La Pac e la gestione del rischio in agricoltura sono stati fra gli argomenti principali del Consiglio informale dei ministri agricoli che si è tenuto a Tallinn, in Estonia, paese che guida il semestre europeo in questa seconda metà del 2017.

Nell'ambito dell'incontro - al quale per l'Italia ha partecipato il viceministro Andrea Olivero, suscitando le critiche dell'assessore lombardo Gianni Fava - è stato presentato un documento contenente alcune analisi e proposte per rafforzare le imprese agricole nella fase post-2020, dove la volatilità dei prezzi, i cambiamenti climatici, la richiesta di cibo saranno sicuramente maggiori rispetto ad alcuni anni fa.
Un documento equilibrato, analitico, che si chiude con alcune domande, rivolte ai ministri agricoli allo scopo di stimolare una riflessione e un dibattito che non esaurirà i propri effetti nel corso del semestre sotto l'egida estone, ma sortirà i propri effetti con la prossima Pac.

"Le recenti crisi dei mercati - ha dichiarato il viceministro Olivero - hanno dimostrato che gli attuali strumenti di gestione del rischio e le misure di mercato dell'Organizzazione comune dei mercati non sono sufficientemente adeguate. Anche lo strumento della copertura assicurativa, pure tra i più efficaci, va semplificato e migliorato".
Quanto bisogna fare, secondo il viceministro, risponde a linee di intervento piuttosto circoscritte. "Nella prospettiva della futura Pac - ha proseguito Olivero - occorre creare strumenti in grado di rafforzare ed incentivare l'aggregazione dell'offerta, garantire la sicurezza dei prodotti alimentari e assicurare la trasparenza necessaria nella catena alimentare, in particolare nella fase di formazione dei prezzi".

"Occorre garantire - ha sottolineato - adeguate risorse valorizzando i pagamenti diretti come strumento essenziale dell'Unione per la produzione di 'beni pubblici europei', per la modernizzazione e la competitività delle aziende, ancorandoli a parametri quali l'occupazione, la qualità delle produzioni e il valore aggiunto. La politica di gestione del rischio dovrebbe infine promuovere gli investimenti nelle aziende volte a ridurre i rischi legati a calamità naturali e ai cambiamenti climatici".
E data la rilevanza del tema, ha aggiunto, "la gestione del rischio in agricoltura sarà anche affrontata nella riunione dei ministri dell'Agricoltura del G7, che si terrà a Bergamo il 14 e 15 ottobre".

L'assenza del ministro Martina non è piaciuta all'assessore all'Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, che da sempre rivendica un'Europa delle regioni e un filo diretto con Bruxelles, per assicurare agli agricoltori risposte non mediate dall'amministrazione centrale.
"Non è la prima volta - ha polemizzato Fava - che il ministro Martina snobba quell'Europa di cui lui e il suo partito, quotidianamente su tutti i mezzi di comunicazione occupati manu militari, sostengono la centralità assoluta. Se il ministro vuole più Europa, deve partecipare, non mandare degli ologrammi".


Il documento Ue

Il documento presentato al Consiglio informale dei ministri agricoli dell'Unione europea e sul quale i delegati si confronteranno si intitola: "Il rischio di gestione: dare più forza ai nostri agricoltori con strumenti efficaci di gestione dei rischi nella fase post-2020".
"Il settore agricolo europeo - in base a quanto evidenziato nel testo - sta affrontando prezzo di mercato in crescita e rischi ambientali derivati dalla produzione, come risultato di un incremento della volatilità sui mercati globali e dell'impatto dei cambiamenti climatici. Fattori che creano incertezza sui redditi e la competitività degli agricoltori, rendono difficile pianificare azioni a lungo termine e disincentivano gli investimenti. C'è una connessione diretta tra il mercato e i rischi di produzione, in aggiunta ai rischi abitualmente legati al tempo, alle colture e alla salute animale: i cambiamenti climatici si manifestano con situazioni climatiche anche estreme, che hanno un impatto anche sull'offerta e sulla domanda".

Il problema della gestione dei rischi in agricoltura e nella Pac è stato evidenziato per la prima volta nel 2001, quando la Commissione europea ha analizzato i propri strumenti specifici, che sono sfociati in un documento elaborato nel 2005. La Commissione - ha ricordato la presidenza estone - ha proposto tre tipi di strumenti di gestione del rischio.
"Il primo tipo riguarda l'assicurazione contro le calamità naturali, incluse le condizioni climatiche e le malattie animali. Un altro gruppo di strumenti comprendeva fondi comuni di investimento, che dovevano consentire la divisione dei rischi tra i produttori che volevano assumersi la responsabilità della gestione del rischio. L'ultima opzione era legata alla fornitura di una copertura assicurativa di base contro le crisi dei redditi. Tutti gli strumenti citati sono stati progettati per compensare le conseguenze della riforma della Pac e per sostituire simultaneamente misure straordinarie ad hoc".
La maggior parte di questi strumenti sono stati introdotti con la riforma della Pac nel 2008 e nel 2013.

La Commissione europea ha affermato nel documento del 2017 di riflessione sul futuro delle finanze dell'Ue che "gli sviluppi negli ultimi anni hanno mostrato che il bilancio dell'Ue ha dovuto fornire ricorrenti sostegni ad hoc per reagire a sviluppi specifici quali la caduta di prodotti lattiero caseari prezzi o il divieto russo sulle importazioni di taluni prodotti agricoli. E' quindi necessario individuare il giusto equilibrio degli strumenti nella futura Politica agricola comune, tra misure di politica e dotazioni finanziarie, sovvenzioni e strumenti finanziari, strumenti di gestione del rischio e altri meccanismi di mercato per far fronte al rischio e a eventi avversi inaspettati nel settore agricolo".

