Non c'è da stupirsi se in Italia si produce sempre meno latte.

I dati sulle consegne di latte, in aumento nella prima parte dell'anno, sono costantemente diminuite da aprile in poi, sino a registrare in luglio una caduta di quasi il 3%.

Eppure il prezzo del latte (quello spot, venduto fuori contratto) continua a crescere, come già AgroNotizie ha evidenziato nelle sue analisi sull'andamento del settore.

 

Un paradosso solo apparente e che si spiega in poche parole: produrre latte non conviene, a dispetto dell'aumento dei prezzi.

Colpa dell'impennata dei costi di produzione, da quelli dell'energia a quelli delle materie prime per l'alimentazione degli animali. 


Crisi senza precedenti

Il Crea, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria, ha voluto analizzare a fondo come la situazione degli allevamenti sia andata progressivamente peggiorando sotto il profilo economico, prima in conseguenza della pandemia e poi con gli esiti del conflitto fra Russia e Ucraina.

Ne è scaturito un corposo dossier, recentemente diffuso, che documenta le difficoltà generate da una crisi senza precedenti, che pesa su tutti i comparti agricoli e sulla zootecnia in particolare.

Tanto da ipotizzare che il 25% delle aziende, dunque una su quattro, potrebbe non essere in grado di far fronte agli impegni di spesa, rischiando così il tracollo e la chiusura.


Tutti i bilanci in rosso

Entrando nel dettaglio dei risultati, colpisce il confronto fra i costi medi dei cinque anni dal 2016 al 2020 rispetto a quelli attuali, praticamente raddoppiati (+111%).

Gli aumenti più significativi, come immaginabile, sul fronte dei mangimi e dell'energia.

Se l'aumento medio dei costi correnti aziendali è di poco superiore ai 29mila euro a livello complessivo nazionale, nelle aziende da latte questo stesso costo medio supera i 90mila euro.

 

Terrificanti le conseguenze sui bilanci aziendali.

Sul valore aggiunto, che misura il saldo fra i ricavi e i costi, si ha una riduzione media del 70%, che nel caso delle stalle da latte sfiora il 92%.

 

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Variazioni dei prezzi e degli importi per le principali categorie di costo ed effetti attesi sul costo
medio aziendale. Confronto tra scenario nazionale e scenario aziende da latte


Non si salva nessuno

Certo, questi sono dati medi e dunque destinati a variazioni anche significative in funzione di molti fattori, dalle dimensioni aziendali alla collocazione delle stesse aziende nel territorio.

Anche di questo si è occupato lo studio del Crea, dimostrando quanto sia difficile per tutti superare questa difficile e straordinaria congiuntura.

Nelle aree Nord occidentali si registra il dato meno negativo, comunque con un calo del valore aggiunto superiore all'88%, valore che supera il 101% quando si passa ad esaminare la situazione delle stalle che operano nel Centro Italia.

 

L'analisi si spinge anche a evidenziare i mutamenti dello scenario economico aziendale in funzione delle dimensione dell'azienda stessa.

Confermando che le maggiori sofferenze sono a carico delle aziende medio piccole.

 

Le perdite per ogni litro prodotto

Lo studio risponde anche un'altra importante domanda: quanto si perde per ogni litro di latte prodotto.

La base di riferimento è il prezzo pagato agli allevatori per il latte alla stalla nel secondo quadrimestre del 2022, pari a 47 centesimi al litro.

Il confronto è sulla base dei costi operativi e il risultato è desolante: per ogni litro di latte prodotto in una stalla del Nord Ovest si perdono 0,1 centesimi, che salgono a 14,3 centesimi al litro per le stalle del Sud.

 

Se il confronto lo si fa in base alla dimensione aziendale, lo scenario è ancora più deludente.

Nelle piccole stalle ogni litro di latte prodotto comporta una perdita di 62,1 centesimi.

Nemmeno nelle grandi stalle, dove è possibile realizzare forti economie di scala, il risultato è positivo.

Anche in questo caso ogni litro di latte prodotto comporta una perdita, anche se di soli 3,4 centesimi al litro.


Futuro incerto

Condizioni alle quali nessuna impresa può sopravvivere.

Ci si chiederà come sia possibile che ci siano stalle ancora attive.

La risposta la fornisce ancora una volta il documento del Crea, specificando che nei conteggi non sono contemplati i sostegni comunitari.

Solo da questi sembrerebbe dunque dipendere il futuro delle nostre stalle, cosa non certo consolante.

 

Va peraltro ricordato che una quota importante del latte viene avviata alla trasformazione in formaggi, con logiche di prezzo diverse e più elevate rispetto al latte alimentare sul quale sono basate le analisi del Crea.

Ma ciò non mitiga la gravità di questo scenario che non può lasciare tranquillo nessuno.


Quando una stalla chiude

Quali le prospettive?  Le simulazioni del Crea giungono alla conclusione che un allevamento di bovini da latte ha margini di sostenibilità economica solo in presenza di oltre 50 capi in produzione e con una resa media di almeno 60 quintali per capo.

Per le piccole aziende, quelle con meno di 25 capi, il futuro è fortemente a rischio se non si metteranno in campo interventi di sostegno.

 

Quando una stalla chiude, è bene ricordarlo, il danno non si ferma agli aspetti economici e sociali.

Sovente a soffrire è l'ambiente, specie nelle aree marginali, dove l'allevamento è una delle poche attività economiche possibili e dove la presenza dell'uomo e degli animali è un presidio al territorio.

Altrimenti condannato al degrado.