Sono queste alcune delle domande a cui potenzialmente può dare risposta la Scienza delle reti. Quel filone di ricerca, nato da pochi anni, che studia le relazioni tra i soggetti di un sistema complesso, come quello agroalimentare, identificando nodi, rapporti di forza, influenze reciproche e così via.
La Scienza delle reti è stata utilizzata in molti ambiti, come quello dei trasporti aerei, per rendere il settore più performante. Ma anche in medicina, per identificare nuovi usi a farmaci in fase di sviluppo. O ancora nel turismo, per analizzare i flussi di persone. E ora c'è chi, come Flavia Clemente, dottore di ricerca in Scienze agrarie, ambientali ed alimentari all'Università di Bologna, ha provato ad applicarla al settore agroalimentare.
Clemente, che cos'è la Scienza delle reti?
"E' una metodica di analisi dei sistemi complessi che grazie alla disponibilità di una grande quantità di dati ha permesso applicazioni di successo in moltissimi ambiti".
Qual è la differenza rispetto al passato?
"Oggi siamo in grado di andare ad analizzare quali sono i soggetti e le dinamiche di relazione all'interno di un sistema complesso. E' possibile creare dei modelli rappresentativi della realtà che possono essere utilizzati per effettuare simulazioni al fine di rendere un sistema più efficiente o di capire gli effetti di un intervento esterno".
Perché si parla di sistemi complessi?
"Perché le relazioni non sono statiche, ma dinamiche. Evolvono in continuazione influenzandosi vicendevolmente. Non si può comprendere il funzionamento di un sistema complesso facendone una fotografia, perché cambia nel corso del tempo".
Un esempio di modello che mette in relazioni soggetti e nodi
Veniamo al settore agroalimentare, quali studi ha condotto?
"Utilizzando gli strumenti della Scienza delle reti ho creato i modelli di sei filiere di prodotti di origine animale, quattro relativi al latte (vaccino, di bufala, di capra e di pecora) e due alla carne (bovina e suina). Queste filiere, governate da dinamiche interne, si influenzano però a vicenda e sono in relazione con altre filiere".
Ci può spiegare meglio?
"La filiera del latte vaccino ha un suo modello che ne descrive le dinamiche interne, ma il siero di latte, prodotto in questa filiera, viene utilizzato nella mangimistica destinata ai suini. Ecco dunque che le due filiere non sono separate, ma hanno delle relazioni e si influenzano a vicenda".
Esiste una relazione tra Scienza delle reti e big data?
"Certamente, la Scienza delle reti ci dice in quale modo i big data devono essere interpretati e messi in relazione tra di loro. Si passa in questo modo dai dati alle informazioni utilizzabili. Ma ci dà anche delle indicazioni utili su come i dati devono essere raccolti. Molto spesso nelle aziende si immagazzinano dati che poi non vengono utilizzati, o perché non si sa come leggerli o perché sono stati raccolti non correttamente".
Chi è che dovrebbe costruire questi modelli?
"La Pubblica amministrazione avrebbe tutto l'interesse a sfruttare la Scienza delle reti per creare dei modelli. In questo modo sarebbe in grado di individuare in un sistema complesso i nodi dove intervenire, magari con dei finanziamenti, per ottenere il risultato che si è prefissata. Capita spesso infatti che vengano dati degli incentivi in un settore che poi non sortiscono l'effetto voluto. Questo perché si ignorano le relazioni tra i soggetti".
Anche a livello aziendale è utile la Scienza delle reti?
"Certamente. Se una azienda agricola o di trasformazione volesse capire come rendere più efficiente la sua produzione, dovrebbe partire dalla realizzazione di un modello che comprenda tutti i soggetti e le relazioni che intercorrono tra di essi. In questo modo si possono poi individuare sprechi, inefficienze e simulare interventi di modifica delle relazioni".