Sulla Pac si procede a rilento, dopo l’accordo politico raggiunto dagli Stati membri lo scorso 26 giugno. Dall’ultimo Consiglio informale dei ministri agricoli europei, pochi giorni fa a Vilnius (Lituania), non è emerso nulla di concreto su quelli che sono le priorità, a partire dalle risorse.
Sono i ritmi estremamente ponderati, calibrati col metronomo dei triloghi e della co-decisione di Consiglio, Parlamento e Commissione.

Qualche timido passo avanti è stato compiuto, soprattutto nel riconoscimento ufficiale del ruolo di centralità dell’impresa agricola familiare, che sarà messa al centro di apposite consacrazioni nel 2014 e verso la quale la riforma della Pac dedica attenzione.
D’altronde, l’impresa agricola familiare rappresenta la maggioranza delle imprese che operano in agricoltura. Il termine di paragone, se ci è consentito circoscriverlo all’Italia, lo prendiamo dall’ultimo Censimento dell’Agricoltura (2010), dal quale si evince che la struttura agricola e zootecnica italiana si basa su unità aziendali di tipo individuale o familiare (96,1%), nelle quali la conduzione diretta dell'azienda da parte del conduttore e dei suoi familiari rappresenta la forma prevalente (95,4 per cento).

Non sbagliamo, poi, se estendiamo il modello italiano – con le debite differenze – al resto dell’Unione europea.
Non per questo, tuttavia, deve passare il concetto, ribadito anche nel Vertice di Vilnius (ricordiamo che il semestre europeo è sotto la presidenza lituana) che il modello di impresa agricola familiare sia statico nella sua immobilità. Tutt’altro, e l’attenzione della Politica agricola comunitaria e i solleciti a chiudere in fretta il negoziato (anche sulle questioni pratiche) avanzati dal presidente del Ceja, l’italiano Matteo Bartolini, lo stanno a certificare.

Al termine dei lavori, però, la sensazione è che in questi mesi e persino nel Consiglio informale di Vilnius, si sia fatta melina per non sbilanciarsi sulle questioni centrali della riforma Pac.

Nessun segnale sul budget, ancora incertezza sulla definizione di agricoltore attivo, seppure su alcune tipologie di beneficiari della Pac sia stata abbassata la scure (aeroporti e campi da golf, tanto per fare due esempi immediati).
Sono i tempi lunghi dovuti dalla co-decisione, da un lato, e dal fatto che rispetto all’ultima riforma della Pac, discussa nel 2003, gli Stati membri siano lievitati da 15 agli attuali 28. È sicuramente un bene, ma non consente più di procedere con i tempi rapidi del passato.

Se ne riparlerà a Bruxelles il prossimo 23 settembre (il 24 sotto la lente il latte post 2015). E la speranza è di chiudere entro il mese di settembre, per dare corso alle procedure burocratico-legali e partire, almeno con il Seocndo pilastro, nel 2014. Pagamenti diretti e greening, legati appunto al Primo pilastro, dovrebbero entrare in vigore nel 2015.

Family farming
Al commissario europeo all’Agricoltura, Dacian Ciolos, al presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, e al ministro dell’Agricoltura lituano, Vigilijus Jukna, non resta che concelebrare la liturgia di beatificazione dell’impresa agricola familiare.
“Un elemento chiave nel panorama agricolo europeo, perché rappresenta la stragrande maggioranza delle aziende agricole e interessa una vasta superficie coltivata”, affermano tutti e tre, sottolineandone “la strategicità per una crescita intelligente, sostenibile e globale della società”. Un modello, insomma, che si rivela vincente, come puntualizza Ciolos, “non solo sul fronte della produzione del cibo, ma anche negli aspetti di gestione aziendale, per la salvaguardia delle risorse naturali e per uno sviluppo equilibrato del territorio”.

L’ottimismo regna in casa del commissario, che sulla nuova Pac dice che “si tratta di un’opportunità per le imprese agricole familiari, dal momento l’impianto, nel suo complesso, darà risposte a quelle che sono le sfide comuni: l’accesso alla terra, la necessità di rispondere ad un mercato in costante cambiamento, l’innovazione e la capacità di investire a lungo termine”.

La nuova Pac può contare su “un nuovo sistema di pagamenti diretti, che consente azioni mirate nei confronti degli allevatori, degli indirizzi produttivi praticati e delle specifiche necessità – afferma Ciolos -. Prova ne è che i giovani che si insediano in agricoltura riceveranno per i primi cinque anni il 25% in più dei pagamenti diretti, oltre alla precedenza nell’accesso alla riserva dei titoli nazionali”.
Contemporaneamente, “il Secondo pilastro darà la possibilità di sostenere i servizi di consulenza agricola e le misure per la diversificazione aziendale, ristrutturazione, ammodernamento, trasferimento conoscenze: aspetti fondamentali per le imprese agricole familiari”, prosegue il commissario Ciolos.

L’impresa a “trazione” familiare è posta al centro anche di quelli che sono le necessità legate ai nuovi mercati, la filiera corta e la vendita diretta, il miglioramento della qualità delle produzioni, politiche innovative di ricerca e sviluppo.
Chiaramente, “su questa linea saranno fondamentali gli interventi degli Stati membri, in un contesto nazionale”.

Ora la palla passa a Bruxelles, dove il 23 settembre prossimo si discuterà di questioni pratiche più stringenti.
Da parte del presidente De Castro c’è la massima collaborazione a procedere speditamente. “Non faremo ostruzionismo – dichiara – ma ribadisco anche la linea sul budget: quello del Parlamento non sarà un voto alla cieca”.