Con il termine PM 2.5 si fa riferimento a tutte le particelle aventi dimensioni minori o uguali a 2,5 micron (millesimi di millimetro). Si tratta di particelle particolarmente dannose per la salute delle persone in quanto superando le difese del nostro sistema respiratorio riescono ad entrare nel circolo del sangue, aumentando i rischi di ammalarsi di tumore.

 

Queste polveri sottili hanno differenti tipologie di origine, sia antropica che naturale. Un esempio sono i freni delle automobili, che quando sono usati per decelerare immettono nell'aria PM 2.5. Un altro esempio è l'ammoniaca che volatilizza dagli allevamenti e nell'aria è oggetto di processi chimici che formano il PM 2.5.

 

E proprio per monitorare l'andamento di queste polveri fini nell'aria e per indagare la relazione con le emissioni di ammoniaca è nato il progetto D-DUST, finanziato da Fondazione Cariplo, che ha visto la partecipazione come capofila del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, con la collaborazione della Fondazione Politecnico di Milano, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e dell'Università degli Studi dell'Insubria come partner scientifici.

 

"Per migliorare la copertura spazio-temporale del monitoraggio della qualità dell'aria rispetto ai dati forniti dalle centraline di Arpa, abbiamo fatto ricorso ai dati satellitari di Sentinel-5, satellite parte della costellazione Copernicus, nonché alle banche dati pedoclimatiche del territorio lombardo", spiega Daniele Oxoli, ricercatore del Laboratorio GeoLab del Politecnico di Milano.

 

"L'obiettivo preliminare di questo progetto è stato quello di indagare l'effettiva possibilità di utilizzare i rilievi satellitari, debitamente elaborati, per colmare il vuoto di dati sulla presenza di particolato fine nelle aree agricole della Lombardia".

 

In particolare, il satellite Sentinel 5P fornisce misurazioni open data su scala globale dei principali inquinanti atmosferici. Queste immagini sono state elaborate grazie a modelli predittivi spaziali basati su tecniche di machine learning. I risultati sperimentali mostrano significative correlazioni statistiche tra la distribuzione spaziale e temporale delle attività agricole e i picchi di concentrazione di ammoniaca e PM 2.5. Anche se, è bene ricordarlo, ad oggi ci sono solo stime su quanta parte del particolato fine presente nell'aria sia di derivazione agricola.
 
"Lo sviluppo di nuove tecniche per sfruttare i dati satellitari e i modelli di qualità dell'aria da essi derivabili sarà sempre più rilevante per monitorare e contenere l'inquinamento", ha precisato Maria Antonia Brovelli, docente di Sistemi Informativi Geografici al Politecnico di Milano.

 

"Il potenziale contributo di questi dati al miglioramento della copertura spaziale e temporale delle misurazioni di qualità dell'aria giocherà un ruolo fondamentale per analisi di esposizione della popolazione sempre più accurate. La ricerca è importante perché si è cercato di potenziare la conoscenza a livello locale delle polveri fini anche nelle aree non coperte dalle stazioni di misurazione a terra, al fine di fornire stime e previsioni replicabili e spendibili nel monitoraggio e nell'analisi dell'esposizione della popolazione a tale inquinante".

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