È ormai storia di giugno la nave di grano canadese bloccata nel porto di Bari con l'accusa di essere fortemente contaminato di micotossine. Due settimane rimasero ferme le 50mila tonnellate di grano, con gravi danni economici per gli obbligati ritardi. Poi dalle analisi emerse che la partita canadese era regolare all'analisi e venne quindi scaricata.

Feroci furono le polemiche fra Italmopa, dalla parte dell'industria molitoria, e Coldiretti, la quale aveva attaccato duramente le importazioni di grano estero foriere, secondo il sindacato giallo-verde, di contaminazioni pericolose per la salute. E non solo Coldiretti si era spesa in commenti al vetriolo sui grani esteri, essendosi moltiplicati velocemente su web anche innumerevoli attacchi da parte di associazioni italiane più o meno note e rappresentative.

Una bolla di sapone, si dimostrò alla fine. Ma il tormentone del grano italiano sano contro quello straniero "cancerogeno" è continuato imperterrito.

Ora però giunge un documento ufficiale prodotto dal ministero della Salute, dal quale emerge che i campioni monitorati sono in regola con le normative italiane, quindi perfettamente commercializzabili nel pieno rispetto della salute dei consumatori.

Nel mirino del ministero sono stati posti il grano duro messicano, canadese, statunitense e ucraino, come pure il grano tenero proveniente da Canada, Kazakhistan, Russia, Usa, Moldavia e Ucraina.

Somma soddisfazione di Riccardo Felicetti, presidente di Aidepi, acronimo di Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, il quale ha ricordato come l'industria italiana necessiterebbe di almeno il 30% in più di produzioni nazionali per soddisfare le proprie esigenze produttive. Un gap che per essere colmato richiederebbe un forte incremento delle rese di campo, visto che le superfici agricole sono in continua diminuzione e ogni aumento di una coltura implica il calo di un'altra. Quindi, senza importazioni addio produzioni e vendite. Anche di quelle legate all'export di cui tanto si vanta il Belpaese.
 

Pochi dati, ma buoni

Il monitoraggio ministeriale non ha toccato solo i cereali, coinvolgendo anche frutta a guscio, spezie, latte, vino, caffè e olio di mais. In totale, sono 13 le analisi fatte su grano duro e 11 su grano tenero. Un po' poco per considerare questi numeri esaustivi, in effetti, ma vista l'estrema ampiezza degli alimenti monitorati, di più era difficile pensare di fare. Forse servirebbe un piano più mirato e generoso, vista l'estrema delicatezza del tema.

Sia come sia, però, nessuno dei campioni analizzati è risultato irregolare quanto a micotossine. Un po' come avvenne per i residui di agrofarmaci, glifosate innanzitutto, quando nel 2015 su 525 campioni di frumento analizzati solo due risultarono non conformi alla legge, ovvero lo 0,4%, mentre l'86,5% non presentava residui rilevabili all'analisi (leggi il report).

Sul tema glifosate nella pasta si aveva già avuto modo di parlare su AgroNotizie quando deflagrò la querelle fra Granosalus e diverse industrie della pasta (leggi l'approfondimento). Anche in quel caso, una montagna mediatica che partorì il solito topolino fattuale.

Circa la sicurezza dei consumatori, invece, non si parlerà mai abbastanza. Questa è tutelata non solo dalle campagne di monitoraggio ministeriali, ma anche e soprattutto da agricoltura, industria molitoria e di trasformazione. La prima operando in modo conforme alle etichette di impiego dei prodotti e alle corrette pratiche di campo. La seconda e la terza che non possono permettersi di far passare partite non conformi ai limiti. Pena il ritiro della merce quando trovata irregolare. Una disavventura capitata per esempio nel 2014 alla Girolomoni, produttrice di pasta biologica, la quale dovette ritirare alcune partite perché non conformi per ocratossina A.
A dimostrazione che non esiste una pasta dall'origine al 100% sicura, ma non esiste nemmeno una pasta dall'origine 100% insicura.

Esiste quindi pasta sicura e pasta che è meglio non avviare al consumo. Indipendentemente dal luogo di produzione del grano o dal disciplinare di produzione seguito.