo, ideologia e demagogia e andrebbero di conseguenza presentati come tali, anziché nasconderli dietro motivazioni nobili contro le quali nessuno si azzarderebbe a muovere obiezioni. O meglio, quasi nessuno.
Non paga di ciò che sta facendo ormai da anni all'agricoltura continentale, spesso con regole e proibizioni irrazionali, l'Europa dei normatori rilancia addirittura verso l'alto le già pesanti richieste attuali e reclama esplicitamente sempre più ambiente e quindi, implicitamente, sempre meno agricoltura.
Sicuramente, la Ue chiede venga usata sempre meno chimica, vuoi per difendere, vuoi per nutrire. Una posizione espressa in modo chiaro dalla commissaria europea designata alla Salute, ça va sans dire, ovvero la cipriota Stella Kyriakides, psichiatra, la quale ha sottolineato l'esigenza di ridurre la "dipendenza dai pesticidi", come pure di lottare contro l'antibiotico resistenza.
Già il termine "dipendenza" pare alquanto infelice, dal momento che restituisce un'immagine deformata della fitoiatria. L'agricoltura posta cioè alla stregua di un'attività da disintossicare da un qualche abuso di sostanze. Di fatto, una qualche "dipendenza" c'è, è vero, ma non per vizio o deliberata dabbenaggine, bensì solo perché patogeni, malerbe e parassiti non pare siano disposti di loro volontà a rinunciare ai nostri raccolti. Quindi alla bisogna vanno fermati con le cattive, piaccia o meno. Aspetti questi che si teme Stella Kyriakides non padroneggi in modo adeguato, a dispetto dell'intransigente risolutezza con cui si è espressa.
I tre pasti al giorno, anche i suoi, "dipendono" infatti da quanto sono bravi gli agricoltori a proteggerli nei propri campi. Esattamente come vanno fermate le infezioni batteriche negli allevamenti usando antibiotici. Perché peggio dell'antibiotico resistenza vi sarebbe stata infatti l'assenza stessa di antibiotici. Se quindi impressionano le stime di milioni di morti al 2050 per tale fenomeno, dovrebbero impressionare ancor di più le centinaia di milioni di morti che ci sarebbero state nell'ultimo secolo se l'uomo mai gli antibiotici avesse inventato e usato.
Quello degli antibiotici a uso zootecnico è mercato peraltro calato di quasi un terzo negli ultimi anni. E sarà sempre tardi quando si capirà che, al di là degli usi scorretti che pur ci sono stati, il fenomeno della resistenza è legato in buona parte all'impoverimento delle pipeline di sviluppo delle case farmaceutiche, sempre meno incentivate a investire su molecole di basso margine commerciale e di breve durata quanto a protezione brevettuale. E se non arrivano nuove molecole, le vecchie prima o poi soccombono alle resistenze e ci abbandonano al nostro destino, spesso mortale. Quindi, se si mischiano fra loro cause ed effetti i problemi restano lì, irrisolti.
Fatto salvo quindi che l'odio per la chimica è figlio soprattutto di scarsa memoria verso cosa avveniva quando la chimica ancora non esisteva (Fig. 1), vediamo in concreto se la fitoiatria è davvero motivo di siffatte pressioni di carattere emergenziale, come viene fatto credere a una popolazione ignara di come stiano evolvendo le cose in campo agrofarmacologico.
Fig. 1: Andamento delle carestie a livello mondiale espresso per numero di morti su 100mila abitanti. Il decennio in cui si sta vivendo mostra un calo del 99% rispetto agli anni '60, quando ancora i benefici della Rivoluzione Verde ancora dovevano palesarsi appieno
(Immagine: Donatello Sandroni; Fonte grafico: OurWorldinData)
Sempre meno molecole
Dai primi anni '90 è iniziata in Europa la selezione, spesso feroce, delle sostanze attive. Da circa un migliaio di molecole disponibili fino alla fine degli anni '80, nel volgere dei primi round della Revisione europea tale numero è calato del 70%, lasciando vivere soltanto 300 molecole circa delle mille valutate, di cui 77 poste nella ormai "famigerata" lista di sostituzione (Fig. 2). Le multinazionali sono state infatti obbligate a dividersi su due fronti: il primo, quello canonico della ricerca di nuove sostanze attive, il secondo reso obbligatorio per difendere ciò che già c'era. Uno sforzo economico notevole che ha aggravato ulteriormente i bilanci societari assottigliandone i margini e obbligando a tagli spesso dannosi anche in termini di ricerca.Se infatti da un lato il mercato stava rallentando per via dei consumi in calo, dopo il top di fine anni '80, dall'altro aumentavano i costi, specialmente di sviluppo. Molte fusioni e acquisizioni sono figlie proprio di questo inasprimento economico sulle società del settore, derivando in gran parte dalle pressioni esercitate proprio dai medesimi soggetti che lamentano poi un mercato sempre più concentrato in un numero di mani sempre più piccolo.
