Se l'obiettivo dell'Accademia dei Georgofili era quello di offrire contributi di riflessione puntuali in vista del G20 dell'Agricoltura, che andrà in scena a Firenze oggi, 17 settembre 2021 e domani, 18 settembre, a Palazzo Vecchio, allora il ciclo di incontri che il più antico consesso di studiosi del settore (è stata fondata nel 1753) ha centrato pienamente l'obiettivo.
Dall'agricoltura del futuro all'innovazione, dalla sfida ai cambiamenti climatici a quelli della cura delle patologie, passando per i mercati e l'agricoltura circolare, la sicurezza sul lavoro (ce ne ricordiamo solo quando avvengono gli incidenti, ma c'è tutto un aspetto legato al benessere dell'operatore, accanto al diritto sacrosanto di lavorare senza rischiare la vita), il percorso di approfondimenti è completo, scientifico, un'occasione per celebrare un'attività che da 10 milioni di anni accompagna la vita dell'uomo ed è stata responsabile dei molti traguardi che l'uomo ha raggiunto e - siamo certi - raggiungerà in futuro.

Il presidente dell'Accademia dei Georgofili, il professor Massimo Vincenzini, microbiologo, abituato a studiare quindi forme piccolissime, infinitesimali, guida la carica degli accademici affinché continuino a rinverdire il motto che accompagna il sodalizio di scienziati ed esperti: "Prosperitati publicae augendae".
AgroNotizie, il cui direttore responsabile Ivano Valmori, nonché ceo di Image Line, è stato nominato accademico lo scorso aprile, ha seguito alcuni degli eventi, che hanno avuto il merito di accendere i riflettori su temi che non possono restare in balìa di chiacchiere da bar, ma devono essere assolutamente analizzati con gli strumenti della formazione, della competenza, della scienza. Provando e riprovando, lontano dai pregiudizi.
Gli eventi pandemici, che ormai accompagnano da un anno e mezzo l'umanità, hanno impresso un'accelerazione ad alcune dinamiche in atto e si intersecano inevitabilmente con altri fenomeni responsabili di alcune difficoltà - talune cicliche, altre nuove - ma la scienza non può e non deve rimanere ferma a subire.
Il mondo è globalizzato, inutile dire sempre di più, un po' di meno, in maniera diversa. Le interazioni ci sono, la Cina negli ultimi anni ha assunto un ruolo non secondario nell'accaparramento di materie prime alimentari per la costituzione di stock strategici. La pandemia ha messo in evidenza la fragilità della catena alimentare che, per quanto non si sia mai fermata l'agricoltura intesa come produzione in campo, ha dovuto fare i conti con una logistica più complessa e più costosa.
La piaga della fame nel mondo, della denutrizione e sottonutrizione si è acuita, così come potrebbero in futuro aumentare i fenomeni migratori di natura climatica, con una pressione verso il vecchio continente.
Servono nuove tecnologie, abbandonando preconcetti ormai non più al passo coi tempi, per incrementare le produzioni, ma allo stesso tempo servirà un nuovo approccio culturale per favorire pratiche di economia circolare.
È ormai chiaro che le risorse del Pianeta non sono infinite e che una loro gestione un po' più parsimoniosa - un ritorno alla cultura contadina del riuso di cui proprio gli agricoltori sono stati attenti custodi e attori - sia imperativa.
La ricerca applicata, sia essa attuata per ridurre le emissioni, salvaguardare l'ambiente, difendersi dai nuovi patogeni che la globalizzazione ha fatto proliferare indiscriminatamente e senza agenti naturali di contrasto, dovrà essere la strada maestra.

L'innovazione richiede impegno costante, risorse, ma anche capacità di evolvere, studiare e parlare nuovi linguaggi, anche per chi coltivala terra. Molto banalmente: potremo avere in futuro - e forse già ora - un agricoltore che non parla inglese? Un sistema informatico che non dialoga con un altro? Un produttore che non conosce i mercati mondiali? Che non è pronto a condividere i propri dati, le proprie informazioni con colleghi, cooperative, istituzioni, difendendone la prerogativa di un utilizzo consapevole e per assicurare prosperità all'agricoltura? Potranno esistere?
Allo stesso tempo sarà assolutamente necessario costruire un'Europa più unita, con una politica agroalimentare internazionale, che non confonda il sovranismo con la sovranità alimentare, che non adotti soluzioni di riduzione delle emissioni nell'ambiente sulla pelle degli agricoltori, esponendoli a globalizzazione selvaggia, prezzi fuori controllo, diete forzate, sprechi alimentari assoluti.

Dall'Europa al mondo, poi, il passo potrebbe essere più breve di quanto si possa immaginare, visto che in gioco c'è il futuro del Pianeta.

L'Accademia dei Georgofili l'ha capito e ha saputo stimolare un dibattito costruttivo in vista dell'appuntamento del G20 di Firenze. Con la speranza che gli studi, i documenti, gli esempi pratici raccolti possano essere davvero di stimolo alla crescita di una cultura agricola produttiva e "razionale", per usare un termine che sarebbe piaciuto molto al professor Franco Scaramuzzi, presidente emerito e studioso con una visione dell'agricoltura proiettata molto avanti.