Una ricerca scientifica, giunta al secondo anno di sperimentazione, commissionata dal Consorzio di tutela del kiwi di Verona al Centro Studi Agrea, società veronese specializzata in fitoiatria che opera nell'ambito della ricerca e sperimentazione in agricoltura, ha ottenuto, attraverso sperimentazioni in campo, risultati interessanti e promettenti per contenere in modo significativo l’infezione del batterio attraverso soluzioni contenenti sali di rame e attivatori delle difese delle piante ma resta fondamentale una linea di difesa coordinata da parte dei produttori per un’efficacia maggiore. Il batterio colpisce solo la pianta del kiwi, non il frutto.
Le zone con la maggiore concentrazione di frutteti si trovano a Valeggio sul Mincio, Villafranca, Mozzecane, Sommacampagna, Sona, Bussolengo e Pescantina. La provincia di Verona rappresenta l’80%, della produzione regionale che a sua volta rappresenta il 13% della produzione nazionale (terza Regione italiana). Del resto, l’Italia è il principale produttore a livello mondiale con 24.000 ettari coltivati per una produzione di 460.000 tonnellate (Dati Istat 2010) di cui il 70% esportato prevalentemente nei Paesi europei, tra i quali la Germania.
Appare quindi di estrema importanza e urgenza la sperimentazione di alcune strategie di difesa al fine di individuare una serie di misure atte a contenere l’espansione del Psa, Pseudomonas syringae pv actinidiae, nell’areale del territorio per permettere la ricostruzione degli impianti già colpiti
Attualmente per questo batterio non esistono azioni curative se non l’asportazione e la bruciatura della piante colpite (per tentare di limitare l’inoculo ambientale) e per quanto riguarda la protezione preventiva delle piante non risultano essere stati fin’ora individuati prodotti o strategie efficaci.
Molto importante, quindi la sperimentazione messa in campo dal Consorzio e da Agrea, grazie al finanziamento tra gli altri della Camera di Commercio e della Provincia di Verona, al fine di valutare i prodotti o le strategie migliori per il contenimento della malattia che prevede l’applicazione dei prodotti rivelatesi più promettenti direttamente in un campo sperimentale allestito ad hoc.
“La ricerca – spiega Fausto Bertaiola, presidente del Consorzio di tutela del kiwi di Verona - è nata dalla richiesta degli agricoltori di conoscere cosa fare in concreto per prevenire il batterio. Infatti, a livello nazionale e regionale sono in corso ricerche scientifiche per risolvere il problema all’origine ma i risultati si avranno in tempi medio-lunghi. Una volta individuati gli strumenti e stabilito che funzionano, è di estrema importanza che questi siano utilizzati in modo sistematico su vasta scala per avere una maggiore efficacia. In questo modo ci sono più probabilità di raffreddare la malattia e portare avanti le coltivazioni”.
La foglia di una pianta malata
La sperimentazione
La sperimentazione di Agrea consiste in una prova in un campo sperimentale parcellare a blocchi randomizzati con l’applicazione ripetuta dei prodotti rivelatisi più promettenti, ossia sali di rame, un attivatore delle difese della pianta e durante la fase della fioritura anche un paio di batteri antagonisti. La prova si compone di circa 10 tesi, con 4-5 ripetizioni su varietà Hayward. Ciascun blocco è costituito da 4 piante per un totale di circa 200 piante (10 prodotti in 4-5 ripetizioni). Il campo è sottoposto a infezione naturale per provvedere alla sperimentazione dei prodotti.
“La realizzazione del campo sperimentale a Zevio (Vr) – riporta Lorenzo Tosi, responsabile della ricerca - Agrea segue un protocollo unico concordato e condiviso da altre Regioni che hanno già allestito campi sperimentali analoghi (Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio). I dati ottenuti sono così confrontabili e complessivamente la ripetizione delle prove in diversi areali, con condizioni pedoclimatiche differenti, permette di valutare la migliore strategia di difesa. Consigliamo di effettuare i trattamenti dopo ogni pioggia. Il trattamento, da fare soprattutto sulle piante sane ma anche su quelle malate, ha una copertura di una decina di giorni, poi va ripetuto”.
L’attività di monitoraggio da parte del Servizio Fitosanitario Regionale rappresenta un punto di riferimento per il territorio.
La batteriosi
Il cancro batterico causato da Pseudomonas syringae pv. actinidiae è la più pericolosa delle malattie batteriche vegetali che colpiscono solamente l’actinidia ed è in grado di portare in breve tempo alla morte le piante colpite. La batteriosi colpisce sia l’Actinidia deliciosa (Kiwi verde, che è la specie di gran lunga più coltivata in Italia e in Veneto) sia l’Actinidia chinensis (Kiwi giallo) che ha dimostrato una maggiore sensibilità alla malattia.
Il batterio penetra all’interno della pianta attraverso vari punti: tagli di potatura, ferite di varia natura, punti di distacco dei frutti e delle foglie. Il batterio si moltiplica e invade i tessuti vascolari causandone in tempi rapidi (1 o 2 anni) un progressivo deperimento fino alla morte.
La batteriosi è stata segnalata per la prima volta in modo epidemico nel Lazio nel 2008, nelle provincie di Latina e Roma; nel 2009 è stata rinvenuta in Emilia-Romagna e Piemonte, nel 2010 in Veneto e nel 2011 in Friuli e Calabria.
Negli stessi anni è stata anche ritrovata in altri Paesi produttori: Nuova Zelanda , Francia , Portogallo , Spagna , Cile ed Argentina. Si tratta pertanto di una vera epidemia.
La situazione a Verona
La coltivazione del kiwi in Veneto è iniziata verso la metà degli anni ’70 e si è progressivamente ampliata soprattutto nelle zone del veronese. Lì ha parzialmente sostituito il pesco, coltura che ha subito gravi problemi fitosanitari (Sharka) ed economici per l’influenza di altri mercati di produzione.
Il batterio si è diffuso nelle zone caratteristiche del prodotto ma anche dove la coltura del kiwi è poco rappresentativa a causa della presenza di giovani impianti infetti. Non sono sfuggiti agli attacchi di Psa anche frutteti isolati sia giovani che vecchi dove presumibilmente il batterio è giunto grazie a temporali o trasportato da uccelli.
Dall’analisi e studio della malattia, si può affermare che la diffusione all’interno dell’appezzamento avviene a partire dalla zona più vicina alla fonte d’infezione e decresce man mano che ci si allontana dalla stessa; gli impianti sotto rete antigrandine manifestano i sintomi in maniera ridotta rispetto a quelli fuori rete. La trasmissione del batterio avviene da foglia a legno tramite il picciolo. Si assiste ad un progressivo peggioramento delle condizioni fitosanitarie degli impianti colpiti da Psa che si manifesta con una forte riduzione delle produzioni e ad un deperimento delle piante infette fino all’eliminazione dell’intero appezzamento.
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