Guardando all'Italia, molte sono le sostanze attive andate perdute nel tempo. Eseguendo una ricerca avanzata su Fitogest (dicembre 2019) è stato possibile comparare la situazione pre e post revoche per alcuni raggruppamenti di molecole, focalizzando sulle più rappresentative. In Fig. 3 sono riportate le comparazioni fra ciò che era disponibile e ciò che attualmente rimane. Da osservare come siano stati soprattutto i geoinsetticidi a venire falcidiati, seguendo il destino generale di molti esteri fosforici e carbammati. E in taluni casi i risultati, purtroppo, si vedono in campo.
Fig. 3: sostanze attive utilizzabili in Italia pre e post revoche, suddivise per le principali categorie di impiego
(Immagine: Donatello Sandroni)
Quanto alla specifica classe degli insetticidi è stata poi svolta una ricerca sul sito Istat consultando diversi report annuali sugli impieghi di antiparassitari in Italia. Per la classe degli insetticidi si è valutata una finestra temporale dal 2000 al 2016, realizzando che in poco più di 15 anni l'uso degli insetticidi si è praticamente dimezzato (-47,9%) mentre quello dei soli esteri fosforici calava di oltre il 52%. Dal 2020, con il bando di dimetoato, clorpirifos e clorpirifos metile, tale famiglia risulterà praticamente azzerata. Un danno serio per la perdita di un meccanismo di azione difficilmente imitabile.
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Tali valori sono per alcuni anni frutto di estrapolazioni da dati espressi da Istat come aumenti o diminuzioni percentuali, oppure di interpolazioni fra anni successivi o adiacenti al fine di colmare i dati mancanti. Il risultato di tale lavoro tutt'altro che agevole, misto di raccolta e di stima dei dati, è riportato in fig. 4. Come si vede, la deflagrazione del caso "morie delle api" è avvenuto nella fase storica in cui più intenso è stato il calo negli usi degli insetticidi in Italia. Un'evidenza che dovrebbe fare meditare, anche a costo di assumere posizioni malviste dal mainstream forcaiolo che si è ormai affermato contro tali prodotti, sia a livello mediatico, sia a livello normativo.
Fig 4: gli insetticidi sono praticamente dimezzati negli usi negli ultimi 15 anni, smentendo la percezione di un loro uso sempre più massiccio, presunta causa dominante delle morie di api
(Immagine: Donatello Sandroni)
Nuove rotte verso il futuro
Al dicembre 2019 questi erano gli ultimi "agenti attivi" che risultavano autorizzati secondo la banca dati Fitogest. Ormai si è infatti superato il concetto di "sostanza attiva", essendo presenti numerosi microrganismi alla base dei formulati ad azione fitosanitaria.• B. pumilus - QST 2808
• B. amyloliquefaciens - MBI 600
• Florpyrauxifen-benzil
• Flupyradifurone
• Trichoderma asperellum T34
• Flutolanil
• Trichoderma atroviride I-1237
• Trichoderma atroviride SC1
• Halauxifen-metile
• Cerevisane
• Sulfoxaflor
• Magnesio fosfonato
• Oxathiapiprolin
• Pseudomonas sp. - DSMZ 13134
• Maltodestrina
Come si vede in fig. 5, i microrganismi hanno ormai appaiato le sostanze attive di sintesi. Sintomo che anche le grandi multinazionali di ricerca stanno forse cercando di smarcarsi dal crescente assedio pseudo-salutista ai loro cataloghi - e magari dai crescenti rischi di trovarsi in tribunale grazie a qualche predatory litigation - spostando la propria offerta verso soluzioni più gradite ai media, ai normatori e alle summenzionate lobby bio-ambientaliste.
Fig. 5: le nuove sostanze attive e i nuovi microrganismi per come comparivano a dicembre su Fitogest
(Immagine: Donatello Sandroni)
In fondo, business is business e se il mercato, drogato o meno che sia dalla disinformazione allarmista, si orienta verso nuovi orizzonti, a una multinazionale conviene competere con le altre per essere la prima a girare il timone. Esempio di furbizia individuale che però si sta dimostrando sempre più miopia collettiva. Perché le ideologie e le demagogie politiche ad esse subordinate prima o poi arriveranno al pettine coi propri nodi irrisolti in termini di redditività e quindi di salute dell'agricoltura nel suo insieme. E quando le cose vanno male, con migliaia di ettari che ogni anno vengono abbandonati e migliaia di aziende agricole che chiudono i battenti, vanno male per tutti: produttori di agrofarmaci, fertilizzanti, sementi e macchinari. Tutti troppo occupati a raggiungere i propri obiettivi annuali di vendite per ascoltare l'inquietante roder di tarli che sta loro sbriciolando la seggiola sotto i glutei. E ai cittadini/consumatori non ci si illuda andrà meglio.
Purtroppo, si teme infatti che si accorgeranno appieno dei danni fatti quando l'Europa in generale, e l'Italia in particolare, saranno ormai ostaggio di importazioni colossali dall'estero, atte a rimpiazzare quelle a cui, scelleratamente, si è voluto rinunciare in casa nostra.
Un fenomeno deprecabile di spostamento in altri Paesi delle pratiche agricole, rafforzando ulteriormente l'ormai famosa situazione in cui i più benestanti giocano a fare gli ambientalisti a spese dell'ambiente degli altri.