Dopo il convegno del 25 gennaio scorso, organizzato dalla regione e dall'Accademia dei Georgofili per parlare dello stato della cerealicoltura toscana, Coldiretti Toscana ha realizzato un incontro a Siena per avanzare le sue proposte sul settore.

Un settore, quello della cerealicoltura, che è uno dei pilastri dell'agricoltura regionale con circa 160mila ettari, per la maggior parte nelle province di Siena e Grosseto, e che rappresenta il 5,5% del totale nazionale, con oltre 17mila aziende, di cui circa 600 interamente biologiche.

Tra i cereali prodotti in Toscana, al primo posto c'è il frumento duro con oltre 90mila ettari, oltre la metà della superficie totale a cereali, seguito nell'ordine dal frumento tenero, l'orzo, il mais e l'avena.

Ma è un settore in crisi per le speculazioni del prezzo del grano che hanno portato spesso gli agricoltori a produrre in perdita, con un prezzo alla vendita inferiore ai costi di produzione.

Già a gennaio all'Accademia dei Georgofili tutti i partecipanti, dal governatore della regione, all'assessore all'Agricoltura, dal presidente dell'accademia, ai rappresentanti delle associazioni di categoria, avevano sottolineato l'importanza della filiera, dal campo alla tavola, come strumento principale per il rilancio e la tutela del settore.

E questa linea è stata ribadita al convegno di Siena, aperto da Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana, che ha rimesso l'accento sulla situazione intollerabile della cerealicoltura regionale. Una crisi che se accentuata metterebbe a rischio non solo centinaia di aziende, ma un intero territorio e il suo paesaggio.

Il quadro del mercato internazionale è stato affrontato da Fabio Del Bravo, responsabile Servizi sviluppo rurale di Ismea, che ha tracciato gli scenari internazionali, presenti e futuri, e da Gianluca Lelli, capo area economica Coldiretti, che ha affrontato i paradossi del mercato del grano dichiarando che non è possibile pagare di più il grano importato spacciandolo per grano di qualità migliore quando questo non è assolutamente vero, auspicando migliori controlli a cominciare dai porti.

Gli interventi poi si sono focalizzati sulla filiera e sul modo di poterla rafforzare concretamente a vantaggio di tutto il settore cerealicolo.

Una filiera in cui entrano poi in gioco molti altri soggetti che si collocano sia a monte delle aziende agricole stesse che a valle: gli impianti di raccolta e stoccaggio, i molini, i pastifici, i panifici, mangimifici e grande distribuzione.

E a proposito di grande distribuzione, Alessia Liguori di Coop ha confermato le scelte dell'azienda per valorizzare la produzione in particolare di pasta 100% con grano italiano e l'intenzione di lavorare con Coldiretti per valorizzare le produzioni del territorio.

Mentre, Filippo Tramonti, presidente del Consorzio agrario dell'Adriatico e presidente pastificio Ghigi ha portato l'esempio del progetto filiera agricola italiana.

Per Tulio Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana, la possibilità di dare giusto valore al grano dei nostri territori passa per la costruzione di una filiera toscana che sia in grado di garantire un prezzo in linea con i costi di produzione anche attraverso una migliore indicazione obbligatoria dell'origine in etichetta.

In una situazione in cui un pacco di pasta su tre contiene grano straniero senza che i consumatori possano saperlo, è necessario smascherare l'inganno del prodotto estero spacciato per italiano.

"Siamo molto soddisfatti del percorso avviato con lo schema di decreto firmato dai ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda per rendere obbligatoria l'indicazione di origine del grano utilizzato per la pasta" ha concluso Marcelli. "Ora aspettiamo l'ok definitivo da parte di Bruxelles".