A crederci sono i ricercatori dell'Università olandese di Wageningen che stanno lavorando ad un progetto per rendere le aziende agricole autosufficienti dal punto di vista energetico. Molte aziende hanno infatti oggi installati sistemi per produrre energia grazie alle fonti rinnovabili: pannelli solari e pale eoliche in primis. L'energia prodotta tuttavia non può essere immagazzinata, se non attraverso batterie che però hanno costi molto elevati.
È una situazione classica quella in cui durante il giorno, quando c'è sole, si produce tanta energia che però servirebbe la sera, quando si utilizzano le luci o gli elettrodomestici di casa. La maggior parte dell'energia viene poi prodotta in estate, ma il suo consumo ha un picco in inverno, quando ad esempio si accendono gli impianti di riscaldamento.
Che ruolo ha l'idrogeno in tutto questo? Facendo passare l'energia elettrica nell'acqua (idrolisi) si rompono i legami che tengono insieme le molecole di acqua (H2O) e si ottiene idrogeno (H2) e ossigeno (O). L'idrogeno è un gas estremamente infiammabile che può essere immagazzinato sotto forma liquida ed essere utilizzato al momento del bisogno.
Utilizzando l'energia elettrica prodotta in modo sostenibile si produce quindi un gas che una volta bruciato rilascia come scarto solamente vapore acqueo. In questo modo l'approvvigionamento energetico dell'azienda agricola sarebbe non solo ad impatto ambientale zero, ma anche gratuito, se non per l'investimento iniziale negli impianti di produzione.
L'idrogeno potrebbe essere utilizzato per riscaldare l'abitazione o le serre, per far funzionare gli impianti di lavorazione e gli essiccatoi. E perché no, anche i trattori. Oggi esistono già dei prototipi che invece del gasolio 'bruciano' idrogeno per generare energia elettrica utile alla trazione e all'alimentazione dell'impianto idraulico.
Gli ostacoli all'uso dell'idrogeno
Se l'idrogeno è una fonte così semplice e pulita di energia come mai non ha ancora soppiantato il petrolio? Ci sono una serie di ostacoli che per ora impediscono questo cambio di paradigma. Prima di tutto c'è il fatto che l'idrogeno è un combustibile estremamente infiammabile e pericoloso. Per fare un paragone storico i dirigibili erano riempiti di questo gas e non era raro che andassero a fuoco.C'è poi la questione dell'efficienza. Nella fase di produzione di idrogeno (elettrolisi) si perde circa un 25% di energia e nel caso del motore a celle a combustibile un'altra parte viene dissipata e quindi non trasferita alle ruote o alla pto. Insomma, la produzione e lo sfruttamento di questa fonte è ancora poco efficiente.
C'è poi la questione dell'immagazzinamento. Per poter essere stoccato in uno spazio ristretto l'idrogeno deve essere liquefatto e per farlo servono pressioni elevate che comportano l'utilizzo di serbatoi speciali e impianti ad hoc. Ci sono dunque ancora diversi ostacoli di tipo tecnico allo sfruttamento dell'idrogeno ma i ricercatori di diversi paesi, finanziati anche con fondi europei, stanno lavorando a rendere sempre più efficiente questa tecnologia.
"Come sempre nelle innovazioni, le aziende devono prima scoprire se esiste un mercato per il prodotto. Gli stimoli e le sovvenzioni del Governo possono accelerare questo processo. Questo è ciò che è accaduto con l'introduzione dei mulini a vento", afferma Chris de Visser, business unit manager field crops presso l'Università di Wageningen che questa estate lancerà proprio un progetto per la produzione e gestione di idrogeno in una delle sue aziende sperimentali.