I conflitti, i cambiamenti climatici, la pandemia sono gli elementi di instabilità, che complicano la questione dell'accesso al cibo; l'innovazione e le nuove tecnologie possono essere una risposta per garantire la sicurezza alimentare, che significa lavorare per la vita e per la pace.

 

Sono questi i punti chiave della prolusione di Maurizio Martina, vicedirettore aggiunto della Fao, sul tema "La sicurezza alimentare alla prova dei mutamenti in atto", che ha inaugurato il 269esimo Anno Accademico dei Georgofili a Firenze.

 

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"L'impatto climatico ambientale incide pesantemente sui modelli agricoli e alimentari, ora questo drammatico conflitto stressa in particolare la sicurezza alimentare, che deve essere intesa come la possibilità di garantire acqua e cibo per soddisfare il fabbisogno di energia che l'uomo necessita" ha puntualizzato l'ex ministro per le Politiche Agricola, Martina. "Più di 800 milioni di persone soffrono la fame, numeri che la pandemia e ora la guerra in Ucraina rischiano di aggravare".

 

Le prospettive demografiche del Pianeta indicano un aumento costante della popolazione, in cui si inserisce prepotentemente il nodo della produzione alimentare globale, che Martina ha definito "un tema strategico ineludibile per i temi che pone in termini di quantità, di qualità, di accesso ai beni primari, di accesso ai sistemi alimentari".

 

Il tema della sicurezza alimentare va affrontato, per il vicedirettore aggiunto della Fao, con riferimento a tre particolari aspetti. "Il primo è il tema che lega fame e guerra" ha esordito. "Ci sono almeno venti contesti territoriali a carattere globale in cui ancora oggi c'è bisogno di risposte in una situazione di conflitto, dallo Yemen, alle terre del Sahel, fino a questa guerra nel cuore dell'Europa, che ci pone con forza la questione della sicurezza alimentare, essendo Russia e Ucraina produttori agricoli ed esportatori di beni alimentari, tanto che secondo le nostre stime ci sono cinquanta Paesi che dipendono dall'arrivo di prodotti importati da questi due Paesi".

 

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Se la connessione fra guerra e fame "è diretta e drammatica", ha ribadito Martina, "l'esplosione del conflitto ha esasperato i costi energetici e dei fertilizzanti, con una ricaduta sui beni alimentari di base". In merito, il vicedirettore aggiunto della Fao ha auspicato di non cadere nella trappola del protezionismo, che nel medio e lungo periodo non porta alcun risultato. Anzi, "è necessario che i beni agricoli siano considerati come beni primari per la vita ed è bene chiedere che i flussi commerciali vengano garantiti".

 

La sicurezza alimentare dovrà essere affrontata senza suggestioni ideologiche o pericolose oscillazioni fra globalismo e sovranismo. "Non va bene una discussione polarizzata ma serve un'autonomia strategica in chiave agricola e alimentare con un nuovo percorso, che abbia obiettivo della società e dei mercati aperti. Molti iniziano a discutere di riglobalizzazione selettiva, che ritengo possa portare ad avanzamenti importanti, anche per la logistica della sicurezza alimentare".

 

Autonomia strategica, multilateralismo e stop a pericolosi meccanismi di speculazione potranno essere le armi per una nuova globalizzazione e una sicurezza alimentare globale, in cui l'Italia - secondo Martina - potrà giocare un ruolo strategico sia per la vocazione di trasformatore alimentare che per il contesto geografico nel Mediterraneo e come asse verso il continente africano.

 

Il secondo grande fronte menzionato dal vicedirettore Martina "ha a che vedere con la trasformazione climatico ambientale, che impatta su sistemi agricoli e alimentari e che ha risvolti nei differenti contesti sociali che abbiamo di fronte. Il cambiamento climatico colpisce la disponibilità di cibo, il suo accesso e il suo utilizzo. In particolare, abbiamo notato che l'aumento delle temperature medie sta diminuendo le rese di mais, grano e soia e che l'area mediterranea è particolarmente vulnerabile per effetto combinato delle temperature con altre variabili, come la scarsità di acqua".

 

Ad essere più vulnerabili sono i Paesi in via di sviluppo, "dove l'agricoltura assorbe più del 20-25% dei disastri causati dai cambiamenti climatici, con un doppio effetto sui produttori e sui cittadini".

L'agricoltura, in questo contesto in cui il cambiamento climatico genera fragilità, "deve essere protagonista, in quanto è parte della soluzione" al climate change.

Ma l'agricoltura deve essere considerata anche nell'approccio olistico "One Health", dove la strategia di protezione deve abbracciare tanto l'uomo quanto gli animali e i vegetali.

 

Il terzo fronte della sicurezza alimentare riguarda "i temi dell'innovazione, delle tecnologie, della scienza al servizio dell'agricoltura e della produzione alimentare, che possono incentivare i progressi anche con riferimento alla sostenibilità ambientale, economica e sociale".

"I vantaggi della blockchain, dei biga data, dell'Internet of Things e dell'intelligenza artificiale possono riguardare la riduzione degli sprechi alimentari, la tracciabilità, l'informazione sulle produzioni agricole e alimentari - ha sostenuto Martina - ma la Pubblica Amministrazione in questo deve essere uno strumento di aiuto e non di vincolo".

 

E se l'ex ministero Martina approva le tecnologie al servizio delle esperienze agricole e alimentari, allo stesso tempo mette in guardia dai rischi della dissociazione tra agricoltura e alimentazione. "Sul tema penso che sia necessaria una discussione aperta, con tutti gli elementi sul tavolo".

Riconoscere le sfide dei modelli agricoli e alimentari, per Martina, "significa capire le traiettorie di cambiamento del Mondo".