Manca solo un mese alla campagna olearia e lo sviluppo vegetativo degli oliveti in Italia appare complessivamente positivo, seppure con situazioni differenziate a seconda delle aree di produzione. Lo rende noto l'Ismea, sottolineando che da una prima ricognizione qualitativa effettuata attraverso la propria rete di rilevazione è emerso che il caldo ha influito sullo sviluppo colturale. Le situazione di stress più evidenti, al momento, sono state rilevate nelle Regioni del Centro-Nord.

Nelle zone vocate del Mezzogiorno (Puglia, Calabria, Sicilia) la situazione è a macchia di leopardo, con aree maggiormente esposte, rispetto ad altre, agli effetti legati alle alte temperature di fine estate. Per fronteggiare lo stress idrico gli olivicoltori hanno comunque effettuato frequenti interventi irrigui mirati a ristabilire le condizioni idonee al decorso vegetativo.

Il caldo stressa gli uliveti, dunque, ma non sono solo brutte notizie sotto questo fronte: dato il basso livello di umidità, l'andamento climatico non ha tuttavia favorito lo sviluppo di patogeni né attacchi parassitari, in particolare della temuta mosca olearia, la principale responsabile dei danni alle coltivazioni dell'olivo.

Riguardo alla qualità degli oli - conclude l'Ismea - le attese sono complessivamente favorevoli. I dati quantitativi sulla produzione 2011/12 verranno diffusi dall'Istituto a partire dalla terza decade di ottobre, in prossimità dell'avvio delle operazioni di raccolta.

Ma l'estate eccezionalmente calda e asciutta non farà sentire i propri effetti solo sull'annata olivicola 2011: si inserisce infatti in un più ampio trend climatico che sta provocando effetti strutturali. Gli esperti del Cnr parlano di una vera e propria 'migrazione dei prodotti tipici verso Nord': in Italia si sta già verificando un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture, come appunto l'olivo che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi, e nella Pianura Padana dove si coltivano grandi quantità di pomodoro e di grano duro per la pasta.

Un gruppo di ricercatori dell'Istituto di Scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna e dell'Università degli studi di Milano, hanno infatti stimato un aumento di 1,5 gradi di temperatura in Europa negli ultimi cinquanta anni (la ricerca è stata pubblicata su Geophysical Research Letters).

Coldiretti riporta che secondo alcuni ricercatori persino lo champagne si è dovuto inchinare ai cambiamenti climatici spostandosi nel sud dell'Inghilterra, ma gli effetti delle temperature più alte si vedono anche in termini di aumento della gradazione dei vini nostrani.

Un effetto che si estende in realtà a tutti i prodotti tipici. Il riscaldamento provoca infatti anche - precisa la Coldiretti - il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto - conclude la Coldiretti - mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche "essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani".