La “riflessione aperta” del presidente della Cia Lombardia, Mario Lanzi, sulla possibilità di convocare il tavolo interprofessionale del latte e, magari col sostegno del ministero delle Politiche agricole e della Regione Lombardia, intavolare trattative per singoli segmenti produttivi (latte alimentare, latte destinato alle produzioni Dop, latte per i formaggi freschi) non convince il numero uno di Confagricoltura Lombardia, Antonio Boselli.

“La proposta di Mario Lanzi merita interesse – afferma Bosellie credo che una linea negoziale per segmenti sia ragionevole, ma solo parzialmente. Perché la questione è che il latte è bianco e, fatto salvo il Parmigiano reggiano, che impone alle bovine un’alimentazione diversa, si tratta di un prodotto che può essere destinato per i molteplici usi che lo stesso Lanzi ha indicato. Non ritengo quindi giusto che vengano siglati più accordi”.

Secondo Boselli, inoltre, una differenziazione economica potrebbe creare squilibri sulla base dei volumi “mobili” di latte. “Se viene fissata una cifra per il latte destinato a formaggi freschi, per esempio, e il settore tira – spiega il numero uno di Confagri Lombardia – potrebbe invogliare i produttori e la filiera ad aumentare i numeri produttivi per quel comparto, dirottando il latte da altre destinazioni e, di fatti, andando ad incidere sugli equilibri di domanda e offerta”.

Un solo prezzo del latte – tenuto conto anche delle difficoltà che si incontrano per raggiungere l’accordo fra produttori e trasformatori – per Boselli può bastare. “Se proprio vogliamo differenziare, tenuto anche conto di quanto è accaduto in questi anni, si potrebbe pensare al massimo di definire un prezzo per il latte destinato a Grana padano e Parmigiano reggiano e per il latte impiegato per altre finalità. Ma, sinceramente, la vedocome una forzatura, perché le Dop, il fresco, l’alimentare, i formaggi freschi sono di fatto vasi comunicanti”.

Quanto al prezzo in sé, Boselli è lapidario: “Non siamo affatto soddisfatti dei 40 centesimi offerti da Assolatte – ripete - perché stridono sia con l’attuale scenario di mercato, che individua una oggettiva richiesta di prodotti lattiero caseari e una richiesta in aumento per i prossimi mesi, sia con i problemi congiunturali degli allevatori, fortemente penalizzati dal maltempo e nei raccolti dei foraggi. Saremo sempre più compressi dai costi di produzione e ci sembra logico chiedere qualche centesimo in più per non chiudere le stalle”.

Quanto all’ipotesi futures lattiero caseari, presentata al 3° Forum Clal nei giorni scorsi, Boselli non si sbilancia. “Innanzitutto dovremo ragionare sul post-quote e capire se ci saranno, e quali saranno, nuovi strumenti per favorire la regolamentazione ulteriore del mercato – dice -. L’Italia è un importatore netto e abbiamo dunque tutto l’interesse a che vengano rispettate alcune regole. Si potrebbe verificare una situazione in cui il latte destinato alle produzioni Dop e quello fresco può beneficiare di un prezzo, per così dire, garantito, mentre il resto del latte alimentare (una percentuale del 30-35% dei volumi totali) rischia di entrare in conflitto con il latte estero”.

Ecco che lo strumento dei derivati potrebbe essere “un ottimo strumento. Anche perché in Italia noi allevatori non siamo abituati alla volatilità di altri Paesi, come la Francia; noi avremmo difficoltà nella gestione dell’azienda, se fossimo alle prese con una volatilità così marcata”.