A margine della presentazione del documento di studio sulla gestione del rischio in agricoltura illustrato dalla Commissione europea all’ultimo consiglio informale dei ministri agricoli a Tallinn, in Estonia, il commissario Phil Hogan ha insistito sulla necessità che l’Unione europea sviluppi un proprio mercato di futures nel settore alimentare, poiché al momento si è dipendenti da mercati esterni, principalmente guidati dalla Nuova Zelanda.

AgroNotizie ha chiesto a due economisti agrari, Dario Casati ed Ermanno Comegna, e ad Angelo Rossi, fondatore di Clal.it, portale di riferimento per il settore lattiero caseario, la loro opinione su un tema come quello dei futures.
Ecco le risposte.
 

Dario Casati, già prorettore dell’Università di Milano

"La proposta di Hogan è concettualmente molto interessante, i mercati a termine sono uno strumento di stabilizzazione delle quotazioni, anche se richiedono un impianto di regole che leghino le quantità di prodotto oggetto di contratti con il quantitativo del prodotto fisico. Ricordo, ad esempio, che fra i fattori scatenanti della crisi degli ultimi anni vi fu un allentamento della normativa statunitense in materia".

"Tuttavia, faccio notare due aspetti: il primo è che la creazione di un unico mercato a termine europeo pone problemi grossissimi e difficilmente superabili sul piano pratico e su quello politico. L’Ue non è in condizione di arrivare a ciò, almeno in pochi anni.
Inoltre, si tratterebbe di decidere per quali prodotti ciò possa essere realizzato, perché, se il mercato trattato non è abbastanza ampio, si corre il rischio di mettere lo strumento nelle mani della speculazione creata dai mercati a termine esistenti e che oggi dettano legge. Il secondo aspetto è che la decisione di dar vita ai mercati dei futures difficilmente potrebbe essere avallata da numerose forze politiche sia a sinistra che fra i sovranisti, che non la sosterrebbero
".

"Infine, noto che la proposta del Commissario si basa su prodotti che interessano il suo paese d’origine come è confermato dall’esempio citato. Il mercato europeo è ben più complesso e variegato di quanto appaia. Insomma, lo strumento è valido e la proposta interessante, ma i tempi non sono maturi".
 

Ermanno Comegna, economista agrario ed esperto di Pac

"A parte il fatto che ci sono già dei mercati basati sui futures, come il Matif di Parigi per i cereali, o la piazza di Londra per lo zucchero, di mercati a termine in Italia e in Europa se ne parla da diversi decenni. Da noi almeno dall’inizio degli anni ottanta. Le potenzialità di questi strumenti ci sono, ma finora sono mancate soluzioni applicative interessanti, perché evidentemente ci sono dei problemi concreti in termini operativi".

"Vi sono aspetti positivi nell’utilizzo dei mercati a termine. Innanzitutto, i futures possono stabilizzare i redditi degli agricoltori. Il secondo aspetto da considerare positivamente è che si applicano sia ai prodotti finiti che alle materie prime. Ad esempio, un produttore zootecnico potrà acquistare materie prime attraverso i futures, per proteggersi in funzione anti volatilità. Il terzo elemento positivo è che sono strumenti privati e volontari, dunque ognuno decide se utilizzarli o meno e non possono essere imposti dal legislatore. In un’economia liberale di mercato è la linea da seguire".

"Tuttavia, non si possono non elencare alcuni aspetti negativi. I futures sono costosi da utilizzare, perché prevedono oneri e costi di transazione che non tutti gli agricoltori possono sopportare. In secondo luogo, sono complessi da maneggiare: occorrono conoscenze specialistiche per lavorare con i mercati a termine. Si potrebbe ovviare promuovendo l’utilizzo collettivo attraverso le op e le cooperative, ma rimangono comunque strumenti complessi".

"Terzo aspetto: esigono l’esigenza di mercati liquidi e trasparenti, laddove ci sia un forte volume di scambio e dove partecipano operatori interessati al prodotto e, contemporaneamente, operatori che hanno obiettivi di natura finanziaria. Il Chicago board of trade conta su volumi transati elevatissimi, non è detto che gli stessi livelli si riescano a raggiungere in Europa. Il quarto difetto è che non tutti i prodotti sono suscettibili di essere utilizzati sui mercati a termine. Prendiamo il settore lattiero caseario: chi produce commodity ha più facilità rispetto a chi produce formaggi Dop".
 

Angelo Rossi, fondatore e direttore di Clal.it

"I futures sono uno strumento utile per alcune tipologie di prodotto e per un buyer che opera lontano dagli spazi fisici del mercato. Chi li utilizza compra e vende prodotti standardizzabili, come il cacao o i cereali e opera un trading essenzialmente su vasta scala e per grandi quantità. Ma ritengo che vi siano differenze tra le borse merci di Chicago, Milano e Mantova".

"Allo stesso modo ritengo difficilmente attuabile il sistema dei futures per il settore lattiero caseario europeo, dove i prodotti non sono standardizzabili. Men che meno in Italia, patria dei formaggi Dop, per i quali la strada di contrattazione non può essere quella dei futures, perché non consentono il dialogo fra operatori. Sono assolutamente convinto che per certi prodotti l’aspetto umano delle contrattazioni sia un valore aggiunto, che non può essere eliminato. E tale principio penso, per estensione, debba essere applicato alle diverse Commissioni uniche nazionali sul territorio italiano. Perché non funzionano? Perché la Cun isola a pochi soggetti una contrattazione che dovrebbe essere la più ampia possibile, per allargare l’area della conoscenza. Ma questo è un altro tema".