Diminuisce il numero di aziende agricole in attività (sceso a 1,7 milioni di unità) e calano le produzioni vegetali, mentre si fanno notare per la loro controtendenza le produzioni degli allevamenti, in aumento nonostante la continua chiusura delle stalle. Segno della crescita per dimensioni e per produttività delle aziende zootecniche che restano sul mercato. Un mercato, quello agrolimentare nel suo complesso, che vale 240 miliardi di euro e che rappresenta oltre il 15% del Pil (prodotto interno lordo).

Sono questi alcuni degli elementi di maggior spicco che emergono dallo studio pubblicato da Inea (istituto nazionale di economia agraria) con il titolo ”L'agricoltura che conta 2008”, titolo ben congeniato e che si presta ad essere letto nelle sue diverse accezioni. Perchè l'agricoltura, ed emerge anche dai numeri presentati da Inea, si va sempre più qualificando come settore trainante della nostra economia. Merito delle eccellenze alimentari che la Penisola è in grado di esprimere e che sono testimoniate dai 172 prodotti Dop e Igp che rappresentano il più numeroso “paniere” di prodotti a marchio di origine presenti sul mercato europeo. Non meno importanti le produzioni “generiche”, che pur se fuori dai percorsi a denominazione di origine, sono in grado di trainare un settore che anche dalle più recenti indagini Istat in merito al commercio estero risulta in crescita anche in questo periodo, certamente non facile per l'economia mondiale.

 

Gli agrofarmaci

Tornando al documento Inea e alla sua fotografia dell'agricoltura italiana, è interessante segnalare il dato riguardante il consumo di agrofarmaci, che anche nel 2007 ha fatto segnalare una flessione, continuando un trend che caratterizza ormai da anni il settore. Dal 1997 al 2006, infatti, si è registrata una flessione di quasi l'11%. Nel 2007, secondo Agrofarma, sono state utilizzate 93.444 tonnellate di sostanze  attive, con una contrazione dello  0,3% rispetto all’anno precedente,  effetto della riduzione delle quantità  impiegate di insetticidi (-5,9%) e  fungicidi (-2,1%). 

Una flessione che secondo il documento redatto da Inea può essere interpretato alla luce della maggior diffusione delle produzioni biologiche e integrate.  A parere di altri commentatori questa riduzione può anche essere letta attraverso la lente della maggiore consapevolezza e preparazione degli agricoltori, che si traduce in un più oculato impiego delle molecole ad attività fitoiatrica. Anche i sempre più esigui margini di redditività delle colture hanno, con tutta probabilità, un ruolo non secondario nel suggerire impieghi più mirati e dunque meno costosi.

Tutti fattori, quelli che abbiamo ricordato, che contribuiscono nel limitare i casi di irregolarità che si riscontrano nei prodotti agricoli. Una situazione puntualmente fotografata anche nello studio di Inea, dove si ricorda che su oltre  200.000 test, effettuati dall’Osservatorio nazionale residui su campioni di frutta e verdura, il 59,6% è risultato privo di residui di fitofarmaci, il 34% entro i limiti di legge e  il  6,4% con irregolarità non nocive per  la salute.

 

Molti segni meno

Lo studio di Inea si allarga poi a tutte le componenti che entrano in gioco nel settore agroalimentare,  dall’occupazione al mercato fondiario, dai prezzi alla struttura dellfagricoltura, fino alle  componenti del sistema agroindustriale e della distribuzione, dei consumi e del reddito agricolo, passando per la politica Comunitaria e sui vari segmenti delle produzioni agricole. A questo proposito si segnala la significativa diminuzione nel 2007 di alcune produzioni: erbacee -0,5%; foraggere -2,9%; arboree -6,3%. Uniche note positive dal settore zootecnico (+3,3%).

In flessione anche il settore cerealicolo che segna un generale -0,3% a causa soprattutto della diminuzione produttiva del grano duro -1,9%. In calo anche la soia (-24,11%), il girasole (9,5%) e il tabacco (-6,7%) e la barbabietola da zucchero (-5,5%).

Al fianco di queste flessioni si pone la deludente situazione del reddito agricolo che nel 2007 registra una diminuzione del 2%. Che diventa ancor più grave se messa a confronto con la situazione degli altri 27 Paesi del sodalizio europeo, dove il reddito agricolo medio fa invece registrare un aumento del 5,4%. La differenza è sensibile e impone la ricerca di rimedi che non possono essere lasciati solo agli andamenti del mercato, ma coinvolgono scelte precise di politica agricola.

 

Foto Poolie