Fin dall'antichità gli uomini hanno selezionato le piante per le loro caratteristiche. Gli agricoltori individuavano nei campi gli esemplari più forti, quelli che davano i frutti più grandi e che resistevano meglio agli agenti atmosferici e ai parassiti. Queste piante venivano selezionate e i semi piantati per mantenere nella progenie quelle caratteristiche utili per l'uomo.

Ma la crescita di una pianta non è dovuta solo alla genetica, né agli input produttivi che arrivano dall'esterno. Una parte del lavoro la fanno i microrganismi che vivono all'interno del suolo e in simbiosi con la pianta. Perché dunque non selezionare anche i batteri che aiutano più efficacemente le colture?

Il concetto è quello di microbioma, l'insieme cioè del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi di un ambiente definito. Nel nostro intestino vivono miliardi di batteri che ci aiutano ad assimilare il cibo. Ma batteri sono presenti anche sulla nostra pelle e ci aiutano a proteggerci dagli attacchi esterni.
Nell'intestino di alcuni scarafaggi ci sono microrganismi cellulosolitici che permettono all'insetto di cibarsi di legno morto.

Un discorso simile può essere fatto per le piante. Sulle radici e nel terreno vivono dei microrganismi che agevolano la nutrizione dei vegetali. Negli Stati Uniti Ulrich Mueller, dell'Università del Texas, e Joel Sachs, dell'Università della California, hanno pubblicato uno studio proprio sulla selezione del microbioma.

I ricercatori hanno preso delle piante geneticamente identiche a cui hanno somministrato la stessa quantità di nutrienti e di luce. Alcune piante hanno ottenuto delle performance migliori che i ricercatori hanno ricondotto alla presenza di microrganismi utili nel suolo. Dalle radici sono stati filtrati i batteri del terreno che poi sono stati inoculati in suolo sterile per misurarne l'efficacia su dei nuovi semi.

Lo studio è stato portato avanti sulla Arabidopsis, una pianta che viene solitamente usata in laboratorio per la relativa semplicità del suo Dna e per il ciclo di vita breve. Ma potenzialmente lo stesso processo di selezione dei microbioma potrebbe essere fatto per qualunque specie vegetale (e anche animale).
In futuro dunque non solo proteggeremo le colture con gli agrofarmaci e le nutriremo con i fertilizzanti, ma provvederemo anche a fornire i migliori microrganismi.

Studi condotti sulle leguminose hanno dimostrato che i giusti batteri nel terreno possono aumentare la produttività del 30%. Questi microrganismi producono un ormone vegetale, l'Auxina, che aiuta la pianta nel suo metabolismo cellulare perché consente una maggiore fissazione dell'azoto. Come effetto la pianta produce di più, sia come peso secco del fusto che come baccelli.

I batteri giusti possono aiutare le colture ad assimilare meglio i nutrienti, ma anche a resistere meglio alla scarsità di acqua o agli attacchi dei parassiti.
Il punto critico sta nell'isolare i batteri utili e trasportarli da una pianta all'altra senza stravolgere il delicato equilibrio che esiste tra microrganismi e piante.