Secondo il geografo e storico Strabone, i popoli preromani si nutrivano di pane elaborato con farina di ghiande per due terzi dell'anno; lo scrittore Plinio il Vecchio riferisce invece che le ghiande venivano cotte fra le ceneri. Esiste evidenza archeologica sul largo consumo di ghiande dai Celtiberi, pratica sussistente in Spagna ancora nel Medioevo, documentata dall'affresco sulla facciata della chiesa di S. Stefano di Holmaza, costruita nel 1200 (Fonte in questa pagina).

 

Se nel vecchio mondo si trattava di una pratica volta a integrare i magri raccolti di cereali, il consumo di ghiande era fondamentale per molte tribù di aborigeni americani, fino a tempi moderni (1). La longevità che si osserva fra alcune di tali tribù viene attribuita, almeno in parte, al basso indice glicemico e ad altri effetti salutari del consumo di ghiande (2). Nell'Europa contemporanea, il consumo di ghiande è limitato a pochi cultori dell'alimurgia e gourmet in cerca di ingredienti originali. La maggior parte viene destinata all'alimentazione di suini, in particolare quelli di razza iberica allevati in stato semibrado, come previsto dal disciplinare di produzione del pregiato prosciutto "pata negra" o "jamón de bellota". In Italia, l'allevamento di suini in stato semibrado in boschi di latifoglie è praticato ancora, ma solo a livello di produzioni locali come, ad esempio, quella del suino nero lucano, molto simile a quello iberico.

 

La raccolta delle ghiande a scopo alimentare è documentata dal Neolitico. La pittura rupestre della caverna di La Sarga, Spagna, datata fra 2.500 e 5mila anni a.C., mostra un individuo che colpisce i rami di due lecci con un palo e le ghiande cadute per terra

La raccolta delle ghiande a scopo alimentare è documentata dal Neolitico. La pittura rupestre della caverna di La Sarga, Spagna, datata fra 2.500 e 5mila anni a.C., mostra un individuo che colpisce i rami di due lecci con un palo e le ghiande cadute per terra

(Fonte foto: Tratta da La Sarga - Arte Rupestre)

 

Tutte le specie del genere Quercus producono ghiande, e in linea di massima tutte sono commestibili dopo un adeguato trattamento per eliminare i tannini. Questi ultimi sono composti con interessanti proprietà antiossidanti, ma che rendono la ghianda estremamente amara e astringente, potenzialmente tossica se ingerita in grande quantità. Il trattamento consiste nell'essiccazione delle ghiande, che facilita l'eliminazione della buccia mediante pestatura, poi la polpa viene ridotta a farina e quest'ultima sottoposta a lisciviazione con acqua, che asporta i tannini ma purtroppo anche i minerali. La farina trattata si può utilizzare come addensante perché contiene molto amido, oppure si può torrefare per preparare una bevanda simile al caffè d'orzo, oppure mischiare a farine di cereali per la preparazione di pane. È possibile estrarre circa il 10% di olio commestibile dalle ghiande.

 

Il leccio (Quercus ilex subsp ilex L.), la sottospecie più diffusa nell'areale Mediterraneo e l'unica presente in Italia, produce ghiande amare. Il Quercus ilex subsp rotundifolia (alias subsp ballota), chiamato carrasca in spagnolo, produce ghiande dolci o poco amare, ma è presente solo in Spagna e in minor misura in Portogallo e Marocco. L'osservatore inesperto può facilmente confondere il leccio con due suoi parenti stretti: la sughera (Quercus suber) e la quercia spinosa (Quercus coccifera).

 

Vi è un crescente interesse per i sistemi di produzione semiestensivi ed estensivi in cui un uso efficiente delle risorse alimentari costituisce un fattore chiave per la sostenibilità e il benessere degli animali.

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In un contesto di cambiamento climatico dove sono più frequenti le estati siccitose e torride, l'adattamento richiede lo sviluppo di nuove tecniche produttive o la riscoperta di antiche risorse. Il maiale iberico (Sus mediterraneus) è una razza rustica che prospera nelle condizioni ambientali della foresta mediterranea nel Sud Ovest del Portogallo e della Spagna. Il ciclo produttivo del maiale iberico è orientato verso un periodo finale di pascolo/ingrasso nella dehesa, il tipico bosco misto di lecci e sughere, molto rado, che caratterizza il paesaggio spagnolo. Il consumo di ghiande di lecci e sughere come unica fonte di alimentazione (1,3-6 chilogrammi di SS/giorno), integrata con pascolo quando disponibile, fornisce prodotti dalle proprietà organolettiche eccezionali e ad alto valore di mercato. L'autore ha rilevato in diversi negozi di Barcellona prezzi del jamón de bellota compresi fra 100 e 140 euro/chilogrammo. Se da un lato i prezzi raggiungono quote elevate per la qualità del prodotto, la produttività del suino scende rispetto all'alimentazione bilanciata.

