Nuove tecnologie, nuovi sistemi di coltivazione e controlli sempre più rigorosi hanno trasformato profondamente l’agricoltura dell’ultimo quarto di secolo. L’affinamento delle conoscenze e l’innovazione nella ricerca hanno portato risultati concreti anche in termini di tonnellate di agrofarmaci utilizzati. Calano infatti del 4% gli erbicidi, del 25% gli insetticidi e del 19% i fungicidi. Mediamente, i consumi di agrofarmaci sono calati in pochi anni del 15% in peso.

Eppure la percezione dei cittadini è diametralmente opposta. Le preoccupazioni per salute e ambiente si sono quindi moltiplicate anziché dissiparsi.
 
Le responsabilità di tale discrepanza percettiva appaiono spalmabili su molteplici protagonisti: un mondo della ricerca che appare diviso agli occhi dei cittadini e che ospita al proprio interno gruppi che spesso pubblicano studi allarmisti e di scarso realismo, ma anche organi di monitoraggio ambientale e sanitario che sembrano talvolta più inclini a prodursi in spericolate interpretazioni piuttosto che fornire asettici dati puri e semplici. Tali studi e tali interpretazioni alimentano poi campagne, spesso demagogiche, da parte di associazioni ambientaliste o ad esse assimilabili. A completare la filiera della disinformazione giungono infine un tipo di comunicazione e di giornalismo troppo incline a dare voce soprattutto ai suddetti messaggi allarmanti, anziché valorizzare le spinte innovative e tecnologiche che la scienza mette a disposizione.
 
E di tali innovazioni, solide e consistenti, si è discusso a Roma, il giorno 26 settembre 2017, presso l’Hotel Nazionale, ove Confagricoltura, Agrofarma e Compag hanno posto sul tavolo temi scottanti che riguardano proprio le tecnologie agrarie e gli attacchi, spesso sguaiati, cui vengono sottoposte. Una su tutti, glifosate, emblema di numerose crociate contro gli agrofarmaci che stanno causando severe preoccupazioni al comparto produttivo e a tutta la filiera che intorno ad esso orbita.
 
Titolo del convegno “Tecnologie e strumenti a supporto dell’agricoltura: scienza e ragione alla base di ogni decisione”, moderato da Josephine Alessio, giornalista di Rainews.
 
Forte il richiamo alla politica, presente al convegno nelle persone di Roberto Formigoni, presidente della IX Commissione permanente Agricoltura e produzione alimentare del Senato; Massimo Florio, vicepresidente della XIII Commissione Agricoltura alla Camera; Carlo Maria Medaglia, capo segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente e Nunzia de Girolamo, già ministra all’Agricoltura e attualmente membro della Commissione Cultura, scienza e istruzione alla Camera.
 
Per Agrofarma ha partecipato invece Alberto Ancora, neo eletto presidente dell’associazione, affiancato da Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura, e da Fabio Manara, presidente di Compag.
  
 
Roberto Formigoni, presidente della IX Commissione permanente Agricoltura e produzione alimentare del Senato: una posizione favorevole alle tecnologie agrarie, incluso glifosate

Dopo il benvenuto di Giovanna Parmigiani, membro della Giunta di Confagricoltura, e delle assicurazioni di apertura di Roberto Formigoni sul tema glifosate, è giunto il turno del primo relatore di giornata, ovvero Andrea Sonnino di Fidaf ed Enea.
I cambiamenti climatici hanno infatti reso ancor più impellente la necessità di produrre di più con meno, ovvero la intensificazione sostenibile. Cambiamenti climatici che hanno modificato perfino le potenzialità produttive della Russia, divenuta primaria esportatrice di cereali con 28 milioni di tonnellate.
 
Oggi la spesa media degli italiani per l’alimentare è intorno al 20%: i più benestanti spendono circa l’8%, i meno abbienti il 23%. Molto meno di quanto spendessero solo due generazioni fa. Forte il calo delle carni, che dal 1973 sono calate dal 33-34% della spesa complessiva a circa il 23-24%. Il suolo agricolo, del resto, è ormai ridotto rispetto al passato, con soli mille e 129 metri quadri per abitante in Italia. Cioè più che dimezzato rispetto al 1961 (-56%).

Da più parti provengono proposte e ipotetiche soluzioni: chi sostiene neo-protezionismi con barriere tariffarie, sussidi e politica del chilometro zero e del made in Italy. Chi auspica ritorni al passato, rifiutando tecnologie per tornare a pratiche agronomiche antiche. Infine la scelta contraria, ovvero la spinta all’innovazione tecnologica, organizzativa e sociale. Stanti gli scenari e le previsioni di crescita della popolazione mondiale, questa ultima posizione pare in effetti l’unica meritevole di attenzione, lasciando al resto mercati di nicchia dedicati appunto a chi possa permettersi economicamente di pagare di più per soddisfare il proprio desco.
 
Uno dei momenti del convegno, moderato da Josephine Alessio di Rainews
 
A seguire l'intervento di Andrea Sonnino, una tavola rotonda aperta dall’intervento di Nunzia de Girolamo, la quale ha dapprima difeso con orgoglio la posizione italiana anti-Ogm, reputati dalla ex ministra non sufficientemente sicuri, salvo poi auspicare un atteggiamento razionale, basato sulle evidenze scientifiche, in materia di glifosate. È stato cioè lanciato un richiamo forte a rifuggire dalle ideologie quando si parli di chimica agraria, auspicando che l’Italia non segua la Francia nella sua fuga in avanti, palesatasi con l’annuncio di abolire glifosate entro il 2022. Meglio, secondo De Girolamo, preservare ogni strumento utile alle pratiche agricole virtuose, sempre a patto che la scienza confermi con dati e numeri.
 
Molto diversa la posizione di Confagricoltura, da sempre favorevole agli Ogm e oggi a maggior ragione a glifosate. Per bocca del proprio presidente Massimiliano Giansanti, l’associazione di agricoltori ha infatti esplicitato la volontà di sapere le motivazioni alla base delle scelte italiane, qualsiasi esse siano, temendo che invece di basarsi sulle evidenze scientifiche l’Italia insegua proprio la Francia. Secondo Confagricoltura ci si dovrebbe cioè riferire ai soli giudizi degli enti preposti, come l’Efsa per esempio, anziché a spinte ideologiche.
 
Da parte sua, Alberto Ancora reputa che la chimica non sia solo utile, bensì indispensabile. Il calo del 30% delle produzioni di cibo, dovuto all’astensione dall’uso della chimica, sarebbe tutto tranne che sostenibile a livello globale. Necessario però avere certezze e regole che valgano per tutti. Un’azienda che produce agrofarmaci investe anche 200 milioni di ricerca e sviluppo su una sola molecola e ci mette fra i 10 e i 15 anni a registrare un prodotto. Necessita quindi di certezze del quadro normativo e dei processi di valutazione. Se una valutazione su una singola molecola viene fatta su spinte emotive, come appare accadere per glifosate, tale fenomeno apre un precedente pericoloso per qualsivoglia molecola in futuro, scoraggiando appunto investimenti e ricerca.
 
Preoccupazioni condivise anche da Fabio Manara di Compag, il quale ha denunciato l’emorragia di prodotti fitosanitari. Continuando a impoverire le armi di difesa al servizio degli agricoltori si rischia di aprire le porte a pratiche molto peggiori. La base della discussione sarebbe però divenuta più che altro politica, anziché scientifica. Peccato che, sempre secondo Manara, se si vuole parlare di made in Italy, prima bisogna lasciare liberi gli agricoltori di produrlo.
 
Al termine della tavola rotonda, si è incentrato su tossicologia e normativa l’intervento di Angelo Moretto, tossicologo del dipartimento di Scienze biomediche e cliniche dell’Università degli studi di Milano.
Moretto inizia definendo "obbrobrioso" il termine di “interferente endocrino”, dal momento che anche l’acqua modifica gli ormoni diuretici, così come lo zucchero modifica l‘insulina. Sarebbero quindi anche loro da considerarsi interferenti endocrini, visto che al momento una sostanza viene definita interferente endocrino in base a un’azione anziché al suo effetto.
 
Enorme la differenza sottolineata da Moretto anche fra i concetti di rischio e di pericolo, ovvero quelli troppo spesso confusi e usati in modo talvolta maramaldo per lanciare messaggi allarmanti. Infine gli Lmr, i quali non sono limiti sanitari, bensì sono basati sul rispetto di buone pratiche agricole.
 
Secondo Moretto le classificazioni in tossicologia hanno ben poco senso: non servono e talvolta fanno perfino danno. Per esempio nel gruppo 2A dello Iarc c’è glifosate, ma anche le bevande calde (a 65°) e la carne rossa. Da tali elenchi compartimentati non si trae quindi alcuna utilità in fase di valutazione. Nonostante ciò, si sono raccolte firme per abolire glifosate appena dopo l’inclusione dell'erbicida nel gruppo Iarc dei “Probabili cancerogeni”. Una conclusione peraltro contestata da Efsa, Echa e altre strutture che effettuano valutazioni sui rischi oggettivi.
 
A concludere il convegno, Michele Pisante, ordinario di Agronomia presso l’Università di Teramo. Ampia la disamina del professore sui benefici della semina su sodo e delle pratiche di minima lavorazione, sia in termini di rispetto del suolo, sia di emissioni in atmosfera. Un insieme di tecnologie che patirebbero dell’eventuale cancellazione di glifosate, strumento ritenuto essenziale per renderle applicabili.
 
 
Quindi, in somma sintesi, dal convegno si possono trarre le seguenti conclusioni:
  1. Considerata la cronica carenza italiana di persone adeguatamente preparate per andare a discutere nei working group europei, quelli dove si discute del destino di fattori strategici anche per il Belpaese.
  2. Vista l’avvilente precarietà e la mancanza di fondi che castra da sempre le migliori professionalità italiane, sia nel pubblico, sia nel privato.
  3. Preso atto che 12 milioni di agricoltori sono chiamati a nutrire 500 milioni di cittadini eurocomunitari, oggi e in futuro, ma pochi paiono consci di ciò.
  4. Constatata la profonda difficoltà che hanno scienza e associazionismo produttivo nell’interloquire e nel farsi ascoltare dalla politica.
  5. Appurato che acqua calda e carni rosse sono nella stessa classe Iarc di glifosate (figuriamoci come potrebbe essere classificato un bollito misto col brodo).
Non resta che sperare che a fronte delle istanze finalmente unite di comparto produttivo e associazionismo agricolo, alla politica non resti altro da fare che comprendere che a legare l’asino dove vuole padrona ideologia, forse si raccatta qualche voto nel breve periodo, ma si affonda il Paese nel lungo. Levare glifosate dalle mani degli agricoltori sarebbe come levare il bisturi da quelle dei chirurghi: ci se ne ricordi quando la politica italiana dovrà parlare in Europa per decidere in concreto, anziché a un convegno per persuadere e promettere.