Quello del 20 e del 29 maggio è passato sulle prime pagine dei giornali come "il sisma dell'Emilia", quando sarebbe più esatto parlare del "sisma dell'Emilia e del mantovano". Fortunatamente non ci sono state vittime, ma si sono registrati seri danni al patrimonio culturale, urbanistico e produttivo della provincia, soprattutto nella zona dell'Oltrepò. Una zona che ha fatto dell'agroalimentare e del suo indotto un fiore all'occhiello di qualità e produttività.
Luigi Panarelli, Cia Mantova: "Risorse certe per riprendere a produrre con serenità"
"Il 20 maggio verso le 4 del mattino la prima scossa violenta che ha fatto cadere alcune scalere nei magazzini. Abbiamo pensato fosse un episodio isolato: ci veniva detto che la nostra zona era a basso rischio sismicità.
Poi, nei giorni successivi, piccole scosse di assestamento, prima di arrivare al 29 maggio sembrava di essere tornati alla normalità.
Poi, quel mattino, una scossa fortissima, ero in casa ma la porta non si apriva, il pavimento e il soffitto si muovevano come un'onda. Attimi di panico. Il magazzino del formaggio è crollato, per fortuna senza vittime. Poi alle 13 altre due forti scosse che hanno abbattuto i magazzini rimasti in piedi fino a quel momento. Le scosse si sono susseguite per giorni e giorni; sul volto delle persone noti quella tensione costante, quella paura al minimo rumore".
A ricordare quei terribili momenti è Luigi Panarelli, presidente della Latteria Vo' Grande di Pegognaga. Una cooperativa che è un piccolo gioiello: 80 anni di storia, 125.000 quintali di latte, 16 soci, 24.000 forme di Parmigiano Reggiano prodotte, uno spaccio per la vendita diretta di latticini, salumi tipici, mostarde e formaggi nel cuore della zootecnia da latte destinata alla produzione di Parmigiano dell'area mantovana.
Qui c'è una sede di Unipeg, il più importante macello cooperativo d'Italia.
"Si può tranquillamente dire che l'economia del territorio si fonda sull'agroalimentare e sul suo indotto" spiega Panarelli, citando tra le eccellenze del territorio anche la produzione di uve per il Lambrusco mantovano Doc e la Pera tipica mantovana Igp.
All'indomani del terremoto, ricorda Panarelli, una volta ricevute le autorizzazione per entrare nei magazzini danneggiati le preoccupazioni erano due: "La prima, trovare un luogo idoneo per accogliere le forme che si fanno giornalmente. La seconda il valore del formaggio sul pavimento, dato in garanzia alle banche per erogare acconti sul latte portato dai soci, veniva meno".
Panarelli è anche presidente della Cia di Mantova, che tuttora ha due uffici inagibili.
"La Cia nazionale ci ha consegnato un camper con il quale abbiamo girato sul territorio colpito almeno per coprire l'emergenza - spiega - Tutto il nostro personale si è attivato per fornire l'assistenza amministrativa necessaria alle imprese e ai cittadini che si sono rivolti a noi. Attraverso la nostra rete di conoscenze siamo riusciti a trovare delle stalle vuote dove gli allevatori colpiti dal terremoto hanno potuto ricoverare i propri animali e li abbiamo aiutati a trovare camper e container per l'immediata sistemazione. Inoltre, abbiamo attivato un canale d'informazione per i cittadini e le Confederazioni di altre città che volevano acquistare formaggio provenienti dai nostri caseifici terremotati".
Piccoli passi per avviare un ripresa che sembra essere già a buon punto: "I caseifici hanno finito la raccolta delle forme cadute a terra, che ora si stanno valutando per capire quali sono utilizzabili e quali andranno distrutte. La cosa più delicata in questa fase è mettere in sicurezza i magazzini e, dove è possibile, riadattarli allo stesso uso. Per le aziende agricole la situazione è più complessa, anche perché ci sono i fabbricati abitativi da considerare, e le normative sono talmente complesse e onerose che gli imprenditori non sono in grado di affrontare nell'immediato". Ma Panarelli è fiducioso: "Usciremo da questa situazione con molta umiltà e con un gran senso di fratellanza".
E le istituzioni? Quali provvedimenti sono stati presi per sostenere gli agricoltori in un momento così drammatico?