 

L'alimentazione con ghiande rappresenta un cambiamento radicale nella dieta dei suini che vengono messi al pascolo dopo un allevamento intensivo con diete nutrizionalmente equilibrate. Sebbene la ghianda sia molto appetibile per i suini, il suo contenuto proteico (48-63 grammi/chilogrammo SS) è molto basso e il profilo di amminoacidi è sbilanciato, essendo la lisina il primo amminoacido limitante. Inoltre, la ghianda è ricca di amido e lipidi (rispettivamente 815-843 e 77-121 grammi/chilogrammo SS). Per i suini iberici sono state utilizzate raccomandazioni derivate da razze moderne, anche se esistono prove che essi abbiano caratteristiche metaboliche e nutrizionali distinte. Secondo uno studio condotto in Spagna su esemplari di razza iberica, sarebbe necessaria l'integrazione della dieta con amminoacidi essenziali quando i suini i sono al pascolo (3).

 

In tale contesto, la coltivazione del leccio rappresenta una opportunità per valorizzare terreni marginali in zone tendenzialmente siccitose, costiere o collinari. Il metodo di propagazione più facile è quello di disseminare le ghiande sul terreno da rimboschire, interrate in gruppi di tre in buchette di pochi centimetri di profondità. Le percentuali di germinazione e sopravvivenza in genere sono alte, tranne che in aree con copertura di pini (4). Durante i due primi anni di vita le plantule sono in grado di sopravvivere anche all'irrigazione con acqua contenente fino a 10 grammi/litro di sale, ma l'accumulo di biomassa è circa un terzo rispetto al controllo irrigato con acqua priva di sale (5).

 

Il leccio si adatta bene a quasi tutti i terreni, ad esclusione di quelli argillosi con ristagno. Dopo il secondo anno di età tollera male i trapianti. L'effetto della concimazione con composti azotati è controverso: da una parte la plantula ne trae beneficio, ma la porzione epigea si sviluppa a scapito dell'apparato radicale. Ciò determinerebbe uno squilibrio tra un ridotto assorbimento di acqua e una forte perdita della stessa per traspirazione. Per contro, le concimazioni a base di fosforo e potassio sembrano avere effetti benefici, o nel peggior dei casi nulli, sulla capacità di resistenza alla siccità (6).

 

In condizioni di stress idrico elevato, il leccio è vulnerabile ai patogeni fungini Phytophthora quercina e Phytophthora cinnamomi, Phytophthora ramorum e cancri causati da Cryphonectria parasitica. Periodi particolarmente gravi di siccità, con frequenza crescente di anni secchi e la concomitanza di agenti patogeni (funghi o insetti) possono indurre il declino delle leccete. L'inquinamento dell'aria e del suolo, in particolare l'eccesso di azoto, sono riportati come possibili cofattori negativi in combinazione con lo stress da siccità. Tra i parassiti defogliatori sono stati segnalati danni causati da lepidotteri polifagi come la falena monaca (Lymantria monacha), la falena zingara (Lymantria dispar), la falena verde della quercia (Tortrix viridana) e la falena lacchè (Malacosoma neustria).

 

L'altezza massima che può raggiungere un leccio è di 30 metri, ma in genere la sua crescita è lenta e può vivere fino a mille anni. La produttività di biomassa varia da una stazione all'altra in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche. Riportiamo a titolo d'esempio il caso di una lecceta anticamente gestita a ceduo con turni di quindici anni ma rimasta abbandonata per circa quarantacinque anni a Monte Sant'Angelo (Fg), dove la temperatura media annua è di 11°C e le precipitazioni di 827 millimetri. Si è riscontrata una densità di 1.147 ceppaie/ettaro, aventi in media cinque polloni di 95 millimetri di diametro e 8 metri di altezza ciascuna, per un totale di 218 m3/ettaro (7). La densità basale media dei polloni è risultata di 0,745 chilogrammi SS/dm3. Il legno del leccio è molto duro e anticamente veniva utilizzato per fabbricare piccole parti di attrezzi soggetti a usura, tende però a deformarsi e spaccarsi, per cui non è adatto come legname da opera. È un ottimo combustibile, utilizzato anche per la produzione di carbone.

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La corteccia può contenere fino al 20% di tannini e veniva utilizzata nelle concerie. I boschi di questa specie hanno svolto e svolgono ancora oggi un ruolo insostituibile nella protezione del terreno dall'eccessiva insolazione e dal dilavamento da parte delle acque meteoriche, anche in condizioni geomorfologiche estremamente difficili. Nonostante l'azione dell'uomo, la lecceta rappresenta uno dei rari esempi d'equilibrio nell'interazione tra fattori naturali ed attività antropiche per la spiccata resilienza nei riguardi di fattori di disturbo e per la capacità di colonizzare i luoghi più impervi (8).

 

Come tutti i Quercus, il leccio è un ottimo simbionte per i tartufi Tuber melanosporum e Tuber aestivum.

 

Le galle del leccio contengono più tannino dei tessuti sani della pianta e venivano utilizzate in medicina popolare per il trattamento di diarrea, dissenteria ed emorragie, e come tintura per i capelli (9).

L'applicazione potenziale più moderna del leccio è la produzione di estratti dalle foglie, in quanto queste ultime costituiscono una ricca fonte di composti bioattivi - in particolare composti fenolici come l'acido gallico - con proprietà salutistiche e tecnologiche (10). L'estratto delle foglie in polvere ha mostrato un'elevata attività antimicrobica contro Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Salmonella typhimurium, Yersinia enterocolitica e Staphylococcus aureus, mostrando valori di concentrazione minima inibente compresi tra 1 e 5 milligrammi/millilitro.

 

Questi risultati hanno mostrato la complessità e la ricchezza in composti fenolici con elevata attività antiossidante e antimicrobica, sottolineando il loro utilizzo come fonte di composti biofunzionali per lo sviluppo di nuovi additivi alimentari e nutraceutici. L'olio estratto dalle ghiande ha attività antinvecchiamento. Gli estratti alcolici hanno una spiccata capacità di neutralizzare i radicali liberi e un'azione antitumorale; avrebbero anche un effetto neuroprotettore per alleviare i sintomi della malattia di Alzheimer (8, già citato).

 

Bibliografia

(1) Juan Pereira Sieso, Enrique García Gómez; Bellotas, el alimento de la Edad de Oro, Revista Arqueoweb, n. 4-2, ottobre 2002, Università di Castilla la Mancha.

(2) JC Brand, BJ Snow, GP Nabhan, AS Truswell, Plasma glucose and insulin responses to traditional Pima Indian meals, The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 51, Issue 3, 1990, Pages 416-420, ISSN 0002-9165.

(3) Lachica M, Rodríguez-López JM, González-Valero L, Fernández-Fígares I. Iberian pig adaptation to acorn consumption: II. Net portal appearance of amino acids. Peer J. 2018 Dec 18;6:e6137. doi: 10.7717/peerj.6137. PMID: 30588411; PMCID: PMC6302897.

(4) Giunti M, Foggi B (2014). Germinazione dei semi e sopravvivenza dei semenzali di leccio (Quercus ilex L.) in interventi finalizzati alla rinaturalizzazione delle pinete di pino d'Aleppo (Pinus halepensis Mill.) dell'isola di Pianosa (Arcipelago Toscano, LI): risultati preliminari. Forest@ 11: 172-182. - doi: 10.3832/efor1053-011.

(5) Gugliuzza, Giovanni, Gentile, Carla, Scuderi, Dario, Palazzolo, Eristanna and Farina, Vittorio. "Effects of salt stress on growth of Quercus ilex L. seedlings" Open Agriculture, vol. 8, no. 1, 2023, pp. 20220211.

(6) Relazione scientifica e delle attività svolte dal Gesaaf nell'ambito del progetto: Viaa - Vivaistica innovativa per prodotti di alta adattabilità; responsabile scientifico Gesaaf Università di Firenze: professore Andrea Tani, professore Associato AGR05 Fonte del finanziamento: Progetto di ricerca Psr 2014-2020 - PIF - misura 16.2 - Viaa "Vivaistica innovativa per prodotti di alta adattabilità" Cup Artea 726259.

(7) Marziliano, Pasquale. (2002). Studi sulla biomassa in un ceduo di leccio (Quercus ilex L.) del Gargano. In "Il bosco ceduo in Italia" a cura di O. Ciancio e S. Nocentini. Accademia Italiana di Scienze Forestali. 447-467.

(8) La Marca O, Marziliano PA, Scopigno D (2008). Opzioni selvicolturali su cedui di leccio del Gargano: risultati a quattordici anni dall'avvio della sperimentazione. Forest@ 5: 318-336.

(9) Taib M, Rezzak Y, Bouyazza L, Lyoussi B. Medicinal Uses, Phytochemistry, and Pharmacological Activities of Quercus Species. Evid Based Complement Alternat Med. 2020 Jul 31;2020:1920683. PMID: 32802116; PMCID: PMC7415107.

(10) Mónica Sánchez-Gutiérrez, Ricardo Gómez-García, Elena Carrasco, Isabel Bascón-Villegas, Alejandro Rodríguez, Manuela Pintado, Quercus ilex leaf as a functional ingredient: Polyphenolic profile and antioxidant activity throughout simulated gastrointestinal digestion and antimicrobial activity, Journal of Functional Foods, Volume 91, 2022, 105025, ISSN 1756-4646.