“Numerose infatti sono le segnalazioni di campi allagati limitrofi ai torrenti e canali esondati – spiega Giacomo Delmolino, presidente della sezione di Farini – detriti, sassi e tronchi ora li fanno da padrone. A questo va aggiunto poi l'annoso problema delle frazioni isolate provocate da frane o da strade impraticabili: per un allevamento, per esempio, l'isolamento è pericolosissimo, poiché oltre a non riuscire a compiere le normali operazioni di trasporto del latte, non si riesce a garantire nemmeno l'alimentazione del bestiame”.
“Le bombe d'acqua – aggiunge Fausto Zermani, presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza – mettono pesantemente al centro del dibattito e in discussione le recenti norme sulla cosiddetta ri-naturalizzazione degli alvei dei fiumi in cui si dibatte sull'azione degli interventi artificiali dell'uomo sul territorio, azioni perlopiù volte alla salvaguardia e alla prevenzione di questi gravi fenomeni. Pensiamo alla funzione contenitiva svolta dalla diga di Mignano e all'incidenza estremamente negativa avuta dai numerosissimi tronchi e detriti disseminati lungo tutto il corso di Trebbia e Nure. Meglio che un tronco d'albero in balia delle acque ne ostruisca il flusso bloccando un ponte o meglio levarlo di mezzo in anticipo in modo adeguato senza lungaggini e regolamenti fuori dal tempo? Forse sarebbe il caso di dare davvero nuove condizioni di sicurezza per tutti intervenendo in tempo utile”.