I motivi di questo sdoganamento sono da ricercarsi nell'evoluzione delle esigenze del consumatore moderno, nell'esplosione dei superfood e nella ricerca di nuove opportunità di reddito dei frutticoltori stritolati dalla crisi.
Ecco qualche numero. Se ne coltivano 110mila ettari in Cina e in India, 80mila in Iran, 8mila in Turchia, 2mila in Israele, più di 4mila in Spagna e quasi 2mila in Tunisia. Per un totale di tre milioni di tonnellate di frutti che, per la maggior parte, viene trasformata in succo. In Italia il sud è l'area più vocata, ma questo non ha fermato produttori del centro e del nord Italia. La produzione italiana riguarda solo il 30% circa del mercato.
MELOGRANO
Uno sguardo al mercato
"La melagrana è in grande crescita - spiega Alessandro Cenzuales, responsabile ortofrutta di Terremerse -, sia per il mercato fresco che per l'industria. Il crescente trend è da ricercarsi nelle proprietà benefiche che presenta: è ricca di sali minerali, vitamine e polifenoli. Tutti elementi molto salutari e dall'elevato potere antiossidante.Dobbiamo dire che in Italia il melograno esiste da sempre, ma è sempre stato visto come un prodotto minore. E soprattutto non è mai stato proposto in modo strutturato al consumatore.
Si adatta bene ai nostri ambienti, diventando così un'interessante opportunità per i produttori. Oggi infatti si iniziano a produrre quantità rilevanti, facendo diventare il made in Italy una realtà.
Terremerse dal 2012 ha iniziato un progetto dedicato al melograno, localizzandolo soprattutto nel sud Italia dove crediamo possa esprimere al meglio la sua produttività e qualità. I produttori ci sono venuti dietro e le richieste per far parte del progetto sono maggiori di quelle che possiamo sostenere. Anche perché non vogliamo inflazionare il mercato fin da subito, per dare ai soci il giusto reddito. Al momento la domanda è ancora buona e contemporaneamente c'è ancora poco prodotto italiano: lo spazio di crescita così è ampio, sia per il convezionale che per il biologico.
Nei prossimi anni andranno in produzione un centinaio di ettari e la situazione potrebbe cambiare, con eccedenza di prodotto. Ma qui dovremo lavorare per non ridurre il prezzo di liquidazione. Ad esempio differenziare ulteriormente i mercati di destinazione e aumentare il calendario di consumo. Così potremo usare la totalità della produzione, che oggi invece non è sempre possibile vista la delicatezza del frutto".
Frutto di melograno varietà Wonderful One, la più coltivata
(Fonte foto: © AgroNotizie)
Cosa serve per coltivarlo?
"Il melograno vuole calore e luce - dice Mattia Onofri, responsabile tecnico di Terremerse -. Per questo motivo si adatta meglio agli ambienti del centro-sud Italia. Qui riesce ad esprimersi al meglio, garantendo con più facilità rese e qualità. Il terreno deve avere buona fertilità e limitare i ristagni idrici. Per questo motivo le piante andranno adagiate su un soffice cuscino ricco di nutrienti: una leggera baulatura delle file che può raggiungere un'altezza di 30-40 cm. Il tutto viene pacciamato con telo di colore bianco, per favorire l'irraggiamento delle piante e dei frutti. Il sesto d'impianto che noi consigliamo è 6x3,5 metri. L'impianto dovrà essere dotato di un sistema di fertirrigazione. Il fabbisogno di acqua è stimato in 7mila m3 ad ettaro. Le varietà che abbiamo scelto sono Wonderful One e Acco* Ako®, perché colorate e dal sapore riconoscibile.Si inizia a raccogliere già al secondo anno, con pochi frutti per pianta. Al terzo-quarto la produzione raggiunge circa il 50% del suo potenziale, circa 150 ql/ettaro. Entra in piena produzione al quinto anno, con valori di 250-300 ql/ettaro. La durata dell'impianto può essere di circa 20-25 anni.
