È un compito difficile quello che gli allevatori di suini devono affrontare per garantire ai loro animali un livello di benessere persino maggiore di quello richiesto dalle normative in materia.
In loro soccorso arrivano i risultati della ricerca, sempre molto attiva in questo comparto, sebbene le conclusioni non siano sempre rispondenti alle attese.

Ultimo in ordine di tempo il progetto intitolato "the ethical pig farm", che altrettanto efficacemente può intitolarsi "allevamento etico del suino".
Con l'aiuto dell'università di Milano e della Fondazione Crpa Studi e ricerche di Reggio Emilia, il progetto si è posto l'obiettivo di verificare sul campo, in alcuni allevamenti lombardi, le reali possibilità di migliorare il benessere degli animali.
Molte le indicazioni pratiche che ne sono scaturite, al centro di un incontro che si è recentemente svolto presso il Polo universitario veterinario di Lodi.


Stop alla castrazione

Due i principali capitoli sui quali si è concentrata l'attenzione dei ricercatori, le mutilazioni (come il taglio della coda e la castrazione) e il confinamento nelle fasi di gestazione e parto, in altre parole l'uso o meno delle gabbie per le scrofe in fase riproduttiva.

Sul primo aspetto, quello della castrazione, l'attenzione si è concentrata sulle recenti tecniche che sostituiscono l'atto chirurgico con la somministrazione di immunomodulatori, capaci di rallentare e anche interrompere la crescita delle gonadi maschili.
In questo modo si impedisce che negli animali maturi, come quelli destinati all'industria salumiera, si abbia il trasferimento nelle carni di odori e sapori sgradevoli.

Il risultato, sotto il profilo sanitario e su quello della qualità, sembra positivo. Non si sono infatti registrate differenze rispetto ai prodotti ottenuti con la castrazione chirurgica.
Cambia invece il comportamento degli animali, più docili nel caso della castrazione chirurgica, più irrequieti e aggressivi nel caso della castrazione immunologica.
Quest'ultima, è opportuno ricordarlo, richiede due o più interventi, che in particolare nell'animale adulto possono essere fonte di stress per lo stesso animale e di rischio per l'operatore.


Gabbie sì e gabbie no

Complessa l'interpretazione dei risultati riguardo alla presenza o meno delle gabbie nei reparti di gestazione.
Nel caso delle scrofe libere in box parto senza lettiera è emersa una maggiore mortalità nella nidiata, con la perdita, in media, di quasi un suinetto in più per parto.
Situazione migliore si è riscontrata nel caso della presenza di paglia, dove la percentuale di schiacciamenti dei suinetti da parte della scrofa è paragonabile a quella che si registra nelle gabbie tradizionali.

Oltre che nella lettiera la presenza della paglia si rivela utile anche in rastrelliera, mostrando un effetto positivo sulla riduzione dei comportamenti anomali, come ad esempio la morsicatura della coda.
 

Pavimenti

Anche le pavimentazioni sono rientrate fra gli argomenti di studio del benessere animale e si è testata la possibilità di utilizzo di tappeti in gomma per la creazione di pavimentazioni continue, non fessurate.

Soluzioni che non si sono dimostrate idonee all'introduzione in strutture preesistenti, in quanto la pulizia degli animali e degli stessi box sono risultati inaccettabili.


Costi e mercato

Interventi di immunocastrazione, eliminazione delle gabbie nelle aree di gestazione, aumento degli spazi a disposizione degli animali, paglia e altri arricchimenti ambientali, se contribuiscono a migliorare lo stato di benessere degli animali, comportano peraltro maggiori costi.

Il mercato è disponibile a riconoscerli accettando prezzi più alti?
Per rispondere a questa domanda la sperimentazione si è spostata dagli allevamenti ai consumatori, e prima ancora ai responsabili degli acquisti delle grandi catene di distribuzione.
Controversi, e per alcuni aspetti curiosi, i risultati ottenuti. Chi vorrebbe far leva sulla presumibile maggiore sensibilità al benessere animale da parte dei giovani sotto i 30 anni, sarebbe in errore. E' questa, infatti, la categoria di consumatori che si è dimostrata più indifferente e dunque meno disponibile a spendere di più.

Ma più in generale è il tema del benessere animale che non sembra essere in cima ai pensieri dei consumatori.
Pur restando un requisito importante, prima del benessere animale viene il prezzo, la marca, le caratteristiche nutrizionali.

Nelle fasce fra i trenta e i quaranta anni, certo fra le più attive e quindi con maggiori disponibilità economiche, si colloca il gruppo di consumatori che si dice più pronto a dare la preferenza a prodotti animali ottenuti in condizioni di elevato benessere.


La parte difficile

Individuate le tecniche per ottenere un maggior benessere animale, e il target di consumatori ai quali fare riferimento, occorre differenziare il prodotto e farlo riconoscere per quello che vale.

Ed è forse questa la parte più difficile di tutto il progetto.
Il mondo della ricerca ha fatto la sua parte e continua nel suo impegno per migliorare le conoscenze sul benessere e non solo.
Il passo successivo, quello della valorizzazione del prodotto, è nelle mani degli allevatori e soprattutto delle organizzazioni che li rappresentano.