Il 2022 sarà probabilmente ricordato per i prezzi elevati a cui sono stati venduti i mezzi tecnici per l'agricoltura, in primis i fertilizzanti. Quest'anno i prezzi sono lentamente tornati alla normalità, ma potrebbero vedere nuovi aumenti a partire dal 2026 a causa della decisione dell'Unione Europea di tassare (anche se il termine è improprio) i fertilizzanti importati da quei Paesi che utilizzano tecnologie inquinanti per la loro produzione.

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Il Parlamento Europeo ha infatti approvato in via definitiva quello che viene definito il Meccanismo di Adeguamento del Prezzo del Carbonio alle Frontiere (Cbam, Carbon Border Adjustment Mechanism). Si tratta di un sistema che andrà a imporre un aggravio di costo ai fertilizzanti importati al fine di tutelare i produttori europei che sono vincolati al rispetto di norme stringenti sulle emissioni e che quindi hanno costi di produzione più elevati.


Per l'agricoltore l'introduzione del Cbam, che entrerà in vigore nel 2026 e sarà pienamente operativo nel 2034, potrebbe portare ad una maggiore spesa per l'acquisto dei fertilizzanti, soprattutto quelli azotati, che richiedono ingenti quantità di energia per essere prodotti.

 

Per la Commissione Europea l'introduzione graduale del sistema Cbam permetterà alle aziende di assestarsi e dunque non dovrebbero esserci significativi aumenti di costo; secondo invece AgroParisTech, Ente di formazione transalpino direttamente collegato al Ministero dell'Agricoltura, a seconda dei differenti scenari per le società che importano fertilizzanti dall'estero si potrebbe avere un aggravio di costo da 300 a quasi 3mila euro alla tonnellata.

 

La decarbonizzazione dell'economia europea e la Strategia Fit For 55

Per capire il motivo dell'adozione del Cbam è necessario fare un passo indietro. Nel 2019 l'attuale presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, annunciò il Green Deal, un ambizioso progetto che ha come obiettivo quello di decarbonizzare l'economia europea per arrivare alla neutralità climatica del Vecchio Continente entro il 2050.


Per raggiungere tali obiettivi nel corso degli anni successivi sono stati adottati una serie di strategie e dei regolamenti. Forse quello più noto all'opinione pubblica riguarda lo stop alla vendita di automobili con motore a combustione. In agricoltura il Green Deal ha portato all'approvazione delle Strategie Farm to Fork e Biodiversity, che hano poi plasmato altri interventi, come l'attuale Politica Agricola Comune (Pac).

 

Se nel 2050 l'Unione Europea dovrà essere neutrale dal punto di vista delle emissioni, è stato fissato anche un obiettivo intermedio. Entro il 2030 dovremmo aver ridotto del 55% le emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere questo obiettivo è stata emanata una strategia ad hoc, denominata Fit For 55.

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In questo contesto è stato previsto anche di riformare il sistema Eu Ets, European Union Emissions Trading Scheme, che, per semplificare, fa pagare ad alcune categorie di aziende la CO2 immessa in atmosfera. E anche il settore dei fertilizzanti rientrerà in questo Meccanismo, per cui le aziende che producono ad esempio urea dovranno pagare per le loro emissioni, oppure dovranno dotarsi di tecnologie innovative in grado di ridurle o di sequestrare quelle che sono inevitabili.


Questi nuovi obblighi avranno un costo non indifferente per i produttori di fertilizzanti che sarebbero così esposti alla concorrenza dei produttori esteri, soprattutto di quelli che operano in Paesi in cui le emissioni di anidride carbonica non sono tassate, come ad esempio la Russia.

 

Se consideriamo che la Russia, l'Algeria e l'Egitto cubano il 65% dell'import di fertilizzanti dell'Unione Europea, si capisce che le nostre aziende subirebbero una concorrenza sleale. Da qui la decisione dell'Unione Europea di varare il Meccanismo di Adeguamento del Prezzo del Carbonio alle Frontiere, che ha come obiettivo di fondo quello di far giocare le aziende alle stesse condizioni e soprattutto di evitare che le produzioni più inquinanti vengano semplicemente delocalizzate all'esterno dell'Unione Europea.


Ma come funziona questo Meccanismo? Quando una società europea importa del fertilizzante da un Paese estero deve comunicare una serie di dati, tra cui le tecnologie utilizzate per la produzione e se il Paese di provenienza ha in vigore una sistema di tassazione del carbonio, simile all'Ets europeo (sono diversi i Paesi che lo hanno, come Stati Uniti, Canada, Australia e Cina).


A seconda dei differenti scenari possibili, che dipendono appunto dalle tecnologie utilizzate e dalla presenza o meno di tasse sul carbonio nel Paese di origine, l'Unione Europea applica una maggiorazione di costo, non definibile come dazio, che ha il compito di allineare i costi di produzione tra aziende europee e non. L'importatore dovrà infatti acquistare dei Cbam Certificate, dei certificati che sono allineati ai valori dei crediti di carbonio del mercato obbligatorio. Crediti che oggi viaggiano sui 95-100 euro, ma che sono destinati a salire.

 

L'impatto su prezzi e agricoltura del Cbam

Secondo la Commissione Europea questo sistema non solo tutelerà le aziende europee, ma le spingerà ad adottare tecnologie sempre più pulite. E anche i produttori esteri saranno invogliati ad investire in innovazione per poter accedere al nostro mercato. A mettere in discussione questa prospettiva è stato AgroParisTech, che come ricordato ha stimato un aggravio di costi che oscilla da 300 a 3mila euro alla tonnellata di fertilizzante azotato importato.


In uno scenario di aumento dei costi è probaible che gli agricoltori faranno meno ricorso ai fertilizzanti, visto che la filiera agroalimentare è recalcitrante ad adottare aumenti di prezzo dei beni finali.


Si potrebbe dunque avere una riduzione della produzione agroalimentare italiana che, per inciso, subirà un duro colpo se verranno approvati altri regolamenti, come ad esempio quello sull'uso sostenibile degli agrofarmaci. A fronte di una minore produttività dei campi europei, si potrebbe dunque avere un aumento delle importazioni e delle derrate dall'estero, con un effetto boomerang potenzialmente molto impattante per l'economia del Vecchio Continente.