Dopo aver evitato l'emorragia di posti di lavoro nei primi sei mesi dell'anno, mantenendo alta l'occupazione nelle campagne, l'agricoltura arresta la dinamica positiva e inverte la rotta.

 

Nel terzo trimestre del 2012, infatti, il settore registra una flessione tendenziale del 4,3%, pari a 38mila lavoratori in meno tra luglio e settembre: colpa dell'intensificarsi della crisi economica con l'aumento esponenziale degli oneri fiscali, ma anche della parallela impennata dei costi produttivi in un periodo in cui il settore ha dovuto fare i conti con una siccità devastante che ha bruciato interi raccolti.

Lo afferma la Cia - Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati diffusi dall'Istat.

 

Nel dettaglio, il calo dell'occupazione in agricoltura nel terzo trimestre ha riguardato esclusivamente gli autonomi (-9,8%), con un crollo molto forte nel Centro (-24,4%) mentre i lavoratori dipendenti sono aumentati dell'1,1%, in crescita soprattutto nell'Italia centrale (+11%).

 

"Complice la crisi è in corso una riorganizzazione della struttura aziendale - spiega la Cia - che da un lato mette completamente fuori mercato le micro imprese e i piccoli produttori e dall'altro favorisce l'aggregazione e il rafforzamento dimensionale delle aziende più grandi e competitive che continuano ad assumere manodopera, anche se in rallentamento rispetto ai mesi precedenti".

 

"Il settore paga la mancanza di interventi adeguati - nota la Cia - che ha incrinato la vitalità e la tenuta delle imprese e che, di fatto, ne ha bloccato la ripresa. Gli alti costi produttivi, la stangata dell'Imu e la burocrazia elefantiaca hanno pesato enormemente sulla gestione delle aziende. Senza contare che la terribile siccità di quest'estate, che ha bruciato oltre un miliardo e mezzo di produzione agricola con la perdita del 45% dei raccolti di soia e del 30% di quelli di mais, oltre ad aver inciso sulla vendemmia 2012 contribuendo a ridurre i quantitativi dell'8% e aver "tagliato" del 20% le coltivazioni di pomodoro da industria".