"La proroga degli oneri tributari e previdenziali è stato un primo aiuto - spiega Panarelli - ma avrà efficacia se sarà valida almeno per un anno. E' impensabile che le aziende che sono in difficoltà oggi, fra due mesi abbiano i soldi per restituire il dovuto allo Stato o agli istituti di credito".
"I provvedimenti presi sono per il momento di sostegno all'emergenza, con interventi dei singoli istituti di credito, della Regione Lombardia e della Camera di commercio di Mantova che stanno emanando alcuni bandi a sostegno delle imprese, ma non sono previsti tempi rapidissimi per eventuale erogazione di contributi. Purtroppo noi invece abbiamo bisogno di risorse certe e rapide per riprendere a produrre con serenità e per dare ancora un futuro alle nostre aziende".
"Inoltre - aggiunge Panarelli - paghiamo la mancata sinergia fra le Regioni: a distanza di pochi chilometri le norme sono diverse e ad oggi anche le disponibilità economiche sono assegnate diversamente".
Formaggi a terra nei caseifici
Lorenzo Fontanesi, Opas: "Servono norme chiare per poter ripartire subito"
"Grossi danni ai nostri allevamenti non ce ne sono stati". Così Lorenzo Fontanesi, presidente della mantovana Opas (70 soci che commercializzano 400 mila suini all'anno) riassume l'impatto del terremoto sulla suinicoltura della provincia.
"Si è verificato qualche crollo solo nel basso mantovano, per esempio nel Comune di Moglia, ma niente rispetto a quello che abbiamo visto in televisione nel ferrarese e nel modenese. A parte una gran paura, quando abbiamo iniziato la conta dei danni abbiamo visto che a essere state danneggiate erano soprattutto le strutture più vecchie e quelle più alte come i silos e gli impianti mangimistici".
Gli unici problemi, nell'immediato post-terremoto, è arrivato dal settore della macellazione, che ha funzionato un po' a singhiozzo a causa delle difficoltà di certificazione igienico-sanitaria delle strutture.
I problemi, però, iniziano ora. "Ci hanno sempre detto che questa è una zona poco sismica - spiega Fontanesi -. Tutta la normativa era totalmente diversa. Ora sembra esserci una rincorsa a far mettere le strutture a norma rispetto a una situazione che ci era completamente estranea. Gli stessi tecnici fanno fatica a sbottonarsi, a spiegare come procedere. Non vorremmo che si voglia scaricare sugli imprenditori la responsabilità di eventuali problematiche che potrebbero uscire in seguito.
Al di là dei costi elevatissimi, anche chi ha la necessità di mettere in sicurezza le proprie strutture per ripartire non sa bene che pesci pigliare per paura di investire energia, tempo e denaro in qualcosa che poi un domani, cambiata la normativa, dovrà essere disfatto e ricostruito da capo".
Paradossalmente, se il sisma non ha abbattuto la suinicoltura mantovana, si teme che lo facciano i lacci e laccioli della burocrazia.
In realtà, le prime misure di emergenza sono già arrivate. Oltre alla spostamento in avanti dei pagamenti di Iva, contributi e degli altri oneri (per ora a settembre, ma si parla di ulteriori proroghe), molte banche hanno bloccato il pagamento delle rate dei mutui.
"Una boccata d'ossigeno per noi - dice Fontanesi - ma quello che serve ora è sostenere gli investimenti. Il comparto è già in difficoltà, stritolato dai problemi ormai storici: difficoltà di accesso al credito e divario tra i prezzi delle materie prime (in aumento) e prezzi pagati ai produttori (a picco)".
Difficoltà a cui si aggiunge la spada di Damocle delle norme Ue relative al benessere degli animali allevati. La data per l'adempimento della messa a norma è fissata al primo gennaio 2013.
Nonostante la situazione sia particolarmente complicata con il coinvolgimento dell'Unione europea, Fontanesi avanza l'ipotesi di un rinvio per gli allevatori delle zone colpite dal terremoto.
"Già che ci sono gli obblighi di mettere a norma i nostri impianti - conclude - vorremmo valutare se c'è lo spazio per una proroga, in modo da adeguarci alla normativa - benessere animale e sismicità - allo stesso tempo".
Lorenzo Fontanesi, presidente Opas
Sandro Cappellini, Apima Mantova: "Grande professionalità degli agromeccanici, ma serve un riconoscimento"
La conta dei danni è pesante per Apima Mantova: "Delle nostre ditte associate, sono 14 quelle toccate dal sisma. Queste hanno subito danni inerenti sia ad abitazioni che a strutture per ricovero macchine ed attrezzature. Il valore stimato dei danni ammonta a circa 4.200.000 euro".