All'inizio costa dai 13 ai 22mila euro all'ettaro, in base alle scelte agronomiche e vivaistiche che vengono fatte. Dal primo al quinto anno circa servono però 300-400 ore di manutenzione che aumentano a circa 600 ore dal quinto anno in poi. La Plv che si può raggiungere è di circa 25-40mila euro all'ettaro".
Impianto di melograno coltivato col metodo 'israeliano'
(Fonte foto: © AgroNotizie)
La Puglia è una 'pomegranate experience'
Sul nostro territorio le zone più vocate sono quelle del meridione, ed in particolare la Puglia. A Grottaglie (Ta) c'è un giovane produttore che ha creato un innovativo progetto: 'Melograno made In Italy'."Facciamo melograno a 360° - spiega Giacomo Linoci, titolare dell'Az. Agr. Linoci Melograno made in Italy -: dalla produzione delle piante alla fornitura del know how, dalla realizzazione dell'impianto alla commercializzazione del prodotto. I nostri mercati di riferimento sono la Gdo, i mercati all'ingrosso e le consegne dirette.
I nostri terreni hanno le caratteristiche pedo-climatiche adatte per produrre frutti esteticamente bellissimi e dall'ottimo profilo organolettico. La melagrana è un frutto che riporta subito ai ricordi dell'infanzia, e questo facilita l'apprezzamento da parte del consumatore. Inoltre più passa il tempo e più questo frutto si trova con facilità nei punti vendita. Lo si trova ormai in molti bar e supermercati. Ed i suoi benefici per la salute smuovono anche le coscienze più restie.
Per coltivarlo c'è bisogno di un terreno soleggiato, asciutto e ben drenato. E poi tanta voglia di fare delle melagrane belle e buone. La mia ostinazione verso l'estetica di questo frutto non è casuale: le melagrane prima che per i suoi benefici sulla salute si vendono perché sono belle. Sono frutti particolari, che racchiudono al loro interno una sorpresa: quegli arilli rosso rubino di cui i bambini vanno matti. Mi stupisco quando i bambini gioiscono al suo sapore agrodolce".
Dal 2012 Terremerse ha avviato un progetto per sviluppare la coltivazione di melograno
(Fonte foto: ©Terremerse)
Granrossa, la melagrana ionica
L’unione fa la forza e dà, come in questo caso, letteralmente 'buoni frutti'. Dopo tre anni di studio nasce Granrossa, brand che identifica la melagrana coltivata nell’arco ionico e dunque tra Puglia, Basilicata e Calabria. I frutti nascono nelle aziende agricole della famiglia Peviani e confluiscono tutte nell'Op Athena che con la Op Agricor ha unito intenti e sforzi."Negli ultimi anni - spiega Natalino Gallo, presidente di Op Agricor - la melagrana è entrata con forza nelle case degli italiani e la sua versatilità lo rende ideale per il consumo in diverse occasioni della giornata e con diverse modalità. Oggi la nuova Op può contare su una produzione di 130 ettari: sono appena stati piantati 15 ettari in biologico e nel giro di tre anni si prevede di arrivare a 200 ettari totali. La raccolta 2017 è iniziata i primi giorni di settembre e proseguirà sino alla fine di novembre, dopo di che i frutti saranno conservati nelle celle fino ad esaurimento. Sei sono le varietà che si stanno coltivando: ciò genera epoche di maturazione diverse e dunque un’ottima copertura della domanda. L’intento è quello di garantire il massimo livello di dolcezza ai frutti, che per questo motivo vengono portati a maturazione sulla pianta".
"Con Granrossa - commenta Andrea Peviani, coordinatore del reparto commerciale dell’azienda di famiglia - vogliamo raccontare al consumatore finale la straordinarietà del territorio in cui viene prodotta la nostra melagrana. Straordinarietà che si riflette nella qualità che riusciamo ad esprimere sul campo. Già da anni Peviani Group commercializza melagrana 12 mesi all’anno, spaziando da Israele alla Turchia, dal Sud Africa al Perù, ma un prodotto con delle caratteristiche così straordinarie non si era davvero mai visto”.
