Il sistema immunitario del celiaco reagisce in maniera sproporzionata alla presenza delle gliadine, una famiglia di proteine che sono fra le principali componenti del glutine. I sintomi sono diarrea cronica, dolori addominali, problemi nell'assorbimento dei nutrienti e una infiammazione dei tessuti intestinali. Una condizione seria che ha portato il ministero della Salute a coprire parte dei costi dell'acquisto di alimenti gluten-free da parte dei malati.
Oggi i celiaci semplicemente non possono mangiare cibi contenenti glutine, ma qualcosa potrebbe cambiare. Ricercatori dell'Istituto per l'agricoltura sostenibile di Cordoba hanno utilizzato la tecnica CRISPR-Cas9 per ridurre il numero delle alfa-gliadine presenti nel frumento. Sono infatti le alfa-gliadine la famiglia responsabile principalmente (ma non solo) dello sviluppo della celiachia e dell'ipersensibilità al glutine. L'obiettivo è stato quello di eliminare in questo modo dai semi le principali proteine che causano la celiachia.
Non si è trattato di un lavoro semplice visto che sono stati identificati 45 differenti geni alla base dell'espressione delle alfa-gliadine in una delle linee oggetto di studio, geni che devono essere 'disattivati' per ottenere un frumento adatto ai celiaci. Per ora i ricercatori sono riusciti ad intervenire solo su trentacinque di questi geni, riducendo dell'85% l'immunoreattività, un buon risultato, però ancora troppo limitato per rappresentare una alternativa per i malati.
Già, perché le alfa-gliadine sono solo una parte delle gliadine totali e a loro volta le gliadine sono solo alcune delle proteine alla base del glutine. Certo, non tutte le proteine del glutine causano la celiachia, ma prima di poter avere piante sicure tutti i geni responsabili della produzione di proteine coinvolte nella celiachia devono essere individuati e silenziati.
Oltre a questo aspetto c'è un altro problema, quello della qualità del frumento. L'eliminazione delle proteine responsabili della celiachia potrebbe influenzare negativamente le caratteristiche tecnologiche della farina, anche se predirne gli effetti è difficile perché possono intervenire degli effetti di compensazione da parte delle altre famiglie di proteine del glutine.
"C'è però un'altra possibilità", spiega ad AgroNotizie Aldo Ceriotti, direttore dell'Istituto di Biologia e biotecnologia agraria al Cnr. "Attraverso CRISPR-Cas9 è anche possibile apportare piccole ma precise modifiche alle sequenze di Dna responsabili della produzione delle proteine del glutine. Queste modifiche potrebbero essere progettate per eliminare la capacità di scatenare la patologia ma al contempo produrre un frumento con caratteristiche tecnologiche invariate".
Insomma, se i ricercatori spagnoli hanno provato a ridurre le alfa-gliadine per rendere il frumento meno ricco di proteine problematiche per i celiaci, si potrebbe cercare di modificare il Dna della pianta quel tanto che basta per rendere innocue le proteine del glutine e al contempo mantenere inalterata la panificabilità del frumento.
Prima di vedere sugli scaffali dei supermercati pani di frumento adatti ai celiaci bisognerà aspettare ancora un po' dunque. Anche perché non bisogna ignorare gli aspetti normativi. "Questi frumenti sarebbero frutto di un processo di miglioramento genetico", spiega Ceriotti.
"Non dovrebbero essere assimilati agli organismi transgenici, perché non c'è un trasferimento di geni da una specie all'altra. Sono modifiche che potrebbero avvenire anche spontaneamente in natura e nei frumenti oggi conservati nelle collezioni sono già presenti numerosissime varianti delle proteine del glutine. Sia a livello europeo che nazionale ancora non c'è una posizione chiara, che stabilisca che le piante che contengono piccole e precise modifiche del Dna devono essere escluse dall'applicazione dalla normativa che regolamenta gli Ogm".
La nostra conoscenza delle proteine del glutine e quindi la possibilità di intervenire per modificare le sequenze responsabili della celiachia si basa anche sullo sviluppo di progetti come quello che ha portato al sequenziamento del genoma del frumento duro, in cui Cnr, Crea e Università di Bologna hanno avuto il ruolo di capofila. Un lavoro non facile visto che il genoma del frumento duro è estremamente grande (12 miliardi di basi, quattro volte più grande di quello umano) e complesso, con oltre l'80% di sequenze ripetute. Riuscire a modificare specificamente le zone responsabili della produzione delle proteine coinvolte nella celiachia, lasciando inalterato tutto il resto, è una delle sfide che dovranno essere affrontate nel prossimo futuro.