Cosa è meglio: un Piano di sviluppo nazionale o Piani di sviluppo rurali regionali, ma questa volta coordinati insieme per aree omogenee?
Si è dibattuto di questo, ma non solo, nell’incontro alla Fiera Millenaria di Gonzaga (Mantova), che Confagricoltura ha organizzato sul tema del Rinascimento agricolo.

Chiamati ad intervenire sul palco, gli assessori regionali delle Regioni settentrionali: Gianni Fava (Lombardia), Franco Manzato (Veneto), Claudio Sacchetto (Piemonte), oltre a Franco Iacop, presidente del consiglio del Friuli Venezia Giulia. Forfait dell’ultimo secondo dell’assessore dell’Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni.

Sul piatto, tenuto conto che se si eccettua il Friuli Venezia Giulia, dalle elezioni primaverili di nuovo orientamento col baricentro spostato a sinistra, quella che le altre realtà regionali definiscono la Macroregione agricola del Nord.
Una definizione che può piacere o meno, ma che coglie nel segno se viene intesa lontana da qualsiasi riferimento partitico, ma piuttosto socio-economico.

“L’agricoltura del Nord è quella dei grandi numeri, delle sfide con il Nord Europa, della competitività che tiene il passo con le realtà agricole più evolute, che utilizza le risorse e non le lascia sul piatto, come è finora accaduto in parte al Centro, ma soprattutto nel Sud dell’Italia”, sintetizza il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, ed è impossibile dargli torto.

C’è chi ha già preso provvedimenti per fare squadra e tessere una tela congiunta per ridare ossigeno alle imprese agricole. La Lombardia, ad esempio, è pronta ad innescare la scintilla. L’assessore lombardo all’Agricoltura, Gianni Fava, non ha perso tempo. “Ho dato ordine ai funzionari dell’assessorato di inviare ai colleghi delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia la prima bozza del Psr 2014-2020, in modo che possa prendere il via un dialogo reale su temi concreti e uniformare quanto più possibile i rispettivi Piani di sviluppo rurale”.
Anche perché è chiaro che non si potrà bypassare le Regioni e avere un unico piano di sviluppo rurale per il Nord Italia. Almeno per ora. “Questo non deve frenare le ambizioni di un territorio omogeneo per vocazione e imprenditorialità – insiste Fava -. E se non si potrà avere col 2014 un Psr unico, sarà tuttavia possibile condividere le finalità dei bandi, le risorse economiche, per avere linee guida che procedano senza strappi”.
Bisogna infatti muoversi, come spiega l’assessore lombardo, per  promuovere “la redditività di quelle imprese che fanno innovazione, guardano al futuro, assicurano da un lato valore aggiunto e competitività di sistema, dall’altro poter trattare direttamente con l’Unione europea, forti di successi già ottenuti sul campo. Perché è innegabile che l’utilizzo delle risorse comunitarie della Lombardia e del blocco del Nord è da sempre avvenuto in modo completo e nella massima trasparenza, mentre altrove gli scandali sono quasi all’ordine del giorno”. Altre parole, ma medesimo concetto del presidente di Confagricoltura, Mario Guidi.

Anche le altre Regioni sono allineate. L’assessore all’Agricoltura del Piemonte, Claudio Sacchetto, garantisce che Torino ci sta pensando da tempo ad uniformare la Pianura padana. “Con la Lombardia abbiamo partite in comune, come il riso o la zootecnia – spiega Sacchetto -. Poter contare su una tabella finanziaria unica, pur mantenendo la propria autonomia gestionale, rappresenta un sicuro vantaggio per le imprese agricole, che nel giro di 10 anni hanno mutato la propria fisionomia e i numeri. Nel 2000 in Piemonte c’erano 120mila imprese agricole, con una superficie media di otto ettari; nel 2010 le imprese erano 60mila con una Sau media di 15 ettari”.

Lavorare insieme permetterebbe, come precisa Franco Manzato, assessore alla partita nella Regione Veneto, di “fronteggiare anche gli scenari futuri, perché la tendenza in atto, par di capire, sia quella di una progressiva riduzione delle risorse a disposizione del settore primario, con alcuni Paesi che premono addirittura per la loro abolizione”. Insomma, non è il caso di allarmarsi, ma, tiene a puntualizzare Manzato “non è così scontato che ci siano ancora risorse disponibili per il mondo agricolo nella Pac dopo il 2020”.

Orfana dell’assessorato all’Agricoltura, accorpato più genericamente alle Attività produttive, il Friuli Venezia Giulia parla per bocca del presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop. Anche lui condivide la proposta di fare squadra, ciascuno nella propria autonomia gestionale. “La possibilità di ragionare in termini sovra-regionale consentirebbe di dare ossigeno a quelle imprese che possono dare un nuovo impulso a specifiche filiere, a specifici territori, ai prodotti tipici, che rappresentano un modello per il Made in Italy nel mondo”.

Mettersi insieme, dunque. Coordinati, come auspica il presidente Guidi, “attraverso un Piano di sviluppo nazionale, in modo che l’Italia possa avere una visione omogenea, uniforme, che si possano impostare linee programmatiche tali da permettere gli spostamenti di risorse laddove serve”.

Visioni simili, dunque. Ma non uguali.