Non si sta parlando di segni zodiacali, anche perché in tal caso mancherebbe il fuoco, bensì del difficile rapporto che esiste fra nutrizione vegetale e ambiente, sia in chiave atmosferica, sia in chiave idrica. Per comprendere meglio il tema si è pensato di intervistare loro, aria e acqua, visto che al letame, con le implicazioni benefiche che ha sul suolo, è stata dedicata una puntata specifica della serie "Le interviste impossibili".
Care aria e acqua, lo so: l'agricoltura non è mai stata tenera con voi, specialmente negli ultimi 50 anni. A prescindere dalla richiesta di comprensione che vi avanzo, visto che dobbiamo pur mangiare in 60 milioni di italiani, quali sono secondo voi i punti più delicati dal vostro angolo di osservazione?
"Mah, guardi, penso di poter rispondere anche per l'amica acqua, io da parte mia ricevo tonnellate di inquinanti di ogni tipo, tutti i giorni, dal traffico automobilistico, dai riscaldamenti urbani e dalle attività industriali. Quelle agricole sono quindi solo una parte di quanto finisce nei miei strati, bassi o alti che siano in termini di altitudine rispetto al terreno. Il tutto, a detrimento anche della vostra qualità della vita, perché alla fine è pur sempre nei vostri polmoni che vado a finire sa?"
"Concordo con l'amica aria: io invece finisco nei vostri stomaci, quindi ho un destino analogo. Come pure ricevo una grande quantità di inquinanti di vario genere da molteplici fonti. Onestamente, non sapremmo neanche bene da che parte iniziare".
Forse potreste iniziare a parlare di cosa vi preoccupa di più…
"A noi? A noi poco. Quando gli umani si saranno estinti noi continueremo a esistere per diversi miliardi di anni. Quindi non è per noi che ci preoccupiamo, ma per voi. Pensi solo alle quantità di anidride carbonica che mi riversate dentro per via dei vostri consumi energetici… Uno sproposito. Vicini ai 300 ppm di CO2 il Pianeta ci è arrivato più volte, ciclicamente, negli ultimi milioni di anni. Ma a superare il valore di 400 ppm è altra roba. Il tutto in pochi decenni, soprattutto. Alla faccia di chi nega il fenomeno. Vuol dire che voi umani mi avete rimpinzato di anidride carbonica facendomela salire di circa un terzo rispetto ai miei valori storici massimi. In sostanza, voi siete un po' il mio colesterolo: o si trova il modo di abbassare quei livelli o io prima o poi collasso".
Ecco, direi che il parallelismo gas serra-colesterolo è abbastanza calzante per descrivere il problema. Ma noi dell'agricoltura che ruolo abbiamo in tutto questo?
"Se n'è sparate d'ogni tipo. Sicuramente, chi vi attribuisce la metà delle emissioni globali dice qualcosa di folle. Infatti poi si scopre che nel computo mettono dentro anche i trasporti delle materie prime in tutto il mondo e dei cibi trasformati in giro sulle strade. Di energia ne consumate tanta, è vero, ma alla fine di CO2 ne captate moltissima grazie alla fotosintesi delle piante coltivate stesse. L'agricoltura, onestamente, è l'unica attività umana che emette e ricapta anidride carbonica. Quindi avete sì da lavorare anche voi per ridurre le emissioni, perché tutti devono cooperare, ma buttarvi croci addosso più del dovuto è un brutto vizio figlio dei moderni assetti sociali e mediatici, i quali hanno perso il contatto fra ciò che hanno nei piatti e i campi che quel cibo hanno prodotto".
Però mica c'è solo l'anidride carbonica. Ci sono anche inquinanti molto subdoli per la salute…
"Certo che sì. Basti pensare alle polveri sottili secondarie, ovvero i PM2,5, generatisi in aria dopo l'evaporazione di alcuni loro precursori, tipo l'ammoniaca dai terreni concimati, specialmente con liquami. Già l'ammoniaca di per sé è un inquinante insidioso per la vostra salute, basti vedere le nuvole rosse da satellite che ammorbano le aree centrali della Pianura padana, ma se a questa si aggiungono anche i particolati sottili secondari, non è che stiate messi benissimo. E in tal caso, per ammonica, metano e particolato, dovete ringraziare molto la zootecnia, ovvero quella che si è concentrata nelle zone più produttive concentrando in tal modo anche i problemi. Un conto è infatti vivere a Cremona, un altro vivere a Urbino...".