Il melograno piace ai consumatori anche per il suo aspetto
(Fonte foto: © AgroNotizie)
Il melograno si può fare anche al nord
Anche il nord Italia inizia a vedere nel melograno un'opportunità. Diverse sono le realtà che ci hanno provato con successo, anche in presenza di difficoltà ambientali maggiori rispetto a longitudini più basse. Un esempio è la startup Melovita, grazie alla quale il melograno è arrivato in Veneto."La scelta di puntare sul melograno - spiega Andrea Barbetta, ideatore del progetto - è nata dall’idea di cambiare rispetto alle tradizionali coltivazioni del nostro territorio. Le più recenti scoperte scientifiche hanno rivalutato questo frutto creando un mercato molto interessante, e per questo motivo abbiamo deciso di avviarne una coltivazione.
La melagrana è un alleato importante per rafforzare l’organismo; è inoltre poco calorico (circa 60 kcal per 100 grammi) ed è anche utile per depurare l’organismo e stimolare la diuresi.
Il progetto Melovita si è sviluppata ad H Farm ed ora riunisce alcuni coltivatori delle province di Padova e Vicenza. Il prodotto principale è uno snack con arilli di melograno già sgranati: un prodotto ready to eat in una confezione biodegradabile in bioplastica. A questo seguiranno poi prodotti correlati che riguardano solo ed esclusivamente il melograno come succhi, confetture e quant’altro. Ma non è finita qui, perché del melograno non buttiamo via niente! Normalmente infatti il 50% del melograno è scarto. Ma noi vogliamo riutilizzare questo scarto con un duplice obiettivo: estrarre sostanze, principalmente antiossidanti, che potranno essere usate in ambito cosmetico e farmaceutico e poi creare un biopolimero con cui costruiremo il nostro packaging, in modo da rimettere i semi di melograno all’interno del frutto sotto forma di contenitore. In pieno stile circular economy".
Il melograno è molto apprezzato per le sue qualità nutraceutiche
(Fonte foto: © LeeTrivathan-Pixabay)
Anche la Romagna vede spuntare le prime sperimentazioni e i primi successi.
"Avevamo diversi ettari coltivati a kiwi - racconta Marika Servadei, dell'azienda Rio del Sol -, ma con l'arrivo della batteriosi abbiamo deciso di abbattere una parte dell'impianto e coltivare altre piante. Tra quelle più interessanti c'era il melograno. Questa pianta cresce spontaneamente nelle colline romagnole, il vero problema era renderla di reddito. E così abbiamo studiato e ci siamo documentati.
Abbiamo scelto due varietà, Wonderful One e Acco* Ako®, che presentano un bel colore rosso del frutto, arilli rosso rubino ed elevata quantità di antiossidanti. Il sistema d'allevamento su cui abbiamo puntato è quello 'israeliano'.
Il nostro terreno però è ricco d'argilla. E qui c'è il punto più critico. Dovevamo ridurre al minimo i ristagni d'acqua, perché il melograno vuole essere irrigato in modo continuo ma non vuole nessun tipo di accumulo. Per evitare questo abbiamo enfatizzato al massimo il 'cuscino' fertile sotto la pianta e la baulatura che ne derivava, raggiungendo i 60-80 cm d'altezza (30-50 cm di più di quanto si fa al sud). Il tutto è poi pacciamato con un film plastico di colore bianco, per migliorare l'esposizione dei frutti e limitare il cracking. E poi abbiamo interrato due file di ali gocciolanti per la fertirrigazione: una a destra e l'altra a sinistra delle piante.
Vendiamo sia prodotto fresco che succhi 100% melograno. Inoltre recentemente abbiamo creato sia la gelatina, adatta per uso culinario, che il brulè, un succo con spezie tipiche della bevanda romagnola a base di vino".
Per scoprirne di più guarda il video-documentario creato dalla redazione di Plantgest: così potrai scoprire come coltivarlo e quali opportunità può dare.