Le più recenti previsioni elaborate da Ismea indicano un'offerta mondiale di frumento duro in calo del 2,3% nel 2017, con valori che scenderebbero a 39 milioni di tonnellate.

Parallelamente i consumi sono stimati in lieve aumento dello 0,5% (38,9 milioni di tonnellate).
Il Canada, secondo l'International grains council, rimane il primo produttore mondiale con 5,8 milioni di tonnellate, ma con un calo del 26% rispetto alla passata stagione. L'Italia con 4,2 milioni di tonnellate (-16%) riconquista il secondo gradino del podio.

Anche le previsioni di Areté, presentate a Foggia in occasione di Durum Days 2017 lo scorso 18 maggio, hanno stimato un calo della produzione in 4,5 milioni di tonnellate, su una superficie di 1,27 milioni di ettari.
Rispetto alla stagione precedente la riduzione delle semine è dell’8,25%. In calo anche le rese del 4,23%, con un valore che si attesta a 3,55 tonnellate per ettaro.

Leggermente migliori le previsioni di Istat che ipotizzano 1,28 milioni di ettari coltivati per un decremento del 7,3%

Guardando nel dettaglio le varie aree produttive, secondo il Crea gli ettari coltivati nella stagione 2016-2017 sono stati oltre 1,3 milioni: -5,4% nel Centro Italia, -7,4% nel Sud Italia e -9,1% nel Nord Italia.
 
Il reddito dei cerealicoltori è sempre meno
(Fonte foto: © Hotblack - Morguefile)
 

Sempre meno reddito

"La produzione di frumento duro quest'anno è stata minore - spiega Laura Gazza, ricercatrice del Crea - Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali - a causa dell'andamento climatico siccitoso e della riduzione delle superfici coltivate. E' da sottolineare però che l'anno scorso è stata un'annata record.
La resa è stata minore rispetto alla scorsa campagna ma con un contenuto proteico decisamente elevato".

"L'agricoltore italiano si stia disinnamorando di questa coltura: il calo permanente dei prezzi sta affossando la reddittività. La scorsa settimana il prezzo di vendita era 22-24 euro/quintale, troppo poco".
 

Innovare per evolvere

Anche per il settore del frumento è necessario modernizzarsi in base alle nuove esigenze. E qui l'innovazione varietale e tecnica è fondamentale.

"Da anni stiamo sperimentando varietà - afferma Gazza - Fino ad oggi i principali parametri su cui ci si è soffermati sono stati: resa produttiva (ql/ettaro), produttività totale e l'indicatore W per misurare la tenacità del glutine. Questi ne determinavano il valore. 
Oggi però questi parametri forse non sono così attuali. Per questo motivo si sta lavorando su varietà con altre caratteristiche: basso valore in glutine, presenza di elementi nutraceutici, miglioramento delle rese agronomiche, resistenza alla siccità, resistenza alle principali malattie".

Un lavoro fondamentale sul quale però pesa l'incertezza del futuro: "Entro il 31 dicembre 2017 dovremo chiudere molti progetti, se il ministero non li rifinanzierà - spiega Gazza - Per portare avanti le tre principali attività basta poco, circa 20mila euro all'anno".
 
Il seme certificato è essenziale per dare qualità
(Fonte foto:  © Amjorsfeldt - Morguefile)

Anche per Assosementi il futuro del frumento duro in Italia passa attraverso la ricerca e l’innovazione.
"Da anni lavoriamo sul fronte del miglioramento genetico" spiega Franco Brazzabeni, presidente della sezione cereali di Assosementi.

"Un risultato della nostra attività è stato il costante incremento delle produzioni: fino ad un quintale di granella per ettaro in più ogni tre anni. Negli ultimi 15 anni, anche grazie all’attività di miglioramento genetico, nell’Unione europea la produzione di frumento è cresciuta di oltre 22 milioni di tonnellate, un risultato che ha contribuito a mantenere più bassi i prezzi dei prodotti finiti, a vantaggio anche dei consumatori".

"La ricerca odierna è in grado di fornire varietà che meglio si adattano a stress biotici, ad esempio la presenza di fusariosi ed il ridotto accumulo di Don (micotossina Deossinivalenolo), e abiotici, come la siccità e la salinità dei suoli. Queste novità consentono inoltre un incremento del tenore proteico" prosegue Brazzabeni, che sottolinea come il settore sementiero guardi con interesse alle nuove tecniche di genome editing
 
Il nuovo materiale vegetale ha incrementato costantemente la produttività
(Fonte foto: ©Slavomir-Pancevac - Fotolia)
 

Il seme deve essere certificato

Il seme certificato è il punto di partenza di tutte le filiere di qualità e lo strumento indispensabile per valorizzare le produzioni agricole e sostenere la redditività aziendale. 

"La certificazione e la concia industriale della semente incidono solo per il 2% sul costo totale della produzione agricola, ma offrono in cambio vantaggi concreti: garanzia di germinabilità, purezza e assenza di pericolosi patogeni. Impiegare seme certificato assicura inoltre di operare nella piena legalità" continua Brazzabeni.

"Purtroppo non è facile dare una dimensione precisa al fenomeno della commercializzazione di sementi non certificate sul nostro territorio, tuttavia sappiamo che per alcune specie i livelli sono davvero significativi. Ad esempio per il grano duro l’impiego di sementi non certificate raggiunge picchi anche del 50%, pari a circa 140 mila tonnellate".

Per informazioni sul frumento duro (guarda la pagina dedicata) e sulle varietà da coltivare è possibile consultare Plantgest.com. Al suo interno approfondimenti sulle novità varietali e tecniche per rimanere sempre aggiornati in pochi minuti.