Secondo quanto rilevato dalla Confederazione, non sarebbero previste variazioni delle aree destinate a grano duro nel sud della penisola. Dovrebbero, infatti, rimanere ferme a quota 925mila ettari come nella scorsa campagna.
Un valore positivo non solo dal punto di vista quantitativo, ma - osserva Cia - anche qualitativo "grazie alle buone condizioni climatiche durante la fase di semina".
Diversa la situazione se ci spostiamo al Centro "dove le piogge torrenziali tra novembre e dicembre hanno di fatto ritardato se non impedito del tutto le operazioni di semina".
Tale situazione avrebbe ridotto del 30 per cento la superficie destinata al cereale tipicamente mediterraneo nelle aree interne della Toscana, mentre sul litorale tirrenico i valori indicherebbero riduzioni del 60 per cento sul dato dello scorso anno.
"Dati ancora provvisori che se confermati - puntualizza Cia - avrebbero effetti disastrosi dal punto di vista economico per le aziende agricole, soprattutto in un momento in cui i prezzi di listino si prevedono remunerativi, anche a seguito della diminuzione della produzione mondiale".
Il crollo delle superfici coltivate suscita preoccupazione anche sotto il profilo paesaggistico e ambientale, dal momento che gran parte delle semine delle aree interne del centro avviene su colline scoscese a forte rischio di abbandono e di dissesto idrogeologico.
"Il nostro auspicio - conclude Cia - è che le migliorate condizioni climatiche possano ancora favorire le semine tardive. Nel frattempo è vitale accelerare tutte le pratiche di sostegno alle aziende agricole colpite dal maltempo estremo e che hanno visto riconosciuto lo stato di calamità".
Coldiretti; 10 mila ettari in meno di riso
Sul fronte stime, anche Coldiretti manifesta preoccupazioni per la contrazione, in questo caso, delle superfici a riso registrata sulla base delle dichiarazioni di semina dei produttori per la prossima stagione.
Sarebbero oltre 10mila gli ettari in meno investiti dal cereale e sostituiti da soia e mais. Un calo in termini di prodotto corrispondente a circa mezzo milione di quintali.
“Le quotazioni hanno subito un crollo – spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia. In tre anni il Carnaroli ha perso il 49 per cento del valore passando da 673 a 340 euro a tonnellata, mentre l’Arborio ha subito un calo di oltre il 40 per cento, da 576 a 335 euro a tonnellata. Con questi prezzi, considerato anche l’aumento dei costi del carburante, gli agricoltori non riescono a coprire le spese”.
Se le previsioni venissero confermate, nel 2013 potremmo scendere al di sotto dei 210mila ettari destinati a riso. Una conferma del trend negativo iniziato tra il 2011 e il 2012 con una riduzione delle superfici del 4,66 per cento.