Nelle scorse settimane, in occasione della Conferenza Italia-Africa a Roma, è stato presentato il Piano Mattei per l'Africa, finalizzato a rafforzare il partenariato tra l'Italia e i Paesi africani mediante l'erogazione, nei prossimi quattro anni, di fondi per un valore pari a 5,5 miliardi di euro.

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Secondo i dati dell'Osservatorio Economico del Ministero degli Affari Esteri, nel 2022 vi sono stati 502 milioni di euro di investimenti diretti dall'Italia verso Paesi del continente africano, con un interscambio fra Italia e Africa superiore a 69 miliardi di euro, rendendo l'Italia il secondo Paese al mondo per import di prodotti africani (con un particolare focus su materie prime) e l'undicesimo per export (con focus su macchinari per vario impiego, nonché su prodotti derivanti dalla raffinazione di petrolio).

 

Questi i dati economici di scenario in cui si inserisce il Piano Mattei - ispirato fin nel nome a un leader visionario come Enrico Mattei, in grado di rivoluzionare il settore dell'economia petrolifera - che rappresenta, leggiamo su Il Sole 24 Ore, "un documento programmatico strategico volto a promuovere lo sviluppo italiano nel continente africano, mediante l'individuazione degli ambiti di intervento e priorità, con focus, tra le altre, sulla promozione delle esportazioni e degli investimenti, sul potenziamento delle infrastrutture digitali, nonché la valorizzazione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'economia circolare".

 

Non manca l'agricoltura in questo ampio contesto di alleanze, che prevedono, nella fattispecie, la costruzione di un centro di eccellenza per la formazione professionale in Marocco sul tema delle energie rinnovabili; la riqualificazione delle infrastrutture scolastiche in Tunisia; il miglioramento dell'accessibilità ai servizi primari in Costa d'Avorio; il progetto di monitoraggio sull'agricoltura in Algeria; la costruzione di un centro agroalimentare in Mozambico e di un'area di produzione di cereali e legumi in Egitto; lo sviluppo di alcuni progetti idrici in Tunisia, Congo ed Etiopia, nonché di una filiera di biocarburanti in Kenya; il completamento di infrastrutture di connessione (principalmente energetiche) tra il continente europeo e africano.

 

Le premesse sono, pertanto, positive ed elevano il ruolo dell'Italia potenzialmente a coordinatore di una rete di azioni in grado di migliorare lo stato di salute dell'Africa in una fase in cui il contesto agricolo del continente è minacciato da feroci cambiamenti climatici, per non parlare di guerre, instabilità politica e crisi economiche.

 

Qualcosa per l'Africa è necessario fare, abbandonando la logica colonialista, ma appunto adottando l'approccio attuato da Enrico Mattei, quando portò gli accordi sui profitti dell'estrazione del petrolio in favore dei Paesi produttori. Un'azione rivoluzionaria (probabilmente la guerra alle cosiddette "Sette sorelle" del petrolio gli provocò la morte nel misterioso incidente aereo che lo vide precipitare a Bascapè, nel pavese), che deve oggi ispirarci in una nuova alleanza costruttiva per rilanciare la crescita nei settori cruciali come la sanità, la scuola, la ricerca, l'economia, le infrastrutture, dando concretezza agli accordi doganali di libero scambio che coinvolgono quasi tutti i Paesi dell'Africa.

 

Attendiamo con fiducia la prima fase programmatica entro la fine di questo primo semestre dell'anno, nella speranza che l'Italia possa diventare coprotagonista della rinascita del continente più ricco del mondo in termini di risorse naturali e potenzialità. Sarebbe un successo anche in chiave geopolitica, alla luce della marcata presenza di Russia e Cina in molte realtà africane. Guai, però, a considerare l'Africa come la "quarta sponda" del Mediterraneo in chiave neoimperialista.

 

Dobbiamo portare sviluppo, progresso, tecnologia, anche in agricoltura e nel settore agroalimentare. E in quest'ottica una spinta alle Indicazioni Geografiche, strumento utile per valorizzare le produzioni locali con un rafforzamento del ritorno economico, potrebbe essere strategica, insieme al rafforzamento di nuovi modelli di agricoltura rigenerativa, di adozione di energie da fonti rinnovabili, agricoltura di precisione, digitalizzazione, Tecnologie di Evoluzione Assistita (Tea) (uno degli ambiti del Piano Mattei riguarda lo sviluppo del settore sementiero, accanto alla formazione delle nuove generazioni), l'agricoltura verticale per assicurare forniture di cibo fresco alle metropoli, le infrastrutture e la logistica, la gestione dell'acqua (non attraverso micropozzi, ma con grandi opere per evitare che si espandano le zone aride, come il rischio della scomparsa del Lago Ciad sta a dimostrare).

 

Ma l'importante è ispirarsi a quel formidabile capitano d'industria che fu proprio Mattei: pensiamo in grande. E, magari, coinvolgiamo anche Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti.