Nella seconda giornata del Forum del Barilla Center for Food & Nutrition, il documento della Pontificia Accademia delle Scienze sulle 'Piante transgeniche per la Sicurezza Alimentare nel Contesto dello Sviluppo' è stato il classico ospite inatteso.

In un programma mattutino dedicato tutto al tema delle biotecnologie in agricoltura, il report (uscito in questi giorni) degli atti della settimana di studio sugli Ogm sponsorizzata dalla Pas nel 2009, si è fatto spazio, se non sul palco dei relatori, nelle discussioni a margine.
Anche se, come precisato dal Vaticano, “non può essere considerato come una posizione ufficiale della Santa Sede”, lo statement è stato firmato da 40 studiosi (sette dei quali della Pas) che, in buona sostanza, sottolineano l’importanza dell’ingegneria genetica applicata all’agricoltura per la lotta alla fame nel mondo.

Criticando sia la “costosa regolamentazione” del settore che gli eccessi nella “rivendicazione dei diritti di proprietà intellettuale”, il rapporto invita a considerare l’ingegneria genetica come uno dei metodi, tra cui anche quelli tradizionali, in grado di “migliorare la sicurezza alimentare e alleviare la povertà per le generazioni future”.

Padre Giulio Albanese, giornalista e missionario dà la sua interpretazione: “Un conto è il punto di vista della salute, sul principio di precauzione nel mondo cattolico ci sono sensibilità diverse. Il problema, secondo la mia prospettiva, quella di un missionario, è la giustizia sociale. Quando gli Ogm vengono proposti come la soluzione per la fame nel mondo, secondo me si dice una falsità perché innescano una sudditanza, visto che i brevetti appartengono a poche grandi multinazionali”.

Secondo la relazione del board del Barilla Center for Food & Nutrition, “gli Ogm oggi in commercio non giocano un ruolo significativo nell’alleviare la fame nel mondo”. “Il nostro non è scetticismo – spiega Camillo Ricordi, membro relatore del board, docente a Miami e luminare dei trapianti cellulari – è una analisi che si basa sugli Ogm agricoli oggi presenti sul mercato e sui risultati raggiunti fino ad ora.
Questi organismi non sono stati sviluppati specificamente per risolvere il problema della fame del mondo. Magari interessa, ma non è l’obiettivo principale delle aziende che li hanno inventati e li vendono. Ciò non toglie che gli Ogm e le altre biotecnologie agroalimentari potrebbero essere utili ad affrontare il problema della sicurezza alimentare, eccome. Succederà se, grazie a questi metodi, riusciremo a convertire aree aride in fertili, a far crescere colture con l’acqua di mare, a ottenere raccolti abbondanti in condizioni climatiche estreme".

"Non bisogna mai demonizzare la scienza e la tecnologia - ha concluso Ricordi -. Ci vorrebbe anzi un’assunzione di responsabilità forte da parte delle istituzioni e della politica per aumentare le risorse a disposizione per la ricerca pubblica nel settore delle biotecnologie agroalimentari”.