Il 21 marzo scorso, a Sartirana (Pv), assieme all'Università di Torino, è stato fatto il punto sui risultati del 2017.
Hanno partecipato al progetto trentanove aziende in cinque province fra Lombardia e Piemonte per complessivi 168,53 ettari coinvolti. Le piantine di riso vengono preparate in vivaio, come succede per i pomodori e poi trapiantate. "I prezzi del risone - ha detto Mario Zefelippo, agronomo, coordinatore del progetto - stanno vivendo una congiuntura sfavorevole. Negli ultimi sette anni il prezzo del risone convenzionale è sceso del 25% mediamente mentre quelli del biologico sono aumentati in media del 64%. Il punto è che, nella risicoltura biologica, va risolto il problema della gestione delle infestanti".
E' proprio con in mente questo obiettivo che, due anni fa, è partito il progetto, con il finanziamento del Psr della Regione Lombardia.
Diversi sono i vantaggi che offre il trapianto meccanico: "Si parte con piantine già sviluppate e quindi più forti delle infestanti, si risparmia nell'uso dell'acqua, si ha un ciclo colturale breve potendo quindi introdurre, prima del riso, altre colture che faranno reddito", ha continuato Mario Zefelippo. Durante l'annata 2017 si sono ottenuti buoni risultati in vivaio e sono state perfezionate le macchine per il trapianto, difficoltà invece sono state riscontrate sulla sarchiatura ed è su questo punto che le aziende coinvolte e i ricercatori del Disafa di Torino si concentreranno.
In serra si preparano i tappetini di semina: "Seminiamo su una miscela di torbe riso pre-germinato, lo ricopriamo con un'altra miscela di torbe e poi lo bagniamo", ha raccontato Alberto Tartara dei Vivai Tassinario e ha continuato: "Cercheremo quest'anno di essere più precisi nella semina in modo che la macchina che trapianta possa strappare correttamente le piantine e piantarle uniformemente. Vanno piantate su terreno fangoso o con un filo d'acqua".
Le macchine che trapiantano sono state perfezionate in questi due anni, la criticità che invece è stata riscontrata riguarda la sarchiatura: "Il primo anno abbiamo sarchiato in asciutta ma il prototipo si trovava in difficoltà quando il campo aveva delle parti umide" ha raccontato Matteo Rossi, uno degli agricoltori che partecipa al progetto. "Il secondo anno abbiamo optato per l'acqua, ma il nuovo prototipo di sarchiatrice ha creato problemi, la macchina era troppo pesante, la sarchiatrice affondava. Abbiamo fatto tentativi con altre sarchiatrici ma è molto importante andare in campo al momento giusto, quando le infestanti non sono troppo sviluppate".
"Le infestanti vanno contenute dopo la prima settimana, i primi dieci giorni dal trapianto, è quello il momento più delicato" gli ha fatto eco Marco Zafferoni de La Bertolina, azienda capofila del progetto. "La piantina di riso è ancora debole ma ha comunque un vantaggio sulle malerbe. Se si riescono a contenere le malerbe in quel periodo poi la pianta di riso si rafforza".
Proprio sulla soluzione dei problemi di sarchiatura e di conseguenza sull'aumento delle produzioni, per avvicinarsi il più possibile a quelle del convenzionale, si concentrerà il terzo anno di sperimentazione.
Per quanto riguarda invece la sostenibilità della tecnica del trapianto meccanico, le aziende coinvolte sono convinte che si possa trovare marginalità: "Più che fare un calcolo economico al momento, va fatto un discorso di prospettiva. All'interno del biologico - ha detto ancora Zafferoni - questo prodotto si posiziona nella fascia più alta del mercato e quindi i costi rientrano all'interno della fattibilità dell'operazione. Ciò che è importante è la produzione, più noi ci avviciniamo alla produzione del convenzionale, obiettivo molto elevato, tanto più la tecnica diventa redditizia".