Qui i terreni coltivati non sono trattati con geodisinfestanti, ovvero gli insetticidi comunemente utilizzati per combattere i parassiti dei terreni e i fitofagi, né viene piantato il seme conciato. Al contrario, la sperimentazione avviata si basa sull’utilizzo di buone pratiche agronomiche tradizionali e lotta integrata (che unisce metodi colturali come la corretta rotazione e ferilizzazione dei terreni e mezzi biologici e meccanici di contrasto ai principali parassiti grazie anche al monitoraggio degli insetti dannosi mediante trappole a feromoni).
Per i Consorzi di difesa delle colture agrarie, che tra Veneto e Friuli Venezia Giulia arrivano a contare 20mila soci, si tratta di un impegno importante che ha portato a mutare in pochi anni il proprio ruolo e la propria mission: andare cioè oltre il tradizionale compito assicurativo e di assistenza peritale in caso di danni da avversità, per assumere un importante ruolo di promozione dell’agricoltura sempre più innovativa ed eco-compatibile.
“Abbiamo fatto toccare con mano – afferma il presidente Condifesa Veneto, Valerio Nadal - che coltivare il mais senza l’abuso della chimica non solo è possibile, ma è anche conveniente: anzitutto sotto il profilo economico per le aziende agricole che risparmiano in trattamenti, ma anche sul piano ambientale, poiché si riduce l’inquinamento, si tutela la salute degli operatori e si preserva la fertilità dei terreni”. I dati sono lampanti e confermano il successo della sperimentazione: mentre il 50% delle aziende tratta il seme inutilmente, solo l’1% delle superfici non trattate subisce danni significativi da insetti terricoli. Il risparmio economico è quantificabile in circa 50 euro per ettaro che a livello Veneto si traduce in oltre 10 milioni di euro oggi spesi in geodisinfestanti.
“Ma qui subentriamo noi come Consorzi di difesa – conclude Nadal - con l’apposito fondo mutualistico mais: il fondo copre la coltivazione non solo dai danni da avversità atmosferiche (eccesso di pioggia o siccità) ma anche da parassiti (quali elateridi, diabrotica e nottue). Questo significa per l’agricoltore arrivare al rischio zero, con un risparmio economico e ambientale evidente”. Il rischio zero si ottiene cioè mixando le conoscenze tecniche acquisite nella lotta integrata con la copertura del rischio economico (pur di lieve entità) attivata grazie ai fondi mutualistici.
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Fonte: Condifesa Treviso