Le esportazioni agroalimentari italiani, dopo due anni di pandemia, continuano a registrare il segno positivo, con dati che nel 2021 vedono un aumento in valore a +15% rispetto al 2019, con performance migliori rispetto a diretti competitor come Francia e Germania (+8% e +5%). I dati sono stati pubblicati dal sesto Forum Agrifood Monitor, realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif, tenutosi martedì 22 febbraio in versione digitale.

"Il 2021 sarà ricordato come un anno straordinario per l'export agroalimentare italiano - ha sottolineato durante il Forum Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma - grazie a una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti, portando così a incrementi nella quota di mercato dell'Italia in molti mercati mondiali, alla luce di performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor".

Analizzando i più importanti mercati di sbocco per il made in Italy, mercati tradizionali e solidi come gli Stati Uniti e il Canada hanno segnato aumenti in valore del 20% rispetto alla situazione pre pandemica, mentre in Germania il nostro export è cresciuto del 15%. Variazioni molto positive in Corea del Sud (+60%) e in Cina (+46%). Tuttavia, per quanto riguarda il Dragone, l'analisi di Agrifood Monitor mette in evidenza come la quota di prodotti italiani sul totale sia ancora marginale, pari a quasi il 2% del valore dell'import agroalimentare cinese. Questo sta a significare quante ancora potenzialità inespresse ci siano sul mercato del Gigante Asiatico. Approfondimento del Forum il mercato Uk insieme all'Australia.

"Anche nel Regno Unito post Brexit gli acquisti di prodotti alimentari sono cresciuti nell'ultimo anno - continua Pantini - la quota di mercato del made in Italy è passata dal 5,6% al 6,3%, nonostante un clima congiunturale di riduzione delle importazioni totali di food&beverage".

Interessanti i dati provenienti dall'Australia, dove è stata realizzata una survey su un campione di consumatori, puntando a intercettare le potenzialità dei prodotti agroalimentari italiani. Il food&beverage italiano ha un ottimo appeal, in particolare al gusto e alla qualità, e questo grazie alla notorietà di prodotti come il Prosecco, il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma e il Chianti.

Sia nel campione analizzato dall'Uk che dall'Australia si evince la crescita sempre maggiore dell'ecommerce (34% per gli australiani, 45% negli inglesi). Altro tema fondamentale per i consumatori di entrambi i Paesi è la sostenibilità, con il 60% dei consumatori sempre più attento al fatto che nel carrello entrino prodotti realizzati con confezioni sostenibili, nel rispetto dell'ambiente e secondo standard etici.

"Sostenibilità e digitale sono le chiavi di volta per le aziende italiane che vogliono esportare in Australia e Regno Unito - ha ricordato Emanuele Di Faustino, senior project manager di Nomisma - in entrambi i mercati gli heavy user di prodotti italiani hanno un profilo ben definito, ovvero millenial, ben istruiti e con reddito alto, residenti nelle grandi città, attenti a sostenibilità e digital engaged".

"La pandemia ha accelerato alcuni processi già in corso da diversi anni - ha ricordato poi infine Niccolò Zuffetti, marketing manager di Cribis -, il vero tema è investire sulla preparazione e sugli strumenti perché improvvisare in questo ambito può essere molto rischioso. Selezione e formazione sono le leve vincenti, insieme alla gestione dei corretti partner e dei rischi, oltre a una buona comunicazione".