Nonostante i danni, moltissimi contoterzisti hanno messo i propri mezzi a disposizione di Prefettura e Protezione civile, per far fronte ad eventuali emergenze che richiedessero l'intervento di trattori e macchine operatrici per il movimento terra. Una macchina che ha funzionato, quella dei soccorsi.
"Nessuno si è tirato indietro, anzi, anche le imprese coinvolte dal sisma si sono prodigate con i propri mezzi, anche per altri" fa sapere il direttore di Apima, Sandro Cappellini, che ha voluto ringraziare "in particolar modo" i Vigili del Fuoco a nome di tutti gli associati. Unico neo: "Alla richiesta di invio di derrate alimentari per gli sfollati, ci è stato consigliato di soprassedere per mancanza di spazi. Poi il silenzio".
Sandro Cappellini, direttore di Apima Mantova
Ma dopo l'ondata di paura, solidarietà e generosità, come si stanno organizzando gli agromeccanici?
Anche se per fortuna gli agromeccanici sono riusciti a salvare macchine e attrezzature portandole all'aperto, la situazione rimane drammatica sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro: "Con le macchine all'aperto c'è bisogno di manutenzione giornaliera, esponendo le aziende a qualche rischio sotto il profilo delle norme sulla sicurezza - spiega Cappellini - Fortunatamente in questi casi emerge la professionalità sia dell'impresa che dei propri operatori, con un risultato positivo in termini di efficienza e di risposta alle esigenze degli agricoltori che hanno continuato ad usufruire dei nostri servizi senza alcuna interruzione. Pertanto i lavori hanno avuto un regolare svolgimento e visto l'ottimo andamento dei raccolti si confida che anche i pagamenti possano essere almeno regolari".
Un motivo di orgoglio per gli agromeccanici, che però si sentono traditi dalle istituzioni. "Abbiamo dovuto ancora una volta lottare per far sentire la voce delle nostre imprese tramite la nostra rappresentanza - commenta amaramente Cappellini - Se non avessimo agito con determinazione degli agromeccanici nessuno se ne sarebbe interessato, tanto che abbiamo pubblicamente denunciato che la rappresentanza degli agromeccanici non era stata coinvolta nelle varie specifiche riunioni di coordinamento sia nazionali che regionali. Un comportamento esecrabile specie in un contesto così tragico. Le Istituzioni ci hanno risposto con diplomazia scusandosi sulle mancate convocazioni e ribadendo che le imprese agromeccaniche verranno incluse all'interno dei contributi previsti per il ripristino delle attività produttive ma non per le iniziative messe in campo a favore del comparto agricolo. Una risposta che non ci soddisfa in termini di principio pioché sia per normativa europea, nazionale e regionale, l'attività agromeccanica fa parte del comparto agricolo. Un problema ancora non specificatamente risolto anche per responsabilità di altre rappresentanze che, oltretutto, in altre sedi, si sono sentite dare la stessa risposta. Pensare che poter usufruire dei fondi Psr non graverebbe sul bilancio dello Stato!"
Secondo Cappellini, manca "una reale sensibilità e presa di coscienza sulla valenza degli interventi degli agromeccanici. Tutti confermano, a parole, il ruolo strategico degli agromeccanici, ma nessuno poi agisce coerentemente adducendo la scusa che le difficoltà di riconoscimento della categoria determinano confusione. Qualcuno si dimentica che la categoria è già stata riconosciuta, manca solo l'integrazione dell'imprenditore nel mondo agricolo. Tali affermazioni confermano che la battaglia di Confai (di cui Cappellini è coordinatore nazionale) per il riconoscimento dell'imprenditore agromeccanico è giusta e nel pieno interesse delle imprese del settore. Documenti, proposte sono state presentate in abbondanza; basta scuse, ora sono le istituzioni che si devono fare carico di completare il quadro".
Il terremoto ha causato ingenti danni ad abitazioni e strutture agricole
All'inizio di luglio Apima Mantova aveva ipotizzato di portare i propri trattori davanti alla sede della Regione Lombardia, a Milano, per protestare contro la ripartizione dei fondi pro-terremotati che trascurava i cittadini lombardi e, in particolare, le imprese di meccanizzazione agricola: "Una provocazione - fa sapere Cappellini - per portare all'attenzione le nostre problematiche e richieste. Una provocazione che ha comunque centrato l'obiettivo: infatti dopo tale annuncio sono cominciate a giungere risposte richieste di contatto".
Ma l'ultima parola non è ancora detta: "Chissà, forse una manifestazione potrebbe accelerare la soluzione dei nostri problemi - conclude il direttore di Apima Mantova - non è detto che in futuro non la si possa veramente attuare".
L'azienda Bernini di San Benedetto Po (Mn)
Ada Giorgi, Consorzio di Bonifica 'Terre dei Gonzaga': "Ora abbiamo paura delle piene"
"Siamo molto preoccupati", esordisce così Ada Giorgi, presidente del Consorzio di Bonifica 'Terre dei Gonzaga', che occupa 45 dipendenti per 55mila ettari, nel fare la conta dei danni causati dal terremoto. Il grande areale del Destra Po in cui si trova il Comprensorio, infatti, è direttamente attiguo alle province emiliane più duramente colpite, e anche qui la devastazione non è stata da meno.
Ada Giorgi, presidente del Consorzio di Bonifica 'Terre dei Gonzaga'
A parte l'ulteriore ammaloramento di un'antica chiavica del 1904, già parzialmente collassata per l'età e per il ripristino della quale erano stati stanziati 7 milioni e 800mila euro, il terremoto non sembra, a prima vista, aver causato catastrofi eclatanti e crolli spettacolari; ma i danni, nondimeno, ci sono. E sono pericolosi.
Ada Giorgi parla di 4,5 milioni di euro di danni nel proprio Consorzio, a cui vanno aggiunti altri 2 milioni di mancata riscossione delle cartelle di bonifica. Il terremoto ha colpito, infatti, proprio nel momento in cui i consorziati (urbani, cioè coloro che possiedono strutture, come ad esempio capannoni industriali, tenuti all'asciutto dalle idrovore del Consorzio, e agricoltori, che ricevono anche l'acqua per irrigare) stavano pagando le cartelle. Soldi che, ora più che mai, sono necessari a rimettere in sicurezza le strutture. Perché il pericolo vero deve ancora arrivare: le piene autunnali.
"Al momento riusciamo a garantire l'irrigazione agli agricoltori - spiega Giorgi - ma non vorremmo che, dopo il terremoto, il nostro territorio venisse colpito da un'inondazione".
Potrebbe sembrare strano preoccuparsi, in un'estate tra le più calde e afose che la storia ricordi, di piene e allagamenti; ma il territorio del Destra Po è da sempre a rischio idraulico, come ben sa chi conosce il territorio. Mancano solo tre mesi all'autunno ed è fondamentale arrivarci preparati. "La situazione è semplice - dice Giorgi - Questo non è un territorio sassoso come l'Alto Mantovano: qui, quando piove l'acqua si ferma sulla terra. E se il Consorzio non la pompa via, vanno sotto tutti. Case, paesi, campi".
In alcuni casi non sono ancora stati accertati i danni subiti dalle strutture perché è impossibile accedervi: è il caso, per esempio, dello stabilimento idrovoro del Consorzio. Qui non è ancora stato possibile verificare lo stato e il funzionamento delle grandi pompe idrovore che tengono all'asciutto il territorio del Destra Po perché non è sicuro entrare nell'edificio. Di certo si sa che i due camini di 52 metri, un vero simbolo della bonifica, hanno riportato danni a causa delle scosse. "Sono elastici, sì - spiega Giorgi - ma come è facile capire, con la loro altezza non potevano uscirne indenni".
Al momento il Consorzio è al lavoro con il professor Antonio Migliacci del Cise (Consorzio per le costruzioni dell'ingegneria strutturale in Europa) di Milano per metterli in sicurezza. Il rischio, spiega Giorgi, è che crollando pregiudichino lo stabilimento.
Lo stabilimento con i due grandi camini ai lati
Sono ancora in corso i sopralluoghi alla fitta rete di canali, fossi, manufatti, impianti irrigui e arginature, per lo più risalenti al periodo 1904 - 1907, anni in cui furono avviate le operazioni di bonifica per lo più a mano, con vanghe e carriole.
Le verifiche sono condotte dai 45 dipendenti del Consorzio, in aggiunta al lavoro ordinario che già svolgono: un segnale forte e chiaro, nel caso ce ne fosse bisogno, della volontà di ripartire. Subito e bene.