L'agricoltura biologica presenta da anni costanti margini di crescita in termini di superfici, produzione e valore aggiunto. In Italia sia gli addetti ai lavori che in particolar modo i consumatori stanno prestando sempre più attenzione all'agricoltura sostenibile e all'ambiente. Il Ministero delle Politiche agricole ha dato recentemente il via libera al Piano strategico nazionale per sostenere l'agricoltura biologica su varie attività, dai finanziamenti alla ricerca alla tutela dei prodotti, passando per la semplificazione burocratica.

AgroNotizie ha intervistato il viceministro dell'agricoltura Andrea Olivero, che ha la delega all'agricoltura biologica.

L'incidenza della Sau biologica è insufficiente a garantire il livello di offerta di prodotti biologici adeguato alla domanda interna. Quali sono gli strumenti possibili da mettere in campo per accrescere la produzione e la produttività?
"Il biologico mostra un trend di crescita che va avanti inesorabile da oltre un decennio. Nel 2015 si è registrata la più alta incidenza percentuale delle superfici biologiche nel nostro Paese: oltre undici ettari su cento sono coltivati secondo il metodo dell’agricoltura biologica e anche i consumi interni hanno segnato una crescita del 19%, mostrando una performance unica anche rispetto ad altri settori dell’agroalimentare. Cresce la domanda assai più dell’offerta: enorme potenziale, ma grande rischio.
Proprio partendo da questo contesto ha preso vita il Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico, elaborato in stretto raccordo con la filiera attraverso un lavoro partenariale. Il Piano è nato con l'obiettivo di mettere a sistema le scelte politiche per il comparto e fornire concrete risposte ai fabbisogni del settore, definendo linee guida strategiche per favorire ed indirizzare uno sviluppo armonico del sistema italiano, in particolare su quattro aree: coordinamento delle iniziative di sviluppo, tutela del consumatore, semplificazione e ricerca.
Sono particolarmente soddisfatto di questo lavoro che ha visto la luce in un momento in cui il settore biologico è in crescita e registra oramai da anni una dinamica positiva perché ci vede agire congiuntamente in una fase di sviluppo del settore anziché intervenire in un momento di crisi, come è successo per altri settori.
Il Piano costituisce lo strumento operativo per perseguire lo sviluppo complessivo e a lungo termine del sistema nazionale, prefiggendosi di raggiungere un incremento della superficie biologica passando dai quasi 1,4 milioni di ettari rilevati al 31 dicembre 2014 fino a superare i 2 milioni nel 2020. Certo, per raggiungere questo obiettivo è importante lavorare in sinergia con la politica di sviluppo rurale, altro strumento che svolge un ruolo di primo piano per il sostegno alla produzione biologica, non soltanto attraverso la misura specifica ma anche con l’ampio ventaglio di interventi previsti dai Psr.
Non dimentichiamo che alla misura ad hoc per il settore viene destinato un sostegno mediamente del 9% circa rispetto al totale delle risorse pubbliche dei Psr, per capirci quasi 1,7 miliardi di euro a livello nazionale, che ciascuna Regione ha declinato in relazione alle proprie potenzialità produttive. Infine, mi preme ricordare il ruolo strategico che svolge la ricerca per il rafforzamento della competitività e produttività delle nostre filiere bio
".

Emerge la difficoltà nel trasferimento delle innovazioni nel settore biologico. Cosa prevede il Piano strategico per superarla?
"Dall’analisi del contesto e dal confronto con gli operatori è emersa la centralità della ricerca e dell’innovazione per lo sviluppo equilibrato del biologico; non è, quindi, un caso che nel Piano strategico nazionale vi sia un’azione completamente dedicata a questo tema.
Certamente, la direzione da percorrere è quella di rafforzare il legame tra ricerca e mondo produttivo, ancorando al meglio la prima ai fabbisogni delle imprese e sfruttando tutte le potenzialità di trasferimento e adozione da parte delle aziende stesse.
Per questo, il Piano sostiene azioni di ricerca co-partecipate, multidisciplinari e caratterizzate da un approccio di "sistema", promuovendo il pieno coinvolgimento delle imprese agricole nei progetti sperimentali così da favorire la divulgazione dei risultati agli agricoltori. Più in particolare, sono due le azioni previste per l’agricoltura biologica: la predisposizione di un piano nazionale per la ricerca e l’innovazione dedicato e la costituzione di un comitato permanente di coordinamento con il coinvolgimento delle Regioni e delle rappresentanze del settore.
Il piano individua nello specifico le tematiche prioritarie di ricerca e i fabbisogni di innovazione in maniera differenziata per le diverse filiere, sostenendo un approccio agro-ecologico finalizzato alle specificità dei comparti, come, ad esempio, la connessione tra zootecnia e produzione di mangimi biologici o la resistenza delle produzioni ortofrutticole alle nuove e più estreme avversità atmosferiche. Inoltre, anche in questo caso è importante sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla politica di sviluppo rurale attraverso l’attivazione di Gruppi Operativi dedicati al settore nell’ambito dei Partenariati europei per l’innovazione (Pei)
".

Spesso i consumatori non capiscono perchè il prodotto biologico costa di più. Come si può superare il problema della scarsa trasparenza sul mercato soprattutto nella formazione dei prezzi?
"Prima di tutto, con un’informazione corretta e approfondita ai consumatori che metta in evidenza le peculiarità del metodo di produzione biologico e identifichi quelle che sono le esternalità positive che genera.
Negli ultimi anni, infatti, è cresciuto l’interesse dell’opinione pubblica per i processi di produzione del cibo e per le loro implicazioni dal punto di vista ambientale e sociale. Il sistema biologico produce effetti positivi sull’ambiente di cui beneficia tutta la collettività: preserva la fertilità dei suoli, tutela la biodiversità, contribuisce a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, gestisce in modo oculato le risorse idriche.
Tutti questi elementi si traducono in un costo maggiore rispetto all’agricoltura convenzionale e che deve essere riconosciuto ai produttori bio, i quali, a fronte di costi di produzione più elevati, maggiori vincoli e rese inferiori rispetto all’agricoltura tradizionale, generano esternalità positive. Questo compone il differenziale di prezzo tra un prodotto biologico e uno non bio e i consumatori dimostrano di riconoscere tale differenziale non soltanto per il valore intrinseco del bene ma anche per i servizi d’interesse collettivo a livello ambientale e sociale forniti dalle aziende biologiche.
Ecco che l’acquisto di prodotti bio rappresenta anche un modo concreto di sostenere un’agricoltura a basso impatto ambientale e caratterizzata da un ridotto e attento impiego delle risorse naturali. Voglio, comunque, sottolineare che la formazione dei prezzi, la distribuzione del valore lungo la filiera e la trasparenza del mercato sono temi alla nostra attenzione e che questi argomenti non riguardano soltanto il settore biologico ma più in generale tutto l’agroalimentare. Al riguardo, ritengo che, oltre ad una più puntuale informazione dei cittadini consumatori, occorra recuperare margini di efficienza nella filiera produttiva per garantire un giusto reddito agli agricoltori e, al contempo, un equo prezzo ai consumatori".