La Pac ha subìto una serie di riforme, che hanno spinto gli agricoltori a prendere le loro decisioni produttive basandosi su segnali di mercato. "Tuttavia, queste riforme si ispiravano alla presunzione che i prezzi rimanessero stabili e che la domanda di alimenti fosse in aumento, senza tener conto delle potenziali crisi e della frequenza e dell'intensità del rischio".
"L'agricoltura - si legge - è vulnerabile alla maggior parte degli impatti del cambiamento climatico, come i cambiamenti dei livelli di pioggia, le temperature crescenti, la variabilità e la stagionalità, eventi estremi, onde di calore, siccità, tempeste e alluvioni in tutta l'Ue. Sono state adottate varie misure per affrontare il cambiamento climatico nella Pac. Si stima che un importo sostanziale di 104 miliardi di euro o del 25% degli stanziamenti 2014-2020 della Pac sia correlato al clima; inoltre, Horizon 2020, i nostri sforzi di ricerca e innovazione nel settore alimentare, agricolo, forestale e marittimo raggiungono i 3,6 miliardi di euro per il periodo 2014-2020".


Quali suggerimenti per la fase post-2020?

Una delle lezioni apprese - si legge - è che "non possiamo fare affidamento solo su misure di reazione. Il settore agricolo deve diventare più resiliente e assumersi la responsabilità nell'affrontare i rischi. La Pac ha un ruolo da svolgere, fornendo strumenti e incentivi per queste finalità. L'introduzione di un kit di gestione dei rischi nel Secondo pilastro della Pac è stato un passaggio positivo. Permette agli Stati membri la flessibilità nella scelta degli strumenti adeguati, consente di combinare la gestione dei rischi con altre misure di sviluppo rurale e, grazie al carattere di cofinanziamento del Secondo pilastro, aumenta la responsabilità del settore privato nella gestione dei rischi".

La Pac di oggi, secondo gli estensori del documento, "non è pronta per le crisi e non è in grado di rispondere in modo efficace e adeguato al loro avverarsi. Gli agricoltori hanno bisogno di strumenti più efficaci nel quadro della Pac e la soluzione non è di tornare agli strumenti precedenti, ma di continuare con l'orientamento del mercato e verso condizioni più eque di concorrenza, fornendo agli agricoltori misure che, da un lato, assicurano la preparazione alle crisi e, dall'altra, contribuiscono a rafforzare la competitività nel mercato aperto".
"Se vogliamo che gli agricoltori reagiscano saggiamente agli eventi del mercato, dobbiamo offrire loro una migliore informazione su come i prezzi si sviluppano non solo a livello dei produttori, ma anche nelle fasi di lavorazione, all'ingrosso e nella vendita al dettaglio. Tali dati dovrebbero essere operativi e comparabili tra gli Stati membri, perché solo allora consentirebbero movimenti preventivi per adattare la produzione, rivedere gli investimenti o modificare le tattiche per i negoziati sui prezzi".

Le attività congiunte degli agricoltori dovrebbero essere considerate come "un'opportunità per la concorrenza. Le economie di scala sono importanti ovunque nella catena di approvvigionamento e, offrendo maggiori quantità insieme, rafforzeranno la capacità degli agricoltori di negoziare e ampliare la scelta degli acquirenti. La cooperazione funziona come strumento di gestione dei rischi, aiutando gli agricoltori a ottimizzare i costi nell'acquisto di input, utilizzando tecnologie, ecc., ma anche di affrontare le pressioni dei prezzi in situazioni di mercato instabili. E' in ogni caso necessario affidarsi a diversi modi di cooperazione e a diverse misure di attuazione, ad esempio con impegni ambientali collettivi e prestiti a lungo termine".

L'esportazione agroalimentare dell'Unione europea ha raggiunto un nuovo livello record di 130,7 miliardi di euro nel 2016, il 29% in più rispetto al 2011.
Conferma che "l'attenzione dell'Ue sul commercio estero e sulla rimozione degli ostacoli commerciali verso i paesi terzi e nei confronti della promozione è stata un successo. Gli sforzi per l'apertura di nuovi mercati dovrebbero essere presi ancora di più in considerazione e i paesi terzi dovrebbero prendere in considerazione l'Unione europea come un'unica entità, dal momento che tutti gli Stati membri producono ed esportano secondo i medesimi standard comunitari per la sicurezza e la qualità degli alimenti. E' inoltre necessario trovare nuovi modi per sostenere le esportazioni".

"I pagamenti diretti - è descritto - contribuiscono in modo significativo ai redditi degli agricoltori e sicuramente aiutano a stabilizzarli e, per alcune tipologie di aziende, i pagamenti diretti fungono da principale fonte di reddito. Tuttavia, essi dovrebbero agire più come una rete di sicurezza". Secondo il documento, è necessario "continuare a rafforzare gli strumenti di gestione del rischio nel Secondo pilastro".


Un invito a riflettere

Ai ministri dell'Agricoltura sono state rivolte alcune domande. Fra queste: qualora l'importo della riserva di crisi sia aumentato e se tale importo sia accumulato nel corso degli anni, dovrebbe essere accumulato tale importo a livello di Ue o di uno Stato membro?
Pensa che i pagamenti diretti siano strumenti di gestione del rischio?
E' d'accordo sul fatto che una ulteriore armonizzazione dei livelli di sostegno sia necessaria per i pagamenti diretti e lavorare come un vero e proprio rischio di copertura?
Qualora una parte dei pagamenti diretti sia indirizzata al fondo di gestione del rischio, dovrebbe essere volontaria o obbligatoria per gli agricoltori?