Un anno fa un quintale di latte spot (fuori contratto) era pagato più di 68 euro. Oggi lo stesso quintale di latte non arriva a 46 euro.
Una differenza del 33%. Per trovare prezzi così bassi in questo periodo occorre risalire al 2021 quando un quintale di latte spot si fermava ai livelli di oggi.
Situazione analoga per le provenienze da Germania e Francia.
Il prezzo del latte spot importato precipita anche più di quello nazionale, a dispetto del trend del periodo, altrimenti caratterizzato da quotazioni in aumento.
Più di uno i motivi di questa "debacle" del mercato del latte. Al primo posto la spinta sulla produzione, incentivata da una lunga stagione di prezzi alti.

C'è più latte in Italia…
Le consegne di latte in Italia hanno segnato un aumento a partire dal secondo semestre.
A spingere sull'acceleratore alcune fra le regioni a maggiore vocazione lattiera, fra queste Lombardia (+3,4%), Veneto (+4,2%), Emilia Romagna (+3,8%).
Poco conta che altre regioni, come Abruzzo (-14,3%) o Lazio (-19,4%), abbiano rallentato.
Il totale nazionale (ad agosto 9,018 milioni di tonnellate) risulta più elevato del 2,6% rispetto a un anno fa.

Andamento delle consegne di latte in Italia negli ultimi tre anni
(Fonte: Assolatte)
…e nel mondo
Nell'Unione Europea la produzione resta stabile, ma si riduce sensibilmente (-10,7%) la produzione di latte in polvere intero e di latte condensato (-10,8%).
Logica conseguenza è la maggiore disponibilità di latte per altre destinazioni.
Va però considerata la spinta produttiva registrata nel periodo estivo, sensibilmente superiore rispetto all'anno precedente (+2,8%), annullando il calo di inizio anno.
A spingere sulle produzioni gli allevatori francesi e tedeschi. Una tendenza all'aumento proseguita anche in ottobre.
Non è casuale se il prezzo del latte di queste provenienze ha registrato cali anche superiori a quelli del latte italiano.
Sui mercati internazionali pesa poi la maggior produzione di latte in Nuova Zelanda (+3,1%) e negli Usa (+1,7%), come mostrano le analisi della Commissione Europea.

Mercati in affanno
La maggiore disponibilità di latte non è solo il frutto di un periodo estivo favorevole alla produzione, ma anche di scelte poco lungimiranti da parte degli imprenditori zootecnici.
Allettati da quotazioni alte e da margini più elevati, molti hanno scelto di produrre di più.
Quando possibile mantenendo più vacche in stalla, ritardando la riforma delle stesse.
Lo si è visto nell'andamento delle macellazioni che in Europa sono calate in agosto del 12%.
Prevedibile così il crollo dei prezzi, che si è rapidamente esteso su tutti i mercati e in parte sui prodotti lattiero caseari.

I formaggi
Dopo il latte, anche per i formaggi si registra qualche cedimento, in particolare per il Grana Padano che dopo una lunga stagione di stabilità mostra qualche segno meno davanti alle quotazioni.
Per il prodotto con stagionatura di 12-15 mesi il prezzo nella seconda settimana di novembre si è fermato a 11,12 euro al chilo, come evidenziano le rilevazioni di Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
Stabile però il Parmigiano Reggiano, come pure altre importanti Dop, mentre continua a calare il prezzo del burro.

Le previsioni
Difficile prevedere quando si troverà un nuovo punto di equilibrio. La caduta delle quotazioni potrà favorire una contrazione della produzione di latte. Ma ci vorrà tempo.
Nel frattempo è possibile immaginare qualche ripercussione sul mercato delle carni bovine con il probabile accentuarsi delle macellazioni delle vacche in via di riforma.
Forse saranno loro, le carni bovine, la prossima "vittima" della maggior produzione di latte.






