E pensare che qualcosa si potrebbe fare, per esempio rispettando le finestre temporali di conferimento al suolo delle deiezioni, magari utilizzando attrezzature idonee, come quelle dotate di iniettori sottosuperficiali. Non risolveranno il problema, ma almeno potrebbero mitigarlo.
"Certo che sì, anche per quanto riguarda gli odori sgradevoli, che a voi umani non è che piaccia molto quel vapore puzzolente che ogni tanto vi attanaglia le case…".
E dal punto di vista delle acque, invece?
"Siamo lì. Io non me la prendo se mi riempite di nitrati. Dovreste essere voi a preoccuparvi. Di certo, vi sono studi di Confagricoltura di Piacenza che dimostrano come i comuni a maggior intensità di allevamento siano anche quelli a minor tasso di nitrati nelle falde. Quindi la fertilizzazione organica, anche se massiccia, sembra in fondo contare meno di quanto si ode in giro. Altrettanto certo, però, è che se mi adoperate fertilizzanti di sintesi generici, con dosi di azoto facilmente disponibili al dilavamento, poi non lamentatevi se poi io mi ritrovo infiltrata da nitrati e, qualche volta, nitriti."
E in tal senso, cosa Le tornerebbe più utile?
"A me servirebbe sicuramente un maggior ricorso a fertilizzanti evoluti, con inibitori della nitrificazione. Dei formulati che invece di iniettarmi facilmente dell'azoto in falda lo tengano nei primi centimetri del terreno. Che poi è anche quello che serve a voi: sono le vostre piante che abbisognano di azoto, mica io. In Europa state utilizzando da anni più o meno 150 chilogrammi di fertilizzanti per ettaro, decina di chili più, decina di chili meno a seconda dell'annata (Fonte: World Bank). Quindi ottimizzare l'efficacia dei vostri investimenti dovrebbe essere una vostra priorità".
Sicuramente. Ma non trova che qui vi sia un contrasto con le esigenze dell'aria? Alle acque servirebbe forse più organico che chimico. O no?
"Ni. È vero che la sostanza organica è importante, ma ogni terreno e ogni area geografica ha i suoi problemi. Se di deiezioni e fanghi ce n'è fin troppi al Nord, nelle aree a forte vocazione zootecnica, in altre aree del Centro e del Sud Italia scarseggiano. E così si trovano campi di cereali che hanno meno dell'1% di sostanza organica sulle colline marchigiane o di altre regioni, mentre in certi suoli della Lombardia si ha tanta sostanza organica da poterla esportare. Quindi la risposta corretta è: dipende… E poi ci sono aspetti legati alla produzione. Cento chili di urea al 46% apportano 46 chilogrammi di azoto per ettaro. Per soddisfare un fabbisogno di 300 kg/ha di azoto, necessario a produrre 150 quintali di mais, bastano quindi 652 chili di urea, dato che ogni quintale di mais necessita per essere prodotto di almeno 2 kg di azoto. Se invece volete impiegare letame ve ne occorrono almeno nove tonnellate, considerando un contenuto di 3 kg di azoto per quintale. E qui magari son più contenta io, acqua, ma magari è meno contenta l'aria, visto quanto diceva poco sopra. Viceversa, con i concimi azotati è più facile sia io ad aver motivi di brontolare. Quindi vedete? Non esiste la ricetta univoca ai problemi che legano l'agricoltura all'ambiente".
Forse un po' più di equilibrio nelle tecniche impiegate e nella comunicazione delle medesime?
"Certo che sì. Onestamente, avete tutte le tecniche per mitigare la vostra presenza, sia verso le acque, sia verso l'atmosfera. Magari mirando meglio le fertilizzazioni, minimizzando l'uso di lavorazioni meccaniche, gestendo meglio le deiezioni animali utilizzandole prima per scopi energetici rinnovabili..".
"Concordo con l'amica aria, ma sicuramente un sistema più radicale per risolvere tutto ci sarebbe…".
E sarebbe?
"Smettete di mangiare tre volte al giorno e riducetevi di 3-4 miliardi di unità".
Ecco, diciamo che l'intervista può anche finire qui. Bene, ma non benissimo…