Gli unicorni rosa esistono. E ora dimostratemi che non è vero.
L’approccio del fronte no-ogm è più o meno questo: paventare l’esistenza di qualcosa, i pericoli, sbolognando poi l’onere della prova su chi invece afferma che quei pericoli non esistono.
Un giochino furbetto, questo, utile al rinvio all’infinito delle decisioni da prendere. Se infatti è teoricamente possibile dimostrare l’esistenza di qualsiasi cosa reale, per quanto nascosta, risulta impossibile dimostrarne la non-esistenza. Ciò che non esiste non lascia infatti prove della propria non-esistenza, ammanettando di fatto chi venga obbligato a cercarle dalla spinta maramalda dei sostenitori della tesi opposta, ovvero quelli che affermano che, appunto, gli unicorni rosa esistono.  
Ma il giochino degli unicorni rosa, per quanto esecrabile, nasce a monte, ovvero dalla deformazione del principio di precauzione.
 

Dalla prudenza alla paralisi

 
Partiamo da un pilastro di banale buon senso: la completa sicurezza non è di questo Mondo. Non lo è mai stata, né mai lo sarà. Nessuna delle conquiste sociali, scientifiche, tecnologiche ed economiche di cui oggi beneficia l’Uomo moderno è stata raggiunta senza correre qualche rischio.
Del resto, anche nel presente nessuno sarà mai sicuro che il suo aereo non cadrà, o che la sua nave non affonderà. Eppure si viaggia lo stesso, ritenendo i potenziali rischi commisurati ai sostanziali benefici che si raccoglieranno mettendosi in marcia. Lo stesso processo mentale viene seguito al momento di sottoporsi a un intervento chirurgico o a una terapia medica: ci sono persone che muoiono per un taglio mal fatto o per gli effetti collaterali di un farmaco, ma ciò non ci impedisce di fare ciò che deve essere fatto, perché siamo consapevoli che la non-azione resta comunque la scelta peggiore.
 
Ogni risultato concreto viene quindi ottenuto accettando l’eventualità che la sorte decida contro di noi, facendo verificare quell’unica ipotesi che non ci piaceva a priori. A conferma, nessuno è certo che il figlio che attende nascerà sano e vivrà a lungo, ma questo non ha comunque dissuaso i genitori dei sette miliardi di Esseri Umani che camminano oggi sul Pianeta.
Nulla è quindi certo, né può divenire tale per Legge o per Decreto. Tutto va invece valutato nel suo rapporto rischi/benefici, decidendo di procedere quando i primi risultino minimi (non inesistenti) rispetto ai secondi.
Forse l’opulento Mondo occidentale di oggi, specialmente nel Vecchio Continente ormai bolso, si è illuso di avere conquistato tutto il conquistabile e quindi è caduto in un grossolano errore, cioè quello di pensare di non dover più correre rischi per progredire. Ha perciò innalzato a dismisura la soglia minima dei benefici da cercare, facendosi sempre più intimidire dalla percezione dei rischi ad essi collegati. In altre parole, oggi come oggi, sembra che esista ormai più poco per cui valga la pena di correre un rischio. Per quanto minimo esso sia.

E così un principio di per sé sano, come quello di precauzione, è divenuto il paravento dietro al quale si è andato a nascondere il partito del no a prescindere, quello la cui unica preoccupazione sembra essere quella di castrare tutto ciò che guarda in avanti, nel futuro, anziché indietro, nel passato. Quello per il quale nulla ha da cambiare. Perché già il presente pare sia visto molto male. Figuriamoci il futuro. E ciò vale oggi anche per gli organismi geneticamente modificati, i tanto vituperati ogm. Su di essi, per giunta, è stato distorto il principio di precauzione fino a trasformarlo in una mannaia. L’approccio dialettico utilizzato è infatti particolarmente maramaldo e furbesco, cioè quello di pretendere che siano i pro-ogm a dimostrare la non-pericolosità delle nuove soluzioni genetiche.

Parrebbe una richiesta lecita, a prima vista. Ragionevole. Ma come si è visto poco sopra, niente vi è di più sbagliato e ingannevole. La pericolosità degli ogm è cioè l’unicorno rosa sbandierato dagli pseudo-ecologisti, i quali hanno stabilito a tavolino che le colture biotech sono pericolose ed è quindi la scienza che ora deve dimostrare che non lo sono. Ma, come detto, non è possibile dimostrare la non esistenza di ciò che non esiste.  

Di fatto, la querelle sugli ogm ha così abbandonato il piano scientifico delle prove, divenendo materia di manipolazione mediatica, di sensazionalismo e di un opportunismo politico decisamente cinico e spregiudicato. Perché il politico attento alla propria poltrona non farà mai cose giuste se queste possono fargli perdere voti. Specialmente in Italia, dove le conseguenze di questo squallido politicare sono sotto gli occhi di tutti, ammorbando innumerevoli aspetti della vita socio-economica nazionale.
La scienza, purtroppo, nulla sembra poter più fare per cambiare la rotta. Questo per lo meno nello Stivale, ove l'avversione agli ogm, creata artificialmente attraverso anni di disinformazione allarmista, pare ormai incistata in una popolazione che di ogm pochissimo sa, ma che nonostante ciò bizzarramente insiste nel dire di non volere. Miracoli della disinformazione.

Le prove ci sono, a migliaia


La scienza però è cocciuta. Non si è fermata davanti alla forza di gravità, né è stata sconfitta dalle molteplici inquisizioni religiose o laiche che hanno tentato nei secoli di imbrigliarla. E alla fine vince. Sempre. Forse non in Italia, ove rimane ostaggio di oscuri bizantinismi, ma nel resto del Primo Mondo va così.
Ecco perché oggi non si muore più di appendicite, né di vaiolo. Ecco perché si può arrivare a New York da Milano in poche ore anziché settimane. Ecco perché bimbi prematuri di poco più di mezzo chilo di peso riescono a sopravvivere, mentre fino a pochi decenni fa erano destinati a perire. Ed ecco perché nel Mondo occidentale anziché patire la fame si mangia tre o più volte al giorno.
   
Ed ecco infatti che un gruppo di ricercatori ha fatto spallucce alla tesi dell’unicorno rosa e ha rivoltato migliaia di studi svolti sugli ogm a livello mondiale. Per giunta, lo ha fatto su un fronte dall’alto valore probatorio, ovvero le conseguenze che questi alimenti, usati come mangimi, potrebbero aver avuto sugli animali da allevamento.
Dal 1996 gli ogm sono infatti usati per alimentare quello che viene definito “Live stock”, cioè il bestiame. Nella dieta soia o mais gm possono giungere fino al 90% dei mangimi utilizzati, per lo meno negli Stati Uniti. Quindi se gli ogm fossero pericolosi per vacche, suini o pollame si sarebbe ormai dovuto vedere in modo macroscopico. Alcune ricerche avrebbero infatti provato a farli passare per pericolosi, ma sono state regolarmente smentite.
L’Università della California ha quindi valutato gli studi riguardanti la salute del bestiame in un lasso di tempo compreso fra il 1983 (13 anni prima dell’introduzione degli ogm) e il 2011, per un totale di 100 miliardi di animali che hanno consumato complessivamente migliaia di miliardi di razioni a base di ogm. Nessun effetto negativo è stato evidenziato. Non sono state cioè trovate differenze di tipo sanitario fra gli animali alimentati con ogm e quelli nutriti con alimenti convenzionali. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Animal Science, il quale consentirà un accesso aperto solo dopo il primo di ottobre.
Questo studio, peraltro, giunge dopo quello dell'Università degli Studi di Perugia, ove sarebbero state valutate ben 1.783 pubblicazioni relative a un periodo di dieci anni. Dall’analisi dei ricercatori umbri non è emersa alcuna prova che dimostri che gli alimenti gm pongano rischi significativi alla salute. Il tutto, a fronte di pochi e molto discussi lavori di ricerca che avrebbero “dimostrato” invece la pericolosità degli ogm. Tipo quelli di Gilles Séralini, solo per citarne uno.
 
Scienza batte quindi paura mille a zero? Purtroppo no, perché ci sarà sempre chi non si farà scrupolo alcuno a dipingere di rosa un cavallo bianco e a incollargli in mezzo alla fronte un cono di cartone. E ciò che è peggio è che ci sarà sempre qualche giornale di ancor meno scrupoli disposto a pubblicarne le foto, come pure milioni di taddei che crederanno sul serio di essere di fronte alla prova schiacciante che gli unicorni rosa esistono.

La strada che a causa di ciò l’Uomo deve ancora percorrere è quindi irta di ostacoli, i cui nomi è però meglio non citare per evitare querele.