L'innovazione e la qualità sono due fattori indispensabili per un futuro di crescita sostenibile delle filiere agroalimentari. È questo il nucleo della discussione che emerge dal convegno "L'innovazione per filiere agroalimentari sostenibili: strumenti, best practices, politiche a supporto", organizzato da Nomisma in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation.

 

Il trend nelle importazioni di prodotti agricoli in Italia negli ultimi venti anni è cresciuto di oltre l'80%, arrivando a toccare i 16,3 miliardi di euro nel 2021. Il dato non rappresenterebbe però un rischio per la sicurezza alimentare in Italia perché le importazioni sono necessarie a garantire in via complementare una piena funzionalità di quelle catene del valore in grado di sostenere l'export di food&beverage, e derivati del tabacco, che nello stesso periodo è più che triplicato (+216%), passando da 14 a oltre 44 miliardi di euro.

 

Tra le storie di successo raccontate, quelle del pomodoro da industria e del tabacco, dove negli anni sono stati avviati importanti investimenti in innovazione, grazie ad accordi di filiera, con l'obiettivo di garantire maggiore stabilità e sicurezza agli agricoltori.

 

Secondo Nomisma "il contesto attuale caratterizzato dal conflitto tra Russia e Ucraina e dai continui shock sul mercato energetico e delle commodity, a cui si aggiungono gli obiettivi della transizione ecologica imposti dal Green Deal, rischiano di mettere a dura prova un sistema produttivo fortemente colpito da tensioni inflattive e difficoltà di approvvigionamento".

 

In base a un'indagine europea - realizzata tra fine febbraio e marzo scorso - un cittadino europeo su due, quando si tratta di indicare le principali responsabilità attribuite agli agricoltori, mette al primo posto la produzione di cibo sostenibile e di alta qualità, mentre per un altro 26% diventa prioritaria la garanzia di fornitura costante di alimenti.

 

È evidente che qualità dei prodotti agroalimentari, food security e sostenibilità devono procedere di pari passo, insieme a investimenti in innovazione per rendere le filiere italiane sempre più competitive e sostenibili. Ma per Nomisma "nel panorama italiano, molte filiere di per sé non sono autosufficienti. Posto pari a 100 l'indice di autosufficienza (misurato dal rapporto tra produzione e consumi), filiere come quella del frumento (sia tenero che duro), del mais, delle carni (sia bovine che suine), del latte sono tutte al di sotto di questo valore".

 

Quindi il vero obiettivo di lungo periodo è quello di rendere "le nostre filiere sostenibili in uno scenario di mercato che si è fatto ultimamente più complicato, ma che grazie agli accordi di filiera come strumento che abilita l'innovazione può essere messo in sicurezza mantenendo allo stesso tempo elevati standard di qualità".

 

"L'innovazione, attraverso ad esempio l'utilizzo del digitale e delle Tecnologie di Evoluzione Assistita - afferma Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma - rappresenta l'unica leva strategica in grado di permettere la cosiddetta intensificazione sostenibile, vale a dire livelli di produzione agroalimentare più alti e di qualità preservando le risorse naturali; un combinato disposto divenuto imprescindibile". In uno scenario di guerra - continua De Castro - "i consumatori chiedono agli agricoltori cibi sostenibili e di qualità. Ma in Italia per alcune filiere non è autosufficiente; mi riferisco alle filiere relative all'ortaggio, lattiero caseario, orzo, carne suina e salumi, olio di oliva, mais, carne bovina, frutta in guscio. Questo comporta una significativa dipendenza dall'estero soprattutto per rispondere ad una forte crescita dell'export. L'innovazione ci salverà, ma in Italia ancora poche aziende agricole, solo l'11%, investe in innovazione".

 

Gli obiettivi indicati dall'Europa per una neutralità climatica impongono agli agricoltori riduzioni significative entro il 2030 nell'utilizzo di agrofarmaci e antibiotici (-50%) nonché di fertilizzanti (-20%). I target della Strategia Farm to Fork collegata al Green Deal sono ambiziosi e non certo a costo zero per l'agricoltura comunitaria, visto che anche lo stesso Centro di Ricerca della Commissione Europea ha valutato come l'applicazione tout court di tali tagli nei mezzi tecnici potrebbe portare ad una riduzione della produzione agricola dell'Ue compresa tra il 10 e il 15% rispetto ai livelli attuali.