Un incontro in cui sono state presentate esperienze provenienti da tutta Europa capaci di prestarsi a una possibile applicazione nel nostro territorio.
Un'iniziativa che ha come obiettivo ultimo quello di salvare e rilanciare varietà e razze autoctone; da un parte porta al mantenimento della biodiversità, e dall'altra offre una gamma di prodotti interessanti dal punto di vista nutrizionale e della capacità di fronteggiare i cambiamenti climatici.
E in questo la Toscana ha un'esperienza ultraventennale. Infatti grazie al sistema di salvaguardia della biodiversità agricola, promossa anche con finanziamenti appositi, sono state messe a repertorio 871 tra varietà di frutta, ortaggi, cereali e di razze animali della regione. E l'85% di queste sono a rischio estinzione.
Il lavoro su questo tema infatti è cominciato in Toscana nel 1997, con la legge regionale 50/97, sulla tutela delle risorse genetiche autoctone locali, sostituita nel 2004 dalla legge 64/2004 denominata 'Tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale'. Una legge per la quale la regione Toscana ha ricevuto nel 2010 una menzione d'onore dal World Future Council.
Una politica di sostegno che solo quest'anno ha visto mettere a disposizione degli agricoltori e degli allevatori custodi ben 4 milioni di euro, nel bando chiuso a giugno scorso.
Questo incontro di Alberese, per l'assessore regionale all'Agricoltura Marco Remaschi, vuole così essere il primo passo verso una politica di connessione con tutte le esperienze in atto in Europa che operano su questa tematica. Il seminario è stato organizzato proprio per verificare le prospettive di recupero e di reimmissione sul mercato alcune di queste varietà.
Per Remaschi, proteggere dal rischio di estinzione e valorizzare il patrimonio di biodiversità è elemento irrinunciabile della politica agricola regionale, volta anche garantire l'identità di un territorio, la sua cultura rurale e il lavoro degli agricoltori che ci vivono.
E per questo è fondamentale reimmettere queste varietà, o almeno alcune di queste, in un circuito produttivo.
Un rilancio che per l'assessore non solo può sostenere attività di sviluppo economico, specie nelle zone considerate marginale, ma può anche rafforzare l'immagine della Toscana come luogo di qualità per l'equilibrio fra ambiente, agricoltura e attività dell'uomo.
Valorizzare l'agrobiodiversità per la regione Toscana può essere importante anche per il valore nutrizionale che queste varietà e razze spesso hanno, e per la loro rusticità che costituisce un contributo alla razionalizzazione e alla riduzione del consumo delle risorse, come l'acqua, facendole apparire anche molto interessanti per affrontare le nuove problematiche ambientali dovute ai cambiamenti climatici.
Negli ultimi anni alcune tra le razze e le varietà autoctone si sono effettivamente ritagliate un posto significativo nell'agricoltura regionale e anche nel mercato, come nel caso del maiale di cinta senese e dell'asino amiatino, oggi al centro di un progetto per la produzione di latte per soggetti allergici. Mentre tra le varietà vegetali si possono ricordare la cipolla rossa della Maremma o la mela di Casciana.
Altre razze e varietà invece devono ancora essere tutelate e messe al riparo dal rischio di estinzione, come nel caso della pecora garfagnina e di quella zerasca, della vacca pontremolese e garfagnina e del mucco pisano.
In occasione del workshop è stato organizzata anche una mostra mercato del coltivatore custode, dove alcuni tra i quasi 200 coltivatori custodi toscani espongono e vendono i loro prodotti appartenenti al patrimonio genetico autoctono della regione.
A breve sarà presentata anche una app che avrà lo scopo di valorizzare le attività dei coltivatori custodi, favorendone la conoscenza da parte dei fruitori del territorio toscano e promuovere la conoscenza delle razze e varietà locali della regione Toscana.
Guarda il video dell'evento: