Sul sito internet dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) il 15 marzo scorso è stato pubblicato il risultato della valutazione preliminare del rischio che il consumatore corre quando viene esposto ai residui di agrofarmaci attraverso i cibi. La valutazione, inizialmente prevista per 248 sostanze attive (171 in corso di valutazione europea e 77 già revocate ma ancora in circolazione), è stata alla fine condotta “solo” su 236 in quanto per 12 questo lavoro non è più risultato necessario in quanto i loro MRL[1] sono stati nel frattempo armonizzati a livello comunitario. In particolare questa attività è stata richiesta dalla Commissione europea nell’ambito delle procedure previste dal regolamento comunitario 396/2005 (riguardante “i livelli massimi di residui di antiparassitari nei prodotti alimentari e nei mangimi di origine vegetale e animale”) per verificare se gli MRL fissati a livello nazionale avevano le caratteristiche per poter essere adottati, inizialmente in modo provvisorio, anche a livello europeo.
Gli MRL così armonizzati verranno inseriti nell’Allegato III del regolamento, comprendente gli “MRL comunitari temporanei”, così denominati perché fissati sulla base di una serie di informazioni che permettono di escludere con ragionevole sicurezza la loro pericolosità per il consumatore, ma che non ne consentono la fissazione definitiva a livello comunitario. Il loro inserimento nell’allegato II del regolamento, comprendente gli “MRL comunitari”, avverrà in seguito.

La valutazione dell’Efsa è stata condotta sulla base delle informazioni fornite dagli stati membri in merito ai limiti massimi di residuo, alle diete di riferimento e ai cosiddetti “end-points” tossicologici[2] adottati a livello nazionale. Per la valutazione del rischio cosiddetto “acuto”, cioè il rischio che un ipotetico consumatore corre quando assume in brevi periodi di tempo (solitamente un pasto o una giornata) elevate quantità di derrate (es. scorpacciata di ciliegie) è stato naturalmente scelto come parametro tossicologico la “dose acuta di riferimento” (ArfD), quando presente. Per la valutazione del “rischio cronico”, il rischio che un ipotetico consumatore corre quando assume vita natural durante derrate contaminate con i residui è stato scelto il valore ADI (Acceptable Daily Intake), che rappresenta la quantità massima (espressa in mg per kg di peso corporeo per giorno) che può essere assunta giornalmente senza correre rischi. Qualora per la stessa sostanza fossero stati adottati valori diversi di ADI o di ArfD tra i paesi europei, nella valutazione è stato cautelativamente usato quello più penalizzante (più basso). Per il calcolo delle quantità giornaliere di sostanze assunte attraverso la dieta, è stato effettuato il calcolo della “TMDI” (Theoretical Maximum Daily Intake) che ipotizza che nelle derrate siano sempre presenti residui della sostanza in esame in quantità pari all’MRL più alto tra quelli in vigore nei paesi membri. Infine per il calcolo dell’assunzione giornaliera di cibo sono stati usati 26 tipi di dieta tra diete nazionali, europee e mondiali (WHO-FAO).
Il quantitativo giornaliero di sostanza attiva assunta con la dieta è stato infine confrontato con i valori di ADI e di ArfD. Anche in queste condizioni limite quasi il 40% dei principi attivi oggetto della ricerca sono risultati perfettamente sicuri per il consumatore, mentre negli altri casi l’esame dovrà essere approfondito adottando scenari di valutazione più rappresentativi della realtà giornaliera.

[1] Limiti massimi di residuo

[2] Valori numerici caratteristici della sostanza che ne sintetizzano la sua dannosità a breve e lungo termine e che sono usati come parametri nei modelli di valutazione del rischio