Violazione delle norme contro le pratiche commerciali sleali. Lo sostiene l'Ispettorato per la Repressione Frodi (Icqrf) del Ministero dell'Agricoltura nei confronti di Italatte, società della multinazionale francese Lactalis, che in Italia detiene importanti marchi del settore, fra i quali Invernizzi, Cademartori e Galbani.

Il Gruppo Lactalis in Italia ha un fatturato di 2,9 miliardi di euro ed è il primo acquirente nazionale di latte.

Dunque uno dei principali protagonisti di questo mercato e le sue scelte hanno di conseguenza un forte impatto su tutta la filiera.

 

Norme europee

Le norme che sarebbero violate sono racchiuse nel Decreto Legislativo 198 dell'8 novembre 2021.

Si tratta delle regole tese a scongiurare pratiche commerciali sleali, argomento a lungo dibattuto a Bruxelles e che ha portato nel 2019 all'emanazione di una direttiva europea su questo tema.

I fatti contestati risalgono all'autunno del 2023, quando Italatte avrebbe modificato unilateralmente gli accordi sottoscritti in precedenza.

 

Un episodio già commentato a suo tempo da AgroNotizie®, anticipando come la modifica del contratto, e la riduzione del prezzo del latte corrisposto agli allevatori, avrebbe potuto essere in contrasto con le regole sulla concorrenza sleale.
Va ricordato che fra i punti fermi della normativa vi è quello, previsto all'articolo 5, di vietare l'imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, ivi compresa quella di vendere prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione.

 

Le reazioni

L'avvio dell'azione sanzionatoria ha sollevato un intenso dibattito che ha visto fra i protagonisti il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha ricordato le numerose azioni amministrative intraprese nei riguardi della più grande multinazionale del latte che in Italia avrebbe approfittato della sua posizione dominante sul mercato per rivedere unilateralmente i contratti con i nostri produttori di latte, abbassando il loro reddito.

 

Di una "prima storica vittoria" ha parlato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ora chiede che venga pagata la differenza agli allevatori danneggiati.

Ma al contempo Prandini si è detto disponibile a riprendere le trattative per "costruire un rapporto proficuo per tutto il settore lattiero".

 

Sulla stessa lunghezza d'onda Luigi Scordamaglia di Filiera Italia, che auspica un'equa ripartizione del valore aggiunto fra tutte le fasi della filiera.

Cosa che a quanto pare avviene raramente, vista la protesta corale che coinvolge tutta l'Europa con protagonisti agricoltori e allevatori.

 

La difesa

Per parte sua Lactalis ha annunciato ricorso alle sanzioni, sostenendo che le modifiche contrattuali avrebbero consentito agli allevatori di ricavare il 10% in più rispetto a quanto stipulato inizialmente con un prezzo in linea con il mercato.

"Totalmente infondato", così è stato definito, il presunto danno economico per gli allevatori.

 

Giovanni Pomella, amministratore delegato di Lactalis in Italia, ha dichiarato: "Il tema di un modello di definizione del prezzo del latte che sia sostenibile per l'intera filiera rappresenta oggi una priorità che deve essere affrontata con il coinvolgimento attivo di tutti gli operatori economici e istituzionali. In questo senso auspichiamo di proseguire nella linea del dialogo corretto e collaborativo con tutti gli attori del settore aprendo un tavolo di confronto per una campagna salva-latte che permetta di tutelare l'intera filiera. A questo proposito richiederò personalmente un incontro al ministro Lollobrigida".

 

O si cambia o si chiude

Se e quando questo incontro avverrà e qualunque ne saranno gli esiti, la vicenda potrebbe imprimere una svolta agli equilibri che regolano i rapporti fra i protagonisti della filiera del latte e non solo.
Sino ad oggi ogni anello della filiera produttiva ha cercato di migliorare i propri margini riducendo i costi degli acquisti, a spese degli operatori a monte.

 

Così ha fatto la distribuzione nei riguardi delle imprese di trasformazione e così hanno fatto queste ultime nei confronti dei loro fornitori, in questo caso gli allevatori.

Una "strategia" che ha portato al fallimento e alla chiusura di oltre 90mila allevamenti in poco più di dieci anni, come denunciato da AgroNotizie®.

È tempo di cambiare o si finirà per non avere più materia prima da trasformare e eccellenze agroalimentari da vendere.

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