Continuano a calare i prezzi del grano duro fino da pastificazione nelle Borse Merci dell'Italia meridionale. Ultimo tonfo quello di Altamura, registrato venerdì scorso: il 1° settembre sono andati in fumo altri 30 euro alla tonnellata per una quotazione pervenuta così tra 395 e 400 euro alla tonnellata. In mattinata di oggi, 5 settembre 2023, a Bari il cereale pastificabile nazionale ha perso altri 7 euro calando su una forchetta di 388-398 euro alla tonnellata. Mentre pochi minuti fa da Borsa Merci Napoli giunge una prima buona notizia: sono confermate le quotazioni del 29 agosto attestate a 410 euro alla tonnellata sui minimi e 415 sui massimi.

 

Rispetto alle quotazioni di sole due settimane fa è comunque un tracollo ed è tanto più insensato se si osservano i più recenti prezzi internazionali traslati in euro. Ma che cosa sta realmente succedendo? Difficile dirlo, occorre innanzitutto fare una ricognizione di quanto avvenuto negli ultimi giorni sulle sponde del Mediterraneo, con un occhio a Soci, sul Mar Nero, dove ieri, 4 settembre 2023, si sono incontrati il presidente russo Vladimir Putin ed il primo ministro turco, Recep Tayyip Ergogan, per avviare le trattative per riaprire il corridoio tra Bosforo e Dardanelli, finalizzato a facilitare l'export di cereali dall'Ucraina.

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Nord Africa, prezzi elevati

A far scattare la rabbia dei cerealicoltori italiani sono i prezzi allo sbarco praticati all'ultima asta in Algeria tenutasi il 31 agosto: tra 427 e 450 euro alla tonnellata. A questi valori il Governo di Algeri ha acquistato 900 tonnellate di grano duro fino canadese. Eppure, un'altra asta governativa, questa volta tenutasi in Tunisia solo il giorno prima, aveva visto il gruppo italiano Casillo piazzare un'ingente quantità di grano duro fino a 393 euro alla tonnellata, miglior prezzo presentato in asta. Un evento che sembra destinato a rimanere isolato, ma sicuramente condizionato dall'ondata di cali intervenuta in Italia nella scorsa settimana e dal prezzo praticato dalla Turchia agli acquirenti italiani, 390 euro alla tonnellata, secondo alcune fonti, ancora meno - 360 euro alla tonnellata - secondo altre.

 

Intanto dal Marocco arrivano altre notizie di segno fortemente rialzista: il Paese è interessato dalla seconda annata siccitosa consecutiva, la produzione di grano duro è scesa dagli abituali 10 milioni di tonnellate ai circa due milioni dello scorso anno e quest'anno il raccolto potrebbe scendere ancora ad un solo milione di tonnellate. E i prezzi sono schizzati: fino a 548 euro alla tonnellata. Ma si tratta del prezzo del grano duro proveniente, anche in questo caso, dal Canada.

 

I problemi del raccolto italiano

Secondo alcuni osservatori, il problema del grano duro fino nazionale è che in realtà, in molti casi, una volta giunto nei molini, presenta grossi difetti rispetto a quanto previsto dalle definizioni di mercato, soprattutto per una sovrabbondanza di chicchi striminziti e volpati. E questo basterebbe ad alimentare tanto una successiva svalutazione del frumento duro italiano sui mercati regolamentati, quanto una maggiore necessità di grano duro fino estero di qualità, utilizzato per miscelare le cariossidi nostrane con quelle di importazione, al fine di migliorare la qualità della semola.

 

Una spiegazione tecnica, apparentemente neutra, che però non è agganciata a dichiarazioni ufficiali, se non a quelle di Enzo Martinelli, presidente della Sezione Molini a Frumento Duro di Italmopa, che in una nota del 19 luglio 2023 dichiara: "sono i risultati qualitativi del raccolto a destare grandi preoccupazioni visto che tutti i principali parametri, dal tenore proteico al peso ettolitrico, devono purtroppo essere considerati chiaramente insoddisfacenti".

 

"Una situazione - aggiunge Martinelli - che non potrà non influire sulle strategie di approvvigionamento dell'industria molitoria italiana, con necessità di un maggior ricorso ad onerose importazioni da parte della medesima che, da sempre, trasforma le migliori varietà di frumento, a prescindere dalla loro origine, per produrre semole rispondenti alle esigenze dei pastai italiani e dei consumatori".

 

Per Martinelli dunque il "maggior ricorso" alle importazioni dovrebbe essere "oneroso" per l'industria, preconizzando prezzi elevati. Del resto, dal 10 luglio scorso i prezzi canadesi sono in ascesa, sulla scia delle notizie sulla siccità che ha pesantemente colpito il Nord America, con un corollario di incendi mai visto prima.

 

Turchia, quanto costa il grano duro?

Nel frattempo qualcosa accade sul mercato. Torna ad esportare grano duro la Turchia. La Turchia ha un potenziale produttivo elevato di grano duro, ma in genere lo tiene per sé. Nel 2022 le semine di grano duro, stando alle stime ufficiali, non superano 1,2 milioni di ettari per una produzione che negli anni passati si è tenuta mediamente poco sopra i 3,7 milioni di tonnellate. Numeri di tutto rilievo, ma che scompaiono in un Paese dove la produzione di paste alimentari è in crescita - centinaia di tonnellate su base giornaliera - e che si colloca come secondo player al mondo esportatore di pasta alimentare secca da grano duro.

 

Da documenti del Tmo, l'ente di stato turco per la stabilità del mercato interno agroalimentare, emerge che per il 2023 il prezzo di acquisto del grano duro fino da parte dell'ente è stato fissato in 9mila lire turche alla tonnellata, che al cambio di ieri valgono circa 311,40 euro alla tonnellata.

 

In teoria, pertanto, è possibile che la Turchia, acquistando ad un tale prezzo il grano duro fino, possa rivenderlo convenientemente a 360 od a 390 euro alla tonnellata, i prezzi circolati giorni fa. Ma resta altrettanto vero che solitamente la Turchia non vende proprie risorse strategiche al di sotto dei prezzi dei mercati internazionali.

 

I riflessi in Italia della situazione turca

In una nota diffusa ieri da Cia Puglia in proposito si legge "Se le massicce quantità di grano importato che arrivano nei nostri porti fossero di provenienza russa, allora saremmo di fronte alla palese e gravissima violazione dell'embargo imposto ai prodotti della nazione che ha scatenato la guerra in Ucraina. Occorre una task force che verifichi nei porti, nave per nave, il Dna e la provenienza della valanga di frumento utilizzata per far crollare il valore riconosciuto al grano dei nostri produttori. C'è una paurosa speculazione in atto".

 

Le parole sono di Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia - Agricoltori Italiani, secondo il quale parte del grano ufficialmente proveniente da Turchia e Kazakistan potrebbe essere di provenienza russa. Cia Puglia stima in ben 7 milioni di tonnellate gli arrivi di grano duro estero nei porti italiani dei giorni scorsi "importato dalle zone in cui il frumento ha un prezzo bassissimo, commisurato alla sua qualità".

 

La stima sembra però esagerata: di solito a trasportare grano sono navi di classe Panamax, che hanno una capienza di carico che oscilla tra le 60mila e le 70mila tonnellate ciascuna. Le navi che hanno sbarcato grano duro tra Manfredonia e Bari - secondo quanto confermato da Coldiretti Puglia - sono 10, quindi una stima più raffinata dovrebbe oscillare tra le 600mila e le 700mila tonnellate. Se anche fossero state utilizzate tutte navi della classe Capesize, non si arriverebbe a più di 1,5 milioni di tonnellate.

 

Va da sé che la Turchia potrebbe aver prodotto da sola le 700mila tonnellate di grano duro in più da esportare, oppure potrebbe averli comprati altrove, avendo comunque una produzione interna che raramente supera i 4 milioni di tonnellate ed un intenso fabbisogno interno.

 

Ma è anche difficile che le 700mila tonnellate di grano duro giunte in Italia nei giorni scorsi possano provenire da Russia e Kazakistan, complessivamente attestate ad una produzione ufficiale non superiore a 2,5 milioni di tonnellate annue, ma che secondo molti osservatori difficilmente supera le 500mila tonnellate, per giunta completamente assorbite dall'industria russa della pasta. E ogni notizia ufficiale riguardante l'aumento della produzione cerealicola in Russia nel 2023 è sempre riferita alla generalità del frumento, mai allo specifico ambito dal grano duro.

 

Scenari da fantapolitica

Restano comunque pesanti interrogativi sulla natura di queste importazioni, ovvero sulla reale qualità di questo frumento duro giunto in Italia. L'effetto di aver provocato un ribasso dei prezzi c'è ed è difficilmente negabile. Su questo - l'ipotesi speculazione - sia Coldiretti che Cia Puglia vedono giusto: anche se è difficile immaginare a chi convenga vendere a prezzi così bassi e perché.

 

Sempre che non si sfoci nella fantapolitica: potrebbe essersi trattato di un'azione dimostrativa di Erdogan per avvicinare Putin nel quadro delle trattative per lo sblocco della via del grano nel Mar Nero, resa su una materia prima di modesta entità rispetto all'universo del frumento, ma significativa per l'industria turca e volta a dimostrare la capacità turca di condizionare i mercati del grano. Un modo per mostrare i muscoli politicamente, usando il grano duro al posto delle divisioni corazzate, ma un fuoco di paglia sul mercato, destinato a spegnersi presto.

 

Verso ritorno alla realtà?

È pertanto lecito pensare che dopo gli sbarchi di grano di provenienza turca a prezzi stracciati, i mercati italiani tornino alla dura realtà: tra siccità in Nord Africa e ridotte esportazioni da Canada e Usa, con in prospettiva serie ipotesi di razionamento, i prezzi dovrebbero riguadagnare livelli almeno paragonabili a quelli più alti di sbarco in Nord